Bauli punta sugli Usa: «Serve un’acquisizione»

Il presidente Michele Bauli: «Negli Stati Uniti lo shopping per un deciso cambio di passo»

Edoardo Bus

Una buona chiusura d’anno, con fatturato e quote di mercato in crescita, un Natale dolce che ha portato con sé il definitivo rilancio del brand Motta, una ulteriore spinta verso l’innovazione di prodotto e soprattutto l’obiettivo ambizioso di arrivare entro il 2030 a un miliardo di fatturato e a raddoppiare la quota di ricavi all’estero, dall’attuale 20 al 40%. Michele Bauli, presidente del gruppo veronese, racconta degli ultimi traguardi raggiunti e superati dall’azienda, che nel 2022 ha compiuto cento anni e guarda con fiducia al prossimo quinquennio.

Dottor Bauli, come si è chiuso l’anno?

«Bene, anche se pesa ancora sui prodotti l’aumento dei prezzi di materie prime come burro, cacao e gas metano. Ma abbiamo comunque aumentato il fatturato, che è pari a 645 milioni (+5% sul 22/23), i margini (Ebitda di 50 milioni contro i 40 dell’anno precedente) e il valore del venduto, anche grazie al riposizionamento premium del nostro marchio Motta. Si consolida la nostra presenza internazionale. Direi che i nostri 1300 dipendenti, i sette stabilimenti produttivi, le 118 mila tonnellate di prodotto venduto in oltre 70 Paesi in tutto il mondo sono un buon viatico per il futuro».

Ecco, parliamo di futuro. Quali sono i tre obiettivi principali per il prossimo quinquennio?

«La crescita del fatturato e dei margini, puntando a ricavi prossimi al miliardo. Per arrivarci dovremo passare attraverso l’innovazione di prodotto, la crescita organica e anche una nuova importante acquisizione. Non c’è ancora nulla, ma posso dire che guardiamo al mercato statunitense, che per noi è importante ma difficile. Acquisire un’azienda locale significherebbe avere la via in discesa per un deciso cambio di passo».

Quindi la crescita nei mercati esteri come secondo obiettivo…

«Certamente, in Europa, in Asia e negli Stati Uniti. Vogliamo far crescere la quota di ricavi esteri dall’attuale 20% al 40% entro il 2030. Nel mercato continentale guardiamo in particolare alla Germania e alla Francia. In Asia all’India, dove siamo già forti, con il nostro stabilimento di Baramati e la produzione di croissant e Girelle. È il nostro secondo mercato, che cresce lentamente perché la distribuzione è molto frammentata, ma comunque ci garantisce un’ottima base per puntare ad altri Paesi come Indonesia, Vietnam e Thailandia. Infine, gli Stati Uniti, che rappresentano una priorità per noi. Ad aprile prevediamo di aprire un punto vendita Minuto Bauli ad Union Square, nel pieno centro di New York».

I negozi-bar Minuto Bauli rappresentano una scommessa vinta per lei…

«Direi di sì, l’idea di far gustare tutti i giorni un piccolo dolce lievitato a base pandoro si sta concretizzando. Gli italiani apprezzano la novità ed abbiamo già aperto con successo 13 punti vendita, più uno a Vienna e in primavera quello di New York. È un prodotto che ci consolida nel canale “out of home” e un esempio di ciò che intendiamo per innovazione».

Innovazione che è quindi la terza direttrice di crescita nel futuro. Qualche ulteriore esempio?

«Per il biennio 2024-2025 abbiamo stanziato investimenti in innovazione/sviluppo per 82 milioni, il 50% del totale. Abbiamo lanciato nuove linee di prodotto che rispondono alle esigenze in evoluzione del mercato. Tra queste il recente “Panmoro” al cacao, che è andato molto bene, e nuovi prodotti senza glutine, senza lattosio e anche senza zucchero che riscuotono successo. Puntiamo poi a realizzare una nuova linea di lievitati surgelati. Insomma, l’obiettivo è quello di essere sempre più un’azienda con prodotti consumabili tutti i giorni e non solo in occasione delle cosiddette ricorrenze».

Un mercato dove, peraltro, Bauli è sempre leader e si rinnova. Come dimostra il successo natalizio…

«Sì, a Natale e a Pasqua siamo sempre la prima scelta degli italiani, con una quota sull’intero mercato di oltre un terzo. Dai primi dati sul Natale 2024 vediamo che Bauli si conferma leader con una quota a valore del 75,6% nel segmento “mainstream”, grazie alla fedeltà al marchio e alla capillare presenza distributiva. Inoltre, siamo entrati nel segmento “Premium” con Motta (spinto dalla campagna tv con lo chef Bruno Barbieri, ndr) che ha mostrato un risultato significativo, registrando una quota a valore del 12%».

Bauli è ormai un gruppo internazionale, ma anche un’azienda molto veronese. È un vantaggio o un limite?

«Senza dubbio un vantaggio. Qui c’è la sede, il maggiore stabilimento a Castel d’Azzano e anche il prodotto principe, che evidenziamo anche sulla confezione come il “Pandoro di Verona”. Siamo molto legati alla città. Non è facilissimo portare a lavorare qui i top manager, come abbiamo fatto e continueremo a fare, ma va detto che una volta che conoscono la città e vi si inseriscono tendono a rimanerci per tutta la vita».

In tanti anni da presidente qual è stata la maggiore soddisfazione?

«Direi l’armonia delle famiglie Bauli nella conduzione del gruppo. I tre rami familiari sono uniti e dei tre fratelli della seconda generazione lo zio Carlo a 80 anni è ancora attivo e un esempio per tutti. Dal 1985 l’azienda ha una gestione manageriale, che vede ai vertici un Ceo esterno, dal 2023 Fabio Di Giammarco. Vogliamo che l’ingresso in azienda non sia un privilegio legato al cognome, ma una sfida da meritarsi. Il gruppo ha sei azionisti (Michele, il fratello Enrico, i cugini Carlo Alberto, Chiara e Francesco e lo zio Carlo, ndr) ed è guidato dalla terza generazione della famiglia. Un giorno arriverà la quarta generazione, che attualmente conta ben 12 membri…». 

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