Fabio Puglia, il papà degli umanoidi Made in Italy: «Robee ha enormi potenzialità cognitive»
«Oversonic è stata inserita da CB Insights nella classifica dei player mondiali di robotica umanoide, insieme a Tesla e Boston Dynamics. E noi siamo gli unici italiani». Fabio Puglia, astrofisico, presidente e fondatore della start up italiana che sta portando i robot dentro alle fabbriche, non teme di mostrare l’orgoglio. Da quando il primo prototipo di Robee è arrivato sul mercato sono passati due anni. Quattro anni fa Oversonic Robotics era solo un’ambiziosa idea nella sua testa e in quella del co-fondatore Paolo Denti. Ora è dentro alle fabbriche.
Qual è la genesi di Oversonic Robotics?
«Il nostro ingresso nel mercato avviene attraverso prodotti finiti, ponendo l'accento sulla concretezza. Quello che in genere vediamo riguardo ai robot sono prototipi. Il nostro obiettivo è stato invece sin da principio arrivare sul mercato, testando e affinando i robot, costruendo al contempo prassi interne e attrezzando l'azienda oltre che il prodotto stesso. Non esistono molte aziende di robotica umanoide sul mercato, quindi stiamo esplorando la frontiera che va dal prodotto all'azienda, adottando metodologie specifiche del settore di riferimento, come la robotica e l'automotive. Queste metodologie si adattano al 70% delle esigenze, ma approcci specifici, come testare la relazione vocale con un robot, non si trovano in nessun manuale di manufacturing. Parliamo con i nostri prodotti, possiamo dialogare con la macchina, farla muovere come un uomo e creare una relazione empatica con gli esseri umani».
Come è cambiato Robee rispetto al prototipo una volta entrato in fabbrica?
«Nel 2021 abbiamo sviluppato una versione più compatta del robot. Oggi è capace di muoversi e sollevare oggetti, con un layout estetico che imita i movimenti umani. La macchina ha potenzialità cognitive enormi, integrate con telecamere e reti neurali. Abbiamo collaborato con varie aziende nel settore manifatturiero per il riconoscimento di oggetti e la mobilità autonoma, caratterizzata dalla capacità di prendere oggetti in modo bimanuale. Abbiamo già installato nove robot e altri trenta sono in fase di consegna, con pre-ordini anche nel settore medicale previsti per il 2025».
Come si può inserire un robot in un contesto medicale?
«Siamo un'azienda giovane e anche i nostri ingegneri stanno imparando a fare azienda in modalità completamente nuove. Il mercato della robotica è nuovo e stiamo aprendo il fronte medicale, che richiede meno necessità industriali ma una maggiore capacità cognitiva, come nel caso dell’inserimento di Robee in contesti come le Rsa. Il training che svolgiamo in contesti industriali ci aiuta in questo processo. La nostra esperienza con reti neurali e algoritmi delle macchine, così come il sistema dei giunti è diventato applicabile anche nel settore medicale, dove serve un rapporto di cooperazione diversa tra uomo e macchina, creando una mobilità simile a quella umana. Nell'industria non esiste questo vincolo: un gomito piegato in avanti o indietro è accettabile, mentre in un ospedale potrebbe mettere a disagio il paziente. Noi pensiamo anche a questo, a far muovere il robot come si muove un umano».
Avete prospettive di crescita immense. Ma tassi di incremento di questa natura necessitano anche di supporto finanziario.
«Stiamo crescendo e gestendo ordini, sappiamo che le potenzialità sono enormi. Abbiamo finanziato due aumenti di capitale negli ultimi anni, e il tema finanziario è stato sempre un driver. Abbiamo anche aperto il mercato negli Stati Uniti».
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