Dior, Chanel, Renzo Rosso e Moncler: è iniziato il risiko della moda a Nordest

“Tra le nostre produzioni importanti e crescenti vorremmo rafforzare la struttura italiana in ciò che esiste e quello che ancora non c'è. Quindi ci saranno investimenti, parlo anche di ristrutturazioni di aziende esistenti, fusioni, integrazioni. Integriamo ogni anno una o due famiglie di artigiani che magari stanno vivendo un passaggio generazionale e sono diventati monoproduttori per Dior”.
Il presidente e ceo di Christian Dior couture Pietro Beccari ha lanciato un sasso nello stagno della fornitura italiana, che ha in Veneto uno dei suoi poli di maggior successo, a Fossò nel veneziano c'è una delle sue manifatture oltre ad una vasta schiera di artigiani che forniscono il super brand francese.
Ma questa uscita è solo la punta dell’iceberg. La moda, soprattutto quella italiana, è in crisi. Le aperture a singhiozzo dei negozi e lo stop agli spostamenti hanno frenato i consumi sui mercati internazionali, che sono piazze di elezione per il prodotto made in Italy. Molto si sta muovendo.
La Otb di Renzo Rosso, uno dei grandi poli del fashion italiano, ha acquisito Jil Sander e altre operazioni sono da attendersi. I grandi stanno disponendo i loro pezzi sul tavolo del risiko, aveva iniziato Chanel con l’acquisizione della manifattura di Ballin. Prima era stata la volta di Moncler con Stone Island, ma tanti altri dossier potrebbero finire sul mercato.
Le vendite internazionali del Sistema Moda equivalgono al 12% dell'export italiano, rifornisce circa il 60% della moda di qualità mondiale e vale il 20% dell’occupazione nazionale. La filiera veneta della moda vale 18 miliardi di euro di fatturato e conta quasi 100 mila addetti: un mondo che potrebbe essere allo stesso tempo terra di conquista per i brand più interessanti o piattaforma di rilancio per una catena del valore che rischia nel post-Covid.
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