Dazi Usa, il Prosecco in allarme rosso
VENEZIA - «Gli Stati Uniti senza Prosecco sarebbero più tristi» assicura il governatore Zaia, ma i musi lunghi ieri al Vinitaly erano quelli dei produttori in fiera.
A sconvolgere il Prosecco day al Vinitaly ci ha pensato ieri Trump, con l'annuncio dei dazi sui prodotti della Ue: c'è di tutto, ma l'agroalimentare parla italiano.
Nella lista nera Prosecco, Marsala, superalcolici, e altri ambasciatori del " made in Italy" come formaggi (Pecorino in primis), yogurt, olio d'oliva, uva, marmellate, succhi, acqua.
Una partita da 4,2 miliardi, il 10% dell'export italiano.Basta un calcolo, nemmeno complicato: Gran Bretagna e Stati Uniti sono primo e secondo mercato per l'export del Prosecco (per la Doc valgono, insieme, il 50% dell'intera esportazione), Brexit e minaccia di dazi Usa mettono a rischio qualcosa come 750 milioni di euro, di cui 300 solo per gli Stati Uniti.
La prima reazione è emotiva: «Se Trump ci tira uno schiaffo, noi gliene tireremo due», commenta Stefano Zanette, presidente del consorzio di tutela Prosecco Doc, riferendosi alla possibilità di una guerra commerciale Ue - Stati Uniti, con i contro-dazi europei.
Lo stesso Zanette (la sua denominazione ha esportato nel 2018 618 mila ettolitri, per un valore di 200 milioni) corregge subito il tiro: «Vogliamo evitare qualsiasi tensione, serve fare pressione assieme a tutto il comparto agroalimentare italiano, anzi europeo, una partita da gestire con lo Champagne perché una misura del genere penalizzerebbe tutti.
Si può agire anche come Sistema Prosecco, con i tre consorzi uniti».
Lo scenario peggiore vedrebbe dazi sulle esportazioni in Gran Bretagna, fuori dalla Ue e negli States.
A quali altri mercati rivolgersi a quel punto?
«L'Australia in un anno è cresciuta del 32%, la Polonia è in forte ascesa, ma non vogliamo nemmeno pensare a scenari simili».
Chi sta già pagando le tensioni internazionali è la Docg Conegliano-Valdobbiadene, che per la prima volta ha visto il segno meno davanti alle cifre dell'export 2018.
Cose mai viste prima.
E tra i Paesi in difficoltà ci sono proprio gli Usa: «Ci appelliamo a governo italiano e Ue», afferma Innocente Nardi, presidente di quel consorzio di tutela, «al di là degli Usa sta crescendo il numero di Paesi in cui vendiamo le nostre bottiglie, c'è bisogno di un'Europa sempre più presente. Italia e Ue si facciano sentire». Il calo del 2018? È legato semplicemente a una vendemmia sfortunata, quella 2017. Ma le bottiglie sono state vendute tutte».
La minaccia firmata Trump ha agitato anche la giornata del governatore Luca Zaia, primo interlocutore istituzionale - come Regione Veneto - dei produttori vitivinicoli.
Fino a ieri per Zaia l'unica sfida internazionale del mondo Prosecco era la candidatura a sito Unesco della Docg Conegliano-Valdobbiadene («Non torneremo da Baku a mani vuote, ho buone sensazioni»).
Su Trump, Zaia è più incendiario che pompiere: «Dazi sul Prosecco? Ma stiamo scherzando? Inimmaginabile. Metterebbero in ginocchio l'economia di un territorio. E non farebbero bene nemmeno agli Usa, torneremmo al mercato nero. Non parliamo di prodotti di poco conto ma di un'eccellenza universale, la Regione farà la sua parte, l'Europa eviti di muoversi come un elefante in cristalleria».
E pensare che tutto è partito dalle schermaglie sugli aiuti Ue ad Airbus, rivale di Boeing.
«È il momento di ragionare da grande mercato», conclude Zaia, «è il momento del dialogo».
Tra la "base", gli stand dei produttori a Vinitaly, tira un'aria da "già visto, già sentito".
«Dazi? Non è la prima volta che se ne parla, ma nessuno ha mai rinunciato al Prosecco. E a Trump piace spararle grosse», dice un produttore.
La soluzione, a mali estremi, sarebbe già tra gli stand veronesi: gruppi di buyer dall'Estremo Oriente sempre più interessati alle bollicine di Marca.
Chiedono, si informano, chiudono contratti.
Se si chiude il mercato a Occidente, c'è una Via della Seta... alcolica da esplorare verso Cina e Giappone.
Dove però si affolleranno anche Cava, Champagne e tutti i concorrenti del Prosecco.
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