Dior raddoppia il polo in Riviera del Brenta

Il lusso è sempre più made in Veneto e i colossi internazionali si rafforzano a Nordest. Maxi stabilimento a Fossò per il marchio del gruppo Lvmh che segue gli investimenti in Rossimoda e nella Manifacture. A Padova il polo Gucci

PADOVA. «Quando negli anni Novanta Timisoara diventava l’ottava provincia veneta e per gli imprenditori del Nordest era “Trevisoara” noi passavamo per i fessi che non volevano delocalizzare». Ora che il mantra imprenditoriale fa propri nuovi anglicismi, dal back to manufacturing al reshoring, gli eredi dei maestri calegheri del distretto calzaturiero della Riviera del Brenta lo rivendicano con orgoglio e rabbia. «Hanno preso soldi pubblici per delocalizzare le produzioni all’estero e ora ne prendono per riportarle a Nordest». Per capire il peso e il valore del “saper fare” basta guardare a quel fazzoletto di terra tra le province di Padova e Venezia lungo il Brenta.


Colossi mondiali
In un territorio macchiato da piccole e medie zone industriali hanno messo radici i colossi del lusso mondiale. Francesi, in primis. Perché? L’immancabile pizzico di sciovinismo li fa parlare di savoir-faire invece che di “saper fare”, ma la sostanza non cambia. Per produrre le migliori scarpe del mondo hanno prima acquisito aziende della Riviera (l’operazione che ha fatto scuola è datata 2003, con il gruppo Lvmh che acquisisce il controllo della Rossimoda di Luigino Rossi) e poi investito direttamente in stabilimenti produttivi propri piazzandoli lungo il corso del Brenta. L’ultimo esempio è quello di Dior (sempre gruppo Lvmh) che alla fine dello scorso anno ha reso pienamente operativo un nuovo maxi stabilimento a Fossò. Si tratta di un intero blocco di testa della zona industriale dove sono stati concentrati uffici direzionali, produzione (montaggio e finissaggio) e modelleria. Con l’avveniristico nuovo stabilimento il gruppo presieduto da Bernard Arnault scommette ulteriormente sul distretto veneto della calzatura di lusso, dove già opera con una propria sede Louis Vuitton (Fiesso d’Artico) e dove controlla la Rossimoda.
Non ci sono solo i francesi, visto che anche i giapponesi del Onward Luxury Group rilevando (nel 2005) la Iris si sono assicurati la produzione di calzature di lusso marchiate Jil Sander, Chloé e Marc Jacobs. E, va detto, non c’è solo il calzaturiero del Brenta.


Occhialeria griffata
Quando si parla di professionalità e competenze in grado di attirare l’attenzione dei colossi stranieri non si può non parlare dell’occhialeria. Se da un lato Safilo (controllata oggi dagli olandesi di Hal Holding) lancia la scuola prodotto proprio per tutelare e tramandare il “saper fare”, dall’altra Kering Eyewear – la società con cui il colosso del lusso francese fondato da François Pinault ha preso in mano direttamente la produzione di occhiali con i propri marchi – ha scelto Padova per lanciare la sfida. «Una startup in un’industria matura» l’ha definita l’ad (ex Safilo) Roberto Vedovotto. La prima collezione è stata lanciata a luglio 2015: Kering Eyewear ha già arruolato 200 addetti è l’obiettivo è arrivare, a regime, a 650 occupati.
Dietro le eccellenze, la dinamica dell’attrattività del Nordest parla di una crescita. Il numero delle imprese venete partecipate da multinazionali estere, dal 2008 dal 2014, è salito da 662 a 768; in Friuli-Venezia Giulia da 125 a 135. Il Veneto (banca dati Ice- Reprint) è la terza regione in Italia per numero di imprese italiane a partecipazione estera (Lombardia e Piemonte, rispettivamente, al primo e secondo posto). Certo, qualcuno la legge come una crescita legata alla svendita dei gioielli di famiglia. Capitali stranieri, ad esempio, controllano Permasteelisa (Js Group) che è quanto di meglio ci sia al mondo nei rivestimenti esterni per grandi edifici.


Il caso della Infineon
Senza andare a scomodare la storia della Zanussi, negli anni la crescita e l’affermazione dei distretti produttivi nordestini ha fatto da calamita all’interesse dei grandi gruppi stranieri. L’esplosione del distretto della scarpa (o sportsystem) ha spinto, ad esempio, Rossignol a prendere casa nella Marca.
Il “saper fare” non è comunque l’unica chiave di attrattività. I casi sono rari ma vale la pena ad esempio citare l’esempio di Infineon Technologies, la più grande azienda tedesca produttrice di semiconduttori, quotata alla Borsa di Francoforte. Oltre 26mila collaboratori, 12 siti produttivi e più di 20 siti di ricerca e sviluppo nel mondo. E tra questi ultimi quello di Padova, scelto quale centro di eccellenza e punto privilegiato di accoglienza per i giovani talenti tecnici della microelettronica.
m.marian@mattinopadova.it

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