Crollato del 40% l'export del nordest verso la Russia

In Veneto il primo trimestre cede del -41%, il Fvg, senza le navi, del -31,5%. Coldiretti: ma è l'agroalimentare a pagare il conto più salato

UDINE - Nell’anniversario dei 2 anni dall’inizio dell’embargo russo che ha provocato una guerra senza precedenti le esportazioni del Made in Italy sono scese al minimo da almeno un decennio con una perdita stimata nei due anni di 7,5 miliardi rispetto ai valori precedenti l’embargo.

È quanto emerge da uno studio della Coldiretti che ha stilato il bilancio a due anni dal decreto n. 778 del 7 agosto 2014 che ha chiuso completamente le frontiere del paese di Putin ad una lista di prodotti, frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia con successiva proroga.

L’agroalimentare - sottolinea la Coldiretti - è l’unico settore ad essere colpito direttamente dall’embargo totale sancito dalla Russia ma al divieto di accesso a questi prodotti si sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato di fatto le esportazioni in tutto l’agroalimentare e anche negli altri settori, dalla moda fino alle auto, in cui era tradizionalmente forte la presenza italiana.

Solo nel settore del tessile, abbigliamento accessori e pelli la perdita dovuta al cale delle esportazioni è stata - precisa la Coldiretti - di circa 2 miliardi nel biennio mentre per i mezzi di trasporto il taglio è stato attorno ai 1,2 miliardi nello stesso arco di tempo mentre 600 milioni ha perso complessivamente l agroalimentare.

La guerra commerciale con la Russia ha colpito duro interrompendo bruscamente una crescita travolgente delle esportazioni agroalimentari italiane verso la Russia, che nei cinque anni precedenti il blocco erano più che raddoppiate in valore (+112%).

In termini quantitativi nel corso dei due anni di embargo - stima la Coldiretti - sono stati «respinti» dalle frontiere russe 39,4 milioni di chili di mele italiane, soprattutto della varietà Granny Smith dal colore verde intenso e sapore leggermente acidulo, ma anche 29,5 milioni di chili di uva da tavola, 29,9 milioni di chili di kiwi, 2,8 milioni di chili di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, 14,2 milioni di chili di pesche e nettarine e 85mila prosciutti di Parma e San Daniele a denominazione di origine.

Il raffronto sul valore delle esportazioni di Veneto e Fvg verso la Russia nel soio 1° trimestre di quest'anno, vede il crollo del -41% per quel che riguarda il Veneto, passato da 389 milioni di euro del 1° trimestre 2014 ai 228,13 di quest'anno.

Al Fvg è andata meglio, nel senso che in valore l'export verso la Russia, sempre nel primo trimestre, è cresciuto del +35,7% grazie però alla cantieristica, con navi vendute in Russia per 42,8 milioni di euro.

Il saldo è di 86,5 milioni, contro i 63,7 del primo trimestre 2014, con un +35,7%, dunque.

Ma se si toglie il valore della cantieristica, il saldo precipita a 43,6 milioni, -31,5%.

"Ancora una volta il settore agroalimentare è divenuto merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale",ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che "si tratta di un costo insostenibile per l’Italia e l’Unione Europea dove sono crollati i prezzi dei prodotti che venivano tradizionalmente esportati in Russia provocando una crisi senza precedenti in settori sensibili come ad esempio quello del latte. Lo stop alle importazioni di frutta, verdura, salumi e formaggi dall’Italia ha provocato peraltro in Russia un vero boom nella produzione locale di prodotti Made in Italy taroccati, dal salame Italia alla mozzarella Casa Italia, dall’insalata Buona Italia alla Robiola Unagrande, ma anche la mortadella Milano o il Parmesan tutti rigorosamente realizzati in Russia. In effetti - rileva la Coldiretti - alle perdite dirette subite dalle mancate esportazioni italiane in Russia si sommano quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy.

Il rischio riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali. In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu mentre in altri sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu.

Riproduzione riservata © il Nord Est