Dossier contro D'Agostino nato dall’arrivo di una “soffiata”. E dietro le quinte c’è chi ci vede Camber

Ad innescare l’interesse dell’Anticorruzione sul presidente del porto di Trieste è stata una segnalazione trasmessa alla Finanza. L'ex senatore si chiama fuori: "Non conosco gli estremi giuridici del procedimento".
L'ex senatore Giulio Camber
L'ex senatore Giulio Camber

TRIESTE È una segnalazione, che sarebbe stata trasmessa alla Guardia di Finanza, ad avere avviato il procedimento dell’Anac che ha prodotto la delibera di nullità della nomina di Zeno D’Agostino a presidente del porto di Trieste. Lo si legge nella prima pagina del provvedimento siglato dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Francesco Merloni, il riassunto dell’adunanza consiliare dello scorso 4 marzo, con deposito della sentenza il 16 marzo e notifica alla Torre del Lloyd due giorni fa.

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Foto Bruni Trieste 28.10.16 Comitato Autorità Portuale-D'Agostino


La ricostruzione dell’Anac parte dunque da una “soffiata” sulla presunta inconferibilità dell’incarico nel 2016 a D’Agostino, all’epoca già commissario del porto e presidente della Trieste Terminal Passeggeri. Secondo alcuni, dietro le quinte, ci sarebbe Giulio Camber. Pronto a smentire: «Non conosco gli estremi giuridici del provvedimento, che confido essere non strumentali alla politica». L’ex parlamentare pidiellino aggiunge un commento sibillino: «Ci sono temi strettamente tecnici e temi politici come Pechino e suoi prestanome nel porto di Trieste, come accordato nel Trattato Italia-Cina dello scorso anno».



Nel caso di D’Agostino, secondo Anac, si sarebbe comunque trattato della violazione dell’articolo 4 del Dl 39 del 2013, comma 1, lettera b, ai sensi del quale «a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico non possono essere conferiti gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale».

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Per sostenere la tesi, Anac spiega di avere ritenuto Ttp, di cui l’Autorità portuale detiene il 40%, riconducibile alla definizione di quel comma a seguito della cessione, nel 2010, del 60% del capitale, acquisito da Trieste Adriatic Marine Initiatives. Menzionando anche l’articolo 1, comma 2, lettera d, Anac considera Ttp tra gli «enti di diritto privato regolati o finanziati» da un lato perché il porto ne detiene una quota, seppure non più di maggioranza, dall’altro perché è soggetta al potere di regolazione dell’Autorità.

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In una seconda parte del documento Anac approfondisce poi la questione della governance e, oltre alla normativa di settore, cita una sentenza del Consiglio di Stato per affermare che la nomina a presidente del porto di D’Agostino rientra tra le ipotesi di inconferibilità perché in Atp avrebbe avuto l'incarico di presidente con potenziali compiti gestionali (quantomeno perché componente del consiglio di amministrazione).



La ratio del dl 39 infatti, prosegue Anac, «consiste nella volontà di evitare che il soggetto al quale viene conferito l’incarico possa piegare l’interesse perseguito dall’amministrazione o dall’ente pubblico che quell’incarico gli ha conferito ad interesse dell’ente di diritto privato dal quale proviene».

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La differenza tra il D’Agostino commissario e il D’Agostino presidente del porto è che il primo ruolo «è stato svolto a titolo esclusivo», mentre il secondo «è stato assunto successivamente e in costanza del ruolo svolto nell’ambito della Ttp». Di qui la delibera dell’inconferibilità dell’incarico di presidente del porto a chi già era presidente di Ttp, società partecipata dall’Autorità portuale. Con conseguente nullità dell’atto di conferimento dell’incarico e del relativo contratto. —


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