Credito trevigiano, azione di responsabilità da 84 milioni

E' la decisione dei commissari e dei legali contro gli ex amministratori, ex sindaci, ex direttori generali dell'Istituto bancario, per la loro condotta, fino a luglio 2014, che avrebbe generato grave danno patrimoniale. Nella foto la sede della Bcc

TREVISO. Un'azione di responsabilità da 84.707.859 euro. Che i commissari straordinari e i legali rappresentanti pro tempore di Credito Trevigiano, a nome dell’istituto, hanno deciso di avviare nei confronti degli ex amministratori, ex sindaci, ex direttori generali e la società di revisione, per la loro condotta (fino a luglio 2014), giudicata tanto “commissiva quanto omissiva” nello svolgimento dei loro incarichi, al punto di ingenerare un grave danno patrimoniale all'istituto di credito da poco tornato alla gestione ordinaria (dopo il commissariamento), con il nuovo presidente Piero Pignata. Per queste ed altre irregolarità della vecchia gestione l'istituto ha già pagato 532mila euro di sanzioni. Ora l'azione di responsabilità a lungo annunciata è stata finalmente depositata: “gli ex” vertici saranno chiamati a presentarsi in tribunale di Venezia- sezione specializzata in materia di impresa- all'udienza del 7 marzo 2016. A loro verrà chiesto il risarcimento milionario, di cui sono responsabili in solido. Contestate perdite sui crediti per 73 milioni, ma anche buonuscite sproporzionate , spese «eccessive ed ingiustificate», operazioni verso fiduciarie ritenute «opache» per altri 10 milioni di euro.
Tutto scritto nero su bianco in un atto di citazione che supera le 250 pagine.


L’affare del Maglificio. Un capitolo a cui vengono dedicate più di 200 pagine nell’atto di citazione. Che evidenzia fitti intrecci di rapporti tra alcuni esponenti aziendali e la clientela affidata. Spiegate nel dettaglio una cinquantina di operazioni tra le più significative, per irregolarità e palesi violazioni di norme e regolamenti. Come quella legata al Maglificio Montegrappa, un saldo debitore di 3.024.609 euro che i commissari straordinari hanno deciso di contabilizzare come perdita, sottolineando il legame tra l’azienda e l'istituto di credito. La mancata comunicazione (in data 25 settembre 2013) in occasione del rinnovo del fido da 3 milioni di euro da parte del consigliere di amministrazione Daniele Volpato - presidente di Maglificio Montegrappa- della caduta verticale degli ordini. Il 4 ottobre 2013 la società ha presentato domanda di concordato preventivo. Il giorno prima Daniele Volpato risulta cessato dalla carica di consigliere. In data 22 ottobre 2013 Eugenio Visentin, presidente del collegio sindacale della banca, nella delibera non fa alcuna menzione della situazione del Maglificio Montegrappa nonostante sia stato sindaco effettivo fino al 2 ottobre 2013, giorno delle sue dimissioni. Il Maglificio Montegrappa è fallito nel maggio del 2014.


La Velo e le altre. Il nome di Eugenio Visentin, nell’atto di citazione, torna anche per Velo Spa: all’epoca dei fatti presidente del collegio sindacale della banca ma anche dell’azienda. Fidi, mutui e il mantenimento della posizione a incaglio nonostante l’evidente stato di difficoltà dell’azienda, segnalato anche da altri istituti di credito. Perdita per oltre un milione di euro.
E ancora: quasi 6 milioni di euro per Fior Srl, 4,4 per Rosso Veneziano Snc. Sono solo alcune delle operazioni contestateTotale: circa 73 milioni di euro di crediti andati in fumo.


Le «operazioni opache». In base all'ispezione della Banca d'Italia la violazione della normativa antiriciclaggio rappresenterebbe una delle violazioni più gravi commesse dall'istituto di credito. Un punto ribadito anche dai commissari secondo cui «Non sarebbero stati assolti gli obblighi di adeguata verifica su ben 50 società, partecipate da fiduciarie, con depositi complessivi di 13,4 milioni di euro. Di queste 35 risultano affidate per complessivi 17 milioni (classificate in default)». Ma dall’atto di citazione emerge un altro importante dettaglio: «Tre di queste società sono domiciliate nello studio professionale dell'allora presidente, Nicola Di Santo e una nello studio del consigliere Carlo Zacco». A seguito di tale irregolarità Banca d'Italia aveva inflitto una sanzione amministrativa pecuniaria di 62.500 euro.


La buonuscita dell’ex direttore. All'epoca venne definito un terremoto: Umberto Longo, direttore del Credito Trevigiano, venne licenziatoil 12 dicembre del 2012. All’epoca Di Santo disse: «Da troppo tempo c’erano tensioni». Oggi sotto la lente di ingrandimento finisce la buonuscita liquidata a Longo: 973.825 euro. Secondo i commissari un chiaro esempio di «mala gestio».


Il 23 luglio di quell’anno, il Cda stabilì che in caso di risoluzione del rapporto prima del 31 dicembre 2015, le conseguenze per i due soggetti in causa sarebbero state del tutto sproporzionate: il direttore generale - il cui stipendio annuo era fissato in 240 mila euro- avrebbe dovuto versare mille euro per ogni mese dal momento del recesso al 31 dicembre 2015. L'istituto invece in un'unica soluzione e contestualmente al recesso, a titolo di risarcimento del danno, almeno 3 volte lo stipendio annuo oltre all'indennità prevista dal Ccnl, in caso di assenza di giustificato motivo. Insomma: con recesso a novembre 2015 il direttore avrebbe dovuto versare mille euro, Credito Trevigiano almeno 740 mila euro. Al momento della risoluzione del contratto non vennero prese in considerazione ipotesi alternative.<QM>Villa Emo. Acquistata nel 2004 dal Conte Leonardo Emo Capodilista a 15,4 milioni di euro. Un immobile storico secondo i commissari difficilmente collocabili tra gli investimenti immobiliari consentiti dalla normativa di Banca d'Italia. 12 milioni di euro spesi fino al 2012 in costi di ristrutturazione. «Un'operazione dall'evidente valore sociale e filantropico», si spiega nell’atto di citazione, «costato però alla banca complessivamente quasi 30 milioni di euro», che continua a costare ogni anno 325 mila euro. Un immobile oggi svalutato a causa della crisi del mercato immobiliare: il danno stimato per l’istituto di credito è di 11,7 milioni di euro.
 

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