Crisi da passaggio generazionale, ora i lavoratori si comprano l’azienda

Lo strumento del workers buyout sempre più utilizzato per salvare le imprese: un tavolo tra Legacoop e Regione analizzerà i casi in cui poterlo sfruttare

La veronese CFD, un caso di scuola del successo di un "workers buyout"
La veronese CFD, un caso di scuola del successo di un "workers buyout"

VENEZIA. Manca l’erede del parón? L’azienda passa ai dipendenti. La nuova formula-tipo del workers buyout, meccanismo per il quale sono i lavoratori a riunirsi in cooperativa per rilevare l’azienda in crisi in cui lavorano, potrebbe essere questa. «Momenti di difficoltà come quello attuale dovuto alla pandemia possono dare di certo la spinta all’utilizzo di questo strumento – dice il presidente di Legacoop Veneto, Adriano Rizzi – ma un utilizzo che vediamo possibile è anche nei casi in cui il passaggio generazionale rischia di far saltare aziende medio-piccole. Abbiamo costituito un tavolo ad hoc con la Regione Veneto, che mirerà a promuovere i wbo per risolvere situazioni anche diverse dalle crisi».

I numeri

Ad oggi sono otto le esperienze cooperative di workers buyout (wbo) nate con il supporto di Legacoop Veneto e il suo accompagnamento, passo passo, in tutta la fase di start up. I workers buyout – il tema è stato al centro di un recente convegno di Legacoop Veneto – costituiscono per la nostra regione «un vero e proprio strumento di politica industriale, utile a salvare occupazione, competenze e pezzi significativi di economia del territorio», sottolinea Legacoop. Gli otto casi citati prima mettono assieme 160 ex lavoratori e lavoratrici diventati, da dipendenti, imprenditori di se stessi con la costituzione in cooperative: imprese che oggi contano 220 persone occupate, a fronte delle 470 che allora avevano perso o erano a forte rischio di perdere il posto di lavoro. Sono pari a oltre due milioni e 446 mila euro le risorse messe a capitale sociale delle imprese dagli stessi cooperatori fondatori, tramite l’anticipazione della propria indennità di disoccupazione, la naspi (ex indennità di mobilità). Risorse a cui si sono aggiunti fin da subito, e talvolta pure in seguito, altri tre milioni e 465 mila euro, per lo più provenienti dal sistema finanziario e creditizio cooperativo. «E poi – sottolinea Legacoop – l’alleanza con Banca Etica, resasi disponibile a garantire liquidità alle imprese».

Il recente convegno di Legacoop Veneto sul wbo
Il recente convegno di Legacoop Veneto sul wbo

Le linee guida

«Sono due gli elementi chiave – spiega Rizzi – il primo è che il workers buyot funziona non per le grandi crisi, bensì per quelle medio-piccole». Quindi nei casi attuali come Acc o Gas lo strumento non è adatto? «È molto difficile che possa funzionare, anche se i Gas si sta lavorando per una cooperazione nella gestione del welfare. E qui arriviamo al secondo elemento chiave, che è l’estrema prudenza con cui affrontiamo ogni situazione. La selezione è rigidissima, si impegnano soldi dei lavoratori, non si possono fare azzardi», dice Rizzi, «e spesso siamo noi stessi a sconsigliare il wbo». E da chi parte la proposta? «In molti casi dai lavoratori stessi, o dai sindacati. In alcuni casi anche la curatela fallimentare». Quanti, tra quelli che arrivano sul vostro tavolo, vanno in porto? «Potrei dire uno su dieci».

I casi di successo

Alcune sono storie di vero successo. A partire da quella di Cooperativa Fonderia Dante, esperienza imprenditoriale d’eccellenza con sede a San Bonifacio (Verona), nata a seguito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti della storica Ferroli che prevedeva la chiusura della fonderia. In quattro anni, festeggiati lo scorso 25 luglio, CFD è cresciuta in misura significativa per fatturato e addetti, come per posizioni conquistate nel mercato internazionale: dai poco più di 60 soci cooperatori degli inizi ai 107 addetti di oggi, da un fatturato di pochi milioni ai 15 del 2020 (con previsione di salire a 20 nell’anno in corso). È un modello, quello veneto, riconosciuto come vincente e codificato da Legacoop Veneto sia nel suo articolato processo – dall’analisi alla valutazione e l’avvio – sia nel sistema di attori coinvolti: cooperazione, sindacati, istituzioni, attori bancari-assicurativi e strumenti finanziari. «In esperienze complesse come quelle dei wbo – sottolinea infine Rizzi – i risultati si ottengono solo se tutti si rema dalla stessa parte. Uno stimolo per immaginarne nuove forme e nuovi utilizzi».

Adriano Rizzi, presidente di Legacoop Veneto
Adriano Rizzi, presidente di Legacoop Veneto

Il nazionale

Pure a livello nazionale ci sono alcune premesse favorevoli alla promozione dello strumento, come ha ricordato Mauro Lusetti, presidente di Legacoop nazionale: «L’accordo nazionale siglato dalle tre centrali cooperative Legacoop, Agci e Confcooperative con le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil ha segnato una tappa importante. E ancora, è significativa l’indicazione dei workers buyout nella Finanziaria 2021 come strumento di soluzione alle crisi e di gestione del ricambio generazionale. Ora servono i decreti attuativi che definiscano modalità e incentivi mirati».

La Regione

«Crediamo molto nei wbo come strumento da utilizzare in situazioni diverse rispetto a quelle delle sole crisi – ha spiegato Elena Donazzan, assessore al Lavoro della Regione Veneto – E per questo abbiamo costituito, proprio su sollecitazione di Legacoop Veneto, un tavolo regionale che riunisce tutti gli attori. Abbiamo già ipotizzato le risorse a sostegno nella coda di questa programmazione europea e nella prossima, per inserire nei wbo dei “temporary manager” dentro le crisi e le trasformazioni, e per finanziare consulenza e formazione». È un modello, quello veneto, riconosciuto come vincente e codificato da Legacoop Veneto sia nel suo composito e articolato processo – dall’analisi alla valutazione e l’avvio –, che nel sistema di attori coinvolti: cooperazione, sindacati, istituzioni, attori bancari-assicurativi e strumenti finanziari. «In esperienze complesse come quelle dei wbo, il frutto viene senz’altro da un lavoro comune – ha sottolineato al convegno Adriano Rizzi, presidente di Legacoop Veneto – i risultati si ottengono solo se tutti si rema dalla stessa parte. Il successo della cooperativa CFD, e di altri wbo, è per noi uno stimolo non solo a rafforzare ulteriormente il modello per le ristrutturazioni e il “recupero” di imprese, ma anche a immaginarne nuove forme e nuovi utilizzi, come garantire continuità aziendale e favorire il ricambio generazionale nel nostro tessuto produttivo».

I casi

Ecco gli otto casi più significativi di wbo in Veneto negli ultimi anni: D&C Modelleria di Vigodarzere, nata nel 2010 da Modelleria Quadrifoglio; Cooperativa lavoratori Zanardi (Padova), nata nel 2014 da Gruppo editoriale Zanardi srl, stampa volumi di pregio; Kuni di Castagnaro, 2014, arredamenti in legno; Sportarredo Group di Gruaro, 2015 da Sportarredo spa, macchinari per l’estetica; Coop Berti di Tessera, 2016, serramenti in vetro. Cooperativa Fonderia Dante di San Bonifacio, nata nel 2017 da Fonderia Ferroli, caldaie e radiatori; Centro Moda Polesano, Stienta, nata nel 2018 da Cooperativa Polesana Abbigliamento; Cooperativa Meaat (Gazzo Veronese), 2019, produce attrezzature e macchinari agricoli.

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