Destro: «Fusione con Venezia: progetti, non poltrone. Decideranno i soci»

Parla il presidente di Assindustria Venetocentro: «Serve una visione, non c’entra la proroga di nessuno»

Leopoldo Destro
Leopoldo Destro

PADOVA/TREVISO. «Serve un’ottica di progettualità, non è una questione di poltrone». Leopoldo Destro, presidente di Assindustria Venetocentro, la territoriale che somma Treviso e Padova, arriva sulla scena del matrimonio con la Confindustria veneziana, togliendo dallo scenario la questione della proroga del mandato di Vincenzo Marinese, suo omologo della territoriale.

Presidente Destro, nei giorni scorsi abbiamo appreso che Viale dell’Astronomia, sede della Confindustria nazionale, ha dato l’ok alla proroga del mandato a Marinese solo se subordinato a condurre in porto la fusione con voi.

«Al di là degli aspetti burocratici legati alla prorogatio, l’aggregazione con Venezia deve essere vista in ottica di progettualità e dico questo a prescindere da chi sarà presidente a Venezia, o a Padova e Treviso. Ciò che deve governare tutto questo percorso è la visione del futuro. Noi abbiamo già un peso specifico importante. Quindi dobbiamo guardare al futuro soggetto che può nascere sulla base dei vantaggi concreti che potrà portare al territorio e quindi anche ai nostri associati. Non si può ridurre la questione alla proroga dell’uno o dell’altro: io penso che la situazione, ancor di più quella attuale, richieda di stare insieme e di aggregarsi per essere più competitivi. Il voler crescere nei numeri deve però significare anche crescere nella progettualità, trasformando problemi frammentati in soluzioni condivise e di ampio respiro, in una vera e propria politica industriale».

Voi state esplorando questa ipotesi da prima della sua presidenza, ora a che punto siete?

«Sì eravamo già partiti con la commissione paritetica che è all’opera per valutare i numeri delle due associazioni, gli aspetti di governance, i progetti, la visione e quali benefici potrebbero arrivare agli associati, che è la cosa più importante da tenere in considerazione. Ma poi saranno gli associati a scegliere se tutto questo merita di essere portato avanti».

Quindi va portato in assemblea sta dicendo?

«Certamente, è quello il luogo. È impensabile che questo resti nelle mani mie o di Marinese e quindi se ne discuterà nell’ambito dell’assemblea privata a giugno o in quella pubblica ad ottobre».

Se dovesse fare una ipotesi sulla data più probabile?

«Credo si possa già ragionare per quella di giugno. Questo è un progetto che ha un significato importante per il territorio, che si lega a quell’idea di triangolo industriale che va portato a termine fino alla fine. E poi è evidente che se dobbiamo confrontarci con Milano o Bologna, ricordo che lì la fusione con Modena e Ferrara è già realtà, dobbiamo contare ancora di più. Ma voglio parlare di progetti e non di proroghe, si deve andare oltre le persone».

Parliamo di economia, la vostra congiunturale mostra numeri incoraggianti per i territori di Padova e Treviso.

«Sì, si registrano segnali di ripresa, la produzione è salita di oltre 11 punti percentuali rispetto l’ultima parte del 2020. Sono la testimonianza che la parte produttiva e manifatturiera ha tenuto e ha saputo reagire in maniera determinante ancora una volta. Sono numeri positivi e convincenti non solo per quello che riguarda il fatturato Italia ma anche la quota export ha dati in deciso miglioramento rispetto al 2020. Infine c’è anche un portafoglio ordini che sale del +20 per cento. Una tendenza che speriamo possa continuare anche nel secondo trimestre. L’unico aspetto negativo che ci penalizza è legato all’impennata delle materie prime, sia in termini di aumento di prezzi che di mancanza di arrivi delle stesse».

Ritiene, al di là di alcuni eventi che hanno inciso indubitabilmente, ci sia anche una coda speculativa che sta influenzando i prezzi?

«C’è sicuramente una coda speculativa, ma alcuni impianti di materie prime si sono ripresi in ritardo e quindi sono stati più lenti a rifornire la filiera. Poi bisogna considerare che alcune economie sono ripartite in anticipo ed hanno fatto scorta di materie prime, come il caso della Cina. E infine c’è anche il fatto che ci sono alcune aree del mondo che, avendo le materie prime in prossimità e la disponibilità di impianti di trasformazione nelle vicinanze, sono potuti ripartire avvantaggiati. Questo è un altro tema di politica industriale che per il momento è assente dall’agenda della nostra politica». 

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