Dalla Tunisia a Zanè per cucire ad arte

Project Officina Creativa è impresa, open space, archivio, museo, luogo di eventi e spazio social. Dopo il rimpatrio della produzione una nuova anima e vita per un pantalone sartoriale a 360 gradi. Come fanno i grandi brand

ZANE' (VICENZA). “Mia mamma si è fatta il fegato per otto anni in Tunisia. Viveva là sei mesi l’anno e ci ha provato in tutto e per tutto. Ma non c’è riuscita. Qui in Italia costa di più produrre è vero, ma là ormai non è rimasto nulla. Abbiamo riportato la produzione qui  e abbiamo la conferma che oggi la qualità paga. Ai tempi la scelta è stata rischiosa, era quasi un’intuizione. Ma ha funzionato”.

Matteo Lavezzo ha dato senso e forma al pantalone a 360 gradi, un una piccola fabbrica modello che è laboratorio, museo, sede eventi, sartoria su misura. Siamo a Zanè in via Leopardi, tra grandi foto di Frida Kahlo ed Andy Warhol, giardini di sabbia zen da rastrellare in un unico grande open space, con cucina, dove c'è pure una social area.

La storia inizia nel 1999 con Matteo Lavezzo e una visione che ha portato un’azienda alla façon, ovvero che produce per conto terzi, ad andare oltre il concetto di service e strutturare un servizio completo, fatto di: disegno, prototipo, prodotto finito. Un unico capo: il pantalone. Una specializzazione che ha pagato, nel tempo, grazie alla ricerca di materiali nuovi e una produzione divenuta negli anni made in Italy.


"Project Officina creativa è nata come un ufficio stile e prodotto: faceva consulenza per varie aziende. Poi, nel 2004 abbiamo iniziato a sviluppare anche tutta la parte della prototipia e i campioni – racconta Lavezzo -. Ci siamo specializzati nel pantalone, denim cinque tasche, nel calzone del mondo sportswear uomo e donna. Siamo cresciuti con questo prodotto che è sempre stata una categoria da abbinare a numeri e prezzo. Così è accaduto che il mercato nel 2007 – continua - ci ha fatto andare dall’estero e abbiamo scelto la Tunisia per la nostra produzione”.

Fino al 2011 Project produce il 50% made in e il 50% made out. Poi il cambio: “Abbiamo visto che quel mercato di mezzo faticava e andava sempre a limare sul prezzo. Quando ci siamo resi conto che noi eravamo una struttura completa, non solo laboratorio, abbiamo preso la decisione di puntare su un nuovo mercato che voleva qualità”. Project rafforza la struttura in Italia, cerca clienti alto di gamma che vogliono vero made in italy. Nel 2013 fatica, poi il mercato si apre e l’azienda di Zanè si porta a casa grandi brand come Valentino, Fendi, Etro, Versace, Kiton...


“Sì, siamo ancora dei terzisti: diamo un prodotto commercializzato ma ci occupiamo dall’acquisto delle materie prime a tutte le lavorazioni e la nostra forza è proprio la ricerca dei materiali. Insomma ci comportiamo come se fossimo un brand” spiega Lavezzo la cui ambizione però non è mettere sul mercato un proprio brand. Anzi.


Il reshoring, rimpatrio della produzione, è datato 2014. “In Tunisia è rimasto pochissimo oramai: noi abbiamo chiuso un anno e mezzo fa, avevamo una piattaforma di 8 persone in un laboratorio di stireria, avevamo fatto una JV. L’abbiamo chiusa perché, cambiando i clienti ed elevando la qualità, ci siamo scontrati con i loro limiti. Lì non c’è la nostra cultura”. Ritorno alle origini dunque, ma Project oltre al re-shoring ha operato un near-shoring: di quel 50% prodotto in Tunisia un 30% è finito in Romania. “Non potevamo eliminare totalmente il made out in alcune lavorazioni, e noi ora lì abbiamo una qualità migliore dell’Italia. In Romania gestiamo i prodotti basici e puntiamo lì sull’industrializzazione. In Italia teniamo il lavoropiù speciale, quello con più attenzione, e laddove il cliente ci chiede made in italy al 100%”.

@eleonoravallin
 

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