Demografia, immigrazione, formazione: queste le priorità di Veneto e Fvg per risalire il piano inclinato
All’assemblea di Confcooperative Fvg presentato il rapporto MutaMenti 2022 di Daniele Marini. Necessario al mercato del lavoro delle due regioni un saldo migratorio positivo di almeno 50 mila persone l’anno

I numeri sono, come sempre, impietosi e riportano la fotografia di due regioni, Friuli Venezia Giulia e Veneto, che dimostrano di aver perso quel ruolo di “Locomotiva” del Paese conquistato meritatamente in passato, per finire relegate al ruolo, meno lusinghiero, di un «locomotore». I numeri sono quelli di “MutaMenti 2022, Friuli Venezia Giulia e Veneto: la sindrome del piano inclinato”, ricerca curata da Daniele Marini e presentata a Codroipo, nella sede della Cantina di Rauscedo, nell’ambito dell’assemblea di Confcooperative Fvg.
Demografia
Che cosa dicono i numeri? Uno dei dati sicuramente di maggior impatto attiene alla demografia. Data per assodata la denatalità, fenomeno costante ormai da parecchi anni, se in passato il sistema è rimasto in equilibrio è stato grazie all’immigrazione. Guardando al futuro prossimo, tenendo conto delle uscite dal mercato del lavoro per pensionamento, non compensate dall’ingresso dei - pochi - giovani che concludono il periodo degli studi, «per mantenere costante il numero dei lavoratori delle due regioni - ha spiegato Chiara Gargiulo, Università di Padova - per il prossimo ventennio il saldo migratorio dovrà essere positivo per 50 mila unità». Per alcune aree, tra cui Trieste e Udine, il bilancio demografico è più pesante che per altre, e le prospettive a breve sono drammatiche. Ecco dunque «che servono strategie per governare i flussi migratori per contrastare lo spopolamento».

Capitale umano
Le risorse non mancano, i fondi del Pnrr destinati all’istruzione sono importanti. E soprattutto la formazione dei giovani «è essenziale per affrontare la transizione digitale, quella ambientale e quella demografica», indica Monica Caminato (Provincia di Vicenza). Il punto è «che siamo in ritardo», e l’Italia, e il Nordest, sono lontanissimi da quell’obiettivo del 45% di laureati nel 2030 indicato dalla Ue (siamo infatti al 20,9). E resta da risolvere il problema della segregazione di genere, che vede il genere femminile prediligere determinati percorsi di studi, e il maschile altri. «Fenomeno che non fa bene allo sviluppo sociale».
Lavoro
Da un lato un ritorno dell’occupazione sui livelli pre-Covid, dall’altro carenza di manodopera, su tutto le grandi dimissioni... Il mercato del lavoro mostra contraddizioni anche a Nordest. Il 2022 si è chiuso in positivo in termini di nuovi posti di lavoro, anche in termini di crescita dei contratti a tempo indeterminato, e la carenza di figure professionali ha messo in campo una quota di competitività tra imprese nell’attrarre lavoratori (chi si dimette spesso lo fa perché ha in tasca la promessa di un nuovo impiego). A parlarne Maurizio Rasera di Veneto Lavoro.
Economia
«Viviamo anni incerti», ha esordito Gianluca Toschi, Università di Padova, che rendono difficile elaborare previsioni. I dati raccontano di due regioni dinamiche e in corsa che, progressivamente, hanno iniziato a perdere terreno. Con quale bussola orientarsi? «Immaginando futuri, quindi più d’uno, e costruendo scenari cercando di essere pronti a passare rapidamente da uno all’altro». Trovando radici sui punti di forza, che pure i territori possiedono.

Crescita lenta
C’è un esercizio preliminare indispensabile ad ogni cambiamento, ed è la «consapevolezza», che parte dalla conoscenza dei fatti. Questo esercizio di consapevolezza deve spingerci «a guardare le criticità che ci trasciniamo da tempo - spiega Daniele Marini -. Veneto e Friuli Venezia Giulia hanno una crescita lenta e regioni che, in passato, stavano dietro, ci hanno ormai superato». E se fino a ieri il refrain “Fin che la barca va...” poteva essere accettabile, oggi non lo è più. Oggi «occorre cambiare atteggiamento e intervenire». Tanto più che il cambiamento è diventato, ormai, «la nuova normalità», in un periodo storico in cui le crisi si presentano con cadenze diverse rispetto al passato.
Strumenti
La via suggerita da Marini per affrontare e superare la sindrome del piano inclinato, parte dunque dalla consapevolezza capace di mettere in risalto i punti di forza e quelli di debolezza, con la determinazione e la voglia, evidentemente, di fare leva sui primi e intervenire sui secondi. Quindi c’è il tema della qualità che andrà declinata in tutte le sue potenzialità, dalla qualità dei prodotti alla qualità del lavoro, dalla qualità dell’ambiente a quella della formazione. E poi occorrerà agire per costruire «eco-sistemi territoriali, ovvero progetti e iniziative capaci di coinvolgere più soggetti, tessendo reti di relazioni e di prossimità». Perché, ed è il monito finale, «nessuno si salva da solo».
Il dibattito
Agli interventi degli autori del rapporto, preceduti dai saluti del vicesindaco di Codroipo Giacomo Trevisan, del presidente della Bcc Pordenonese e Monsile, che ha sostenuto il lavoro di ricerca e la sua pubblicazione, Antonio Zamberlan, del presidente della Cantina di Rauscedo Antonio Zuliani, ha fatto seguito il dibattito tra Alessia Rosolen, assessore regionale al Lavoro, Daniele Castagnaviz, presidente regionale di Confcooperative Fvg, Walter Lorenzon, per l’Associazione regionale delle Banche di credito cooperativo del Fvg, e Cristiana Compagno, docente dell’Università di Udine, già magnifico rettore. «La cooperazione - ha detto Castagnaviz - ha dimostrato capacità di adattamento e resilienza», ma non si esime dal cambiamento, anche dimensionale. Se ci si sposta al credito «quello cooperativo è vincente, ma ha spazi per evolvere ancora», ha detto Lorenzon, se la Bce comprenderà definitivamente il valore delle piccole banche locali. «Il sistema non deve più permettere la dispersione dei talenti», è la sottolineatura di Cristiana Compagno, in riferimento alle politiche, ancora lacunose, sull’inclusione di genere. Alessia Rosolen ha ricordato «impegno e risorse destinate a politiche della famiglia e del lavoro» varate da questa giunta regionale. Infine a chiudere i lavori l'intervento di Maurizio Gardini, presidente nazionale di Confcooperative.
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