Consob indaga sulla quota Cattolica di Popolare di Vicenza

La Commissione vuole vederci chiaro sulla contabilizzazione del 15% che Bpvi detiene in Cattolica assicurazioni. Oggi sono attesi i conti del 2015 dell'Istituto. Il 16 febbraio sarà deciso il prezzo di recesso

La Consob accende un faro sulla quota del 15% in Cattolica Assicurazioni detenuta dalla Popolare di Vicenza. L’authority di Borsa, emerge dall’integrazione di alcuni prospetti informativi della banca, ha infatti avviato lo scorso 19 gennaio un’ispezione allo scopo di «acquisire documenti e informazioni concernenti i rapporti» tra la banca e la compagnia veronese, legate da rapporti di bancassicurazione, e sulla «valutazione della partecipazione».

La Commissione vuole vederci chiaro sulla contabilizzazione di una quota che Bpvi valuta 388,1 milioni (circa 14,7 euro ad azione) e che oggi in Borsa vale meno di 150 milioni (5,5 euro ad azione). In occasione della semestrale al 30 giugno 2015 – nonostante già allora la quota valesse 186 milioni, meno della metà del valore contabile – la Bpvi aveva escluso una svalutazione facendo riferimento a una ripresa, nel corso del semestre, delle quotazioni in Borsa e a un incremento dei target price degli analisti, oltre che ai risultati e alle sinergie conseguite dagli accordi di partnership.

A questo punto non è escluso che, in occasione dell’approvazione del bilancio, la Bpvi debba essere costretta a tagliare il valore di carico. Segnali poco incoraggianti arrivano – mettono in luce le integrazioni ai prospetti – anche dal fronte della qualità del credito, con 355 milioni di crediti deteriorati in più maturati nel trimestre giugno-settembre (che hanno portato il totale dei crediti deteriorati netti dal 17,2 al 19% dei crediti netti alla clientela), e dagli elevati credit swap (nella seconda metà di gennaio in media sopra i 900 punti base a fronte dei circa 100 punti base di un paniere di titoli tripla B), segno che il mercato considera decisamente rischiosa la banca.

Come se non bastasse, ha detto il nuovo a.d Francesco Iorio, «dobbiamo registrare la disaffezione di soci e clienti, che ci portano in prospettiva a dati peggiori rispetto al piano industriale redatto nel mese di settembre, a causa di volumi ridotti rispetto alle nostre previsioni». Iorio, che ha parlato a circa 1.100 soci in un’assemblea pubblica a Vicenza, non si è perso d’animo confermando l’obiettivo di un utile di 200 milioni al 2018: «se ci crediamo tutti assieme questa banca ha valore e futuro».

Il suo intervento è stato più volte interrotto da urla e fischi degli azionisti, infuriati per le perdite subite dalle loro azioni, il cui valore è destinato a crollare con lo sbarco a Piazza Affari. «La trasformazione in società per azioni è un imbuto obbligato», così come l’aumento di capitale, per il quale «non ci sono davvero altre possibilità». Liquidare la banca, ha infatti spiegato Iorio, «equivarrebbe ad azzerarne il valore».

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