Delibera Anac: fondamentale preparare un piano B (e uno C) per Trieste
TRIESTE L’intervento dell’Autorità anticorruzione sul Porto di Trieste ha suscitato reazioni molto forti e impegna il dibattito pubblico locale (e non solo) ormai da una settimana. Si tratta di una questione articolata, sia per il quadro giuridico che per le conseguenze politiche, economiche, sociali e istituzionali che da questa vicenda sono state improvvisamente innescate.
Il quadro giuridico è complesso, e il rischio di fare confusione è notevole. L’Anac, innanzitutto, non è un giudice, e non si esprime perciò mediante sentenze. Non si tratta soltanto di una questione di etichette: un giudice sarà presto chiamato a intervenire, ma su richiesta di Zeno D’Agostino e dell’Autorità portuale, nel tentativo di cancellare (possibilmente con effetti immediati) gli effetti della delibera dell’Anac. (Quasi) tutti si augurano che il ricorso davanti al giudice amministrativo rimuova gli effetti della delibera dell’Anac, ma gli addetti ai lavori sanno che la strada del giudice amministrativo è lastricata di buone intenzioni, ma rischia di portare verso l’inferno.
È quindi importante elaborare un piano B, e dove questo non basti, anche un piano C. Il piano B, laddove non arrivi il giudice, dovrebbe essere predisposto dalla politica. Il ministro Stefano Patuanelli, che le circostanze vogliono essere l’uomo giusto (un concittadino con piena consapevolezza dell’importanza del ruolo del Porto e del lavoro fatto in questi anni) al posto giusto (il vertice di un dicastero di cruciale importanza in questa difficilissima fase storica) si sta già impegnando su questo versante, peraltro in buona compagnia. Tuttavia, intervenire con strumenti normativi che disinneschino il fatale cortocircuito normativo che si è generato, rischia di essere la classica toppa che finisce per fare peggio del buco. Da un lato è rischioso mettere a repentaglio la credibilità dell’Autorità anticorruzione: ciò è vero in particolare in una realtà, come quella del Porto, dove la cultura della legalità ha un’importanza notevole.
Certo, per chi conosca le vicende più o meno recenti dello scalo triestino, il fatto che un’Autorità anticorruzione intervenga in maniera così pesante proprio oggi, ha qualcosa di paradossale, ed è l’Anac stessa che sembra voler metterci del suo per minare la sua stessa credibilità.
Dall’altro lato rimuovere le norme che prevedono i contestati meccanismi di incompatibilità può avere un costo politico insostenibile, in particolare per forze politiche che hanno fatto della moralizzazione della politica e dell’amministrazione una bandiera. Una soluzione normativa, se si trovasse (in tempo utile), non andrebbe soltanto ad applicarsi al caso di specie, ma andrebbe ad applicarsi in molti altri casi, con buone possibilità di creare effetti collaterali fortemente indesiderabili.
Non resta dunque che prepararsi anche con un buon piano C: salvare il lavoro fatto in porto da Zeno D’Agostino senza Zeno D’Agostino. I tempi per la nomina di un nuovo presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale non sono lontani, ma nemmeno immediati. La reazione che la delibera dell’Anac ha innescato è stata eccezionale e senza grandi precedenti nella storia istituzionale locale: se quella forza riuscisse a essere preservata e veicolata verso nuovi obiettivi e attraverso nuovi strumenti, magari proprio su impulso del presidente (la cui competenza questo territorio dovrebbe immediatamente impegnarsi a reimpiegare), si potrebbe riuscire a cogliere un patrimonio preziosissimo per Trieste, la cui capacità di produzione di valore economico è sempre più tragicamente in crisi, e nel quale il Porto e il suo indotto non possono che avere un ruolo cruciale.
La consapevolezza di questo ruolo, che oggi pare accomunare la visione del gruista (ma non... di alcuni giuristi, verrebbe da dire), dell’industriale, del politico, insomma... questa comune consapevolezza è la più grande rivoluzione che il presidente D’Agostino ha guidato, e che non sarà il caso di disperdere. Lo scenario da evitare a tutti i costi è farsi cogliere di sorpresa dal fallimento del piano A, senza piani B né piani C, e ritrovarsi travolti dallo spettro pauroso del ritorno di un passato che non passa. –
*ricercatore di Diritto costituzionale
Università di Trieste
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