Conflitto, pandemia e tempesta Vaia: ecco il mix che causa tensione sul mercato del legno

Un mercato, quello legato al legno arredo, che vede il Veneto pesare un quinto del totale nazionale, con oltre 45.000 addetti, 7.000 imprese per un fatturato che supera i 6,7 miliardi. A condizionarlo ci sono l’eredità della tempesta Vaia, non ancora archiviata come del resto la pandemia, quindi il conflitto in Ucraina, senza dimenticare lo spettro del bostrico. 

Mimmo Vita
I danni causati del forte maltempo nella zona di Alleghe e Caprile (Belluno), 01 novembre 2018. ANSA/DIEGO RIVA
I danni causati del forte maltempo nella zona di Alleghe e Caprile (Belluno), 01 novembre 2018. ANSA/DIEGO RIVA

MILANO. Dal 7 al 12 giugno Milano ospiterà il 60° Salone del Mobile, un evento importante per tutto il  settore del legno-arredo, da sempre ai vertici mondiali: quasi 200.000 saranno i mq di superficie netta espositiva e 2.100 gli espositori – di cui 600 i designer del SaloneSatellite – con un 25% di aziende estere.

Sette le manifestazioni che si svolgeranno in contemporanea presso il quartiere Fiera Milano a Rho. Come detto, un settore importante per il nostro Paese e per il Veneto, che conta oltre 300mila addetti, più di 75mila imprese e un fatturato medio di 42,3 miliardi di euro (dati 2019) di cui oltre il 51% rivolto all’esterno.

Il peso percentuale del legno-arredo veneto sul totale Italia era nel 2020 del 20,1%, con oltre 45.000 addetti, 7.000 imprese per un fatturato che supera i 6,7 miliardi. Dati che la eleggono seconda regione italiana, con in testa Treviso, seguita da Vicenza, Padova, per quanto riguarda la classifica provinciale. Se consideriamo invece l’area del solo legno, le segherie ad esempio, emerge come oltre i due terzi delle quasi 400 realtà operative abbiano sede ancora nelle provincie di Treviso e Vicenza, seguite da Belluno.

La domanda che ci si pone oggi è quanto questa fotografia va modificandosi di fronte ad un quadro congiunturale globale e di settore decisamente fluido, all’interno del quale le dinamiche sono state fortemente destabilizzate da un susseguirsi di eventi come minimo inattesi.

Quindi la tempesta Vaia dell’ottobre 2018, la pandemia dal 2020, la guerra in Ucraina. Un mix mai visto ed imprevisto, anche se il prof. Davide Pettenella - insegna economia e politica forestale all'Università di Padova - butta acqua sul fuoco.

«Non dobbiamo estremizzare - dice -. Per affrontare queste situazioni serve serenità non allarmismo. È vero, c’è tensione nei mercati, specie per l’abete rosso, anche in relazione al fatto che la Russia ha deciso di bloccare l’export, mettendo dazi molto alti sul legname tondo, ovvero quello 'grezzo'. Ma questa è una misura che non è legata alla guerra, bensì una scelta della Russia fatta prima dell'invasione di puntare sull’export del legname lavorato o semilavorato, più remunerativo».

«E poi – continua Pettenella – abbiamo già le soluzioni, anche perché la percentuale dell’import che giunge dai belligeranti è veramente limitata. Il 2,3% da Mosca rispetto a tutto il legname grezzo e semilavorato in Italia (con un ruolo significativo del compensato di betulla) e l'1,9% dall’Ucraina. Si tenga contoche il legno ucraino poi viaggia su gomma e non via nave. A dire che gli interscambi, nonostante la guerra, non si sono mai fermati, anche perché i boschi sono a ovest, lontani dalle zone più bombardate». 

E i prezzi? «Confermo una tensione sui prezzi, ma che si va attenuando. Le carenze sono state sostituite con forniture dalla Germania e dai paesi del nord Europa che hanno legname disponibile, anche perché stoccato dopo i gravi eventi degli scorsi anni in attesa di prezzi più remunerativi, come quelli di oggi». 

Avremmo dovuto farlo anche noi con il legno Vaia… «Si, ma si sono sommate molte condizioni sfavorevoli, anche giustificate, legate alla nostra scarsa capacità di lavorazione industriale e quindi noi non siamo riusciti ad operare come, ad esempio, in Trentino».

E adesso emerge il problema bostrico… «L’avevamo previsto – fa sapere Pettenella -, questo insetto scolitide che scava il legno porta con sé un fungo che poi fa deperire le piante, ed il legno perde valore. Una calamità grande per i nostri boschi di abete rosso. La loro “bostricazione” comporta un forte danno ambientale ed economico. A questo punto è necessario che le istituzioni operino nella direzione della creazione di consorzi ad hoc per la gestione forestale, si attivino osservatori economici di settore, si operi per la formazione degli operatori di tutta la filiera, dagli operatori boschivi a quelli del mercato, come ben ha fatto la Camera di commercio di Belluno».

Sul bostrico anche Patrizio Dei Tos, uno più importanti imprenditori del legno, amministratore del gruppo ITLAS – Laborlegno, sedi a Cordignano (TV) e in Germania, Francia, Serbia (è il Presidente di Confindustria Serbia), 10 centri vendita in Italia, un fatturato di circa 40 milioni di euro e 180 dipendenti, ha qualcosa da dire.

«Si, il bostrico è nelle nostre foreste di abete rosso. Confermo che i prezzi pur in crescita sono sotto controllo, ma se perdurerà questa dinamica congiunturale non potranno non risentirne. Noi produciamo parquet, sono famose le nostre Assi del Cansiglio; utilizziamo perlopiù legno di quercia e faggio, materiali che, oltre che dal Bosco dei Dogi in accordo con Veneto Agricoltura (faggio), ci giunge soprattutto dalla Serbia. Sta aumentando però, in generale, la domanda di abete per le case di legno. Materiale che viene da Austria, Finlandia, Svezia. Arrivava anche da est, si consideri che Russia e Ucraina detengono il 30% dei boschi europei, ma gli aumenti per i dazi russi hanno bloccato questi flussi».

Che fare? «L’imprenditore se si ferma, o si volge indietro, è perduto. Io guardo avanti, cerco di gestire le crisi, ed investo per evitare conseguenze non desiderate».

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