Kioene, la next gen della famiglia Tonazzo si fa spazio in azienda

Il noto marchio padovano di piatti a base di proteine vegetali raddoppia le linee di produzione, con i tre cugini Alberto, Gioia ed Enrico che svolgono compiti di primo piano nell’impresa dei genitori Albino e Stefano

Luca Piana
I membri della famiglia Tonazzo impegnati in Kioene: da sinistra, Gioia con il papà Stefano e Albino con i figli Alberto e Enrico
I membri della famiglia Tonazzo impegnati in Kioene: da sinistra, Gioia con il papà Stefano e Albino con i figli Alberto e Enrico

Abituati a lavorare sodo e apparire poco, dei fratelli Albino e Stefano Tonazzo non esistono molte immagini ufficiali. Le più diffuse li ritraggono uno fianco all’altro nello stabilimento di Villanova, di fronte a un espositore dove vengono messi in mostra i nuovi prodotti che la loro Kioene lancia sul mercato. Da oggi in poi, tuttavia, della famiglia di imprenditori padovani che dopo quasi 140 anni di storia ha abbandonato il business della carne ereditato dai nonni e creato il primo produttore d’Italia di piatti a base di verdure e di proteine di origine vegetale, occorrerà parlare con un plurale allargato.

Dai due fratelli Tonazzo, infatti, si passa ai due fratelli più tre cugini, che sono Alberto ed Enrico, figli di Albino, e Gioia, figlia di Stefano, tutti impegnati in azienda in ruoli operativi di primo piano (la secondogenita di Stefano, Gloria, studia ancora).

Un’attesa di cinque anni per poter ampliare la produzione

L’occasione per conoscere i giovani Tonazzo e aggiornare la foto di famiglia è una visita allo stabilimento di Villanova. A febbraio, Kioene ha firmato con il Comune la convenzione per avviare i lavori di raddoppio della fabbrica, che passerà da due a quattro linee, più una serie di nuovi magazzini e strutture complementari. La domanda di ampliamento venne presentata nel marzo 2020, il primo incontro con la comunità per spiegare il progetto si tenne alla fine di quell’anno. «Ci sono voluti cinque anni, un’eternità nella vita di un’azienda, nonostante il bassissimo impatto ambientale dei nostri impianti», si rammarica Albino. «Ci consola il fatto di non essere gli unici, in Italia, a dover aspettare così tanto», gli fa eco Gioia, 31 anni, supply chain manager dell’azienda e dunque la persona che dovrà tenere il ritmo della svolta produttiva. I tempi? «Ci vorrà circa un anno per effettuare i lavori, un paio per arrivare a regime», spiega.

 

La next gen di Kioene

 

Kioene traina il mercato del veg

D’altronde, Kioene va di corsa, più rapidamente ancora di quanto stia facendo il mercato “degli hamburger vegetali”, come si diceva prima che gli scaffali riservati al vegetariano o al veggie si popolassero di prodotti sempre più vari. L’azienda padovana – 39 milioni di ricavi nel 2021, 46 l’anno successivo, 52 nel 2023, un margine operativo lordo (ebitda) che nel triennio è salito da 4,6 a 7,3 milioni – non ha ancora diffuso i l bilancio 2024. Ma i dati mostreranno un’ulteriore crescita: «Nel 2024 il mercato italiano della gastronomia vegetale è cresciuto in volume del 22% rispetto all’anno precedente», spiega Alberto, 37 anni, sales director di Kioene, - «noi siamo cresciuti di più: del 29,7% con il nostro marchio e del 19,2% con le private label che produciamo per la grande distribuzione. Questo significa che Kioene, con il suo brand, sta trainando l’intero mercato».

L’interno dello stabilimento si può visitare solo dall’alto, lungo un corridoio protetto. Al di sotto, infatti, l’ambiente è controllato, con aria filtrata e spogliatoi dedicati per gli addetti. Gli ingredienti - quasi per intero verdure - vengono prima preparati, poi entrano in una trafila che a seconda delle lavorazioni prevede impastatrici, macchine formatrici, friggitrici, forni, abbattitori per i freschi e congelatori per i surgelati, infine confezionamento. Dice Alberto: «Produciamo ormai 136 prodotti nei freschi e 25 nei surgelati. Noi del commerciale cerchiamo di accontentare le richieste di tutti i clienti, che possono essere molto diverse fra loro, mentre loro preferirebbero fare tutti mini-burger».

Il picco delle vendite? Dopo le feste

L’ultima frase con il “loro” è detta con il sorriso e un cenno verso la cugina Gioia, che ha il compito di organizzare la preparazione di tipologie sempre più ampie di prodotti. Quante vaschette escono ogni giorno dall’impianto? «Dipende dal periodo dell’anno», risponde lei, «circa 200 mila nei momenti normali, anche 250 mila quando la richiesta è maggiore». Si scopre così che i consumatori cercano Kioene con maggiore frequenza a gennaio e settembre, dopo le feste. «Un po’ conta la volontà di rimettersi in forma, un po’ la facilità di consumo quando si ha meno tempo da dedicare a cucinare», spiega Albino, ricordando che il successo dell’azienda è stato determinato anche dalla perseveranza nel puntare non solo sulla qualità ma anche su prezzi accessibili, «per non rendere le proteine vegetali una scelta per pochi».

Quando si torna in ufficio, di fronte all’espositore con i vari piatti, è possibile toccare con mano il lavoro di Enrico, 32 anni, l’innovation manager, ovvero colui che guida la fase di sviluppo dei nuovi prodotti. Tra le novità c’è una linea di contorni, così come una crema spalmabile in una confezione dalla forma che richiama il più globale fra i concorrenti classici. Qui, però, invece di agire sul latte di mucca, i probiotici lo fanno su una base di anacardi: «Il nostro obbiettivo è ampliare la gamma e avvicinarci a categorie che oggi non trattiamo. Lo possiamo fare applicando il know how che negli anni abbiamo acquisito lavorando sulle verdure, per ottenere prodotti sempre più gradevoli al gusto», dice Enrico. Fin da subito Kioene aveva deciso di concentrarsi soprattutto su ricette mediterranee, diverse dai “meat analogue” prevalenti in America o nel Nord Europa, che tentano di replicare il sapore della carne. Questa scelta di fondo, oggi, permette un’ulteriore accelerazione: «Stiamo lavorando per semplificare sempre più i nostri piatti, puntando ad arrivare a una lista di ingredienti molto corta, anche solo due-tre ingredienti, in modo da rendere le ricette ancora più comprensibili al grande pubblico», spiega Enrico.

Già in Spagna e in Francia

Dove questi sforzi potranno portare l’azienda in termini economici, Albino preferisce non rivelarlo, anche se un obiettivo a tre anni ce l’ha ben chiaro. L’ottica, comunque, è europea: «Siamo già in Spagna e in Francia», dice, «dove accanto a un competitor globale come Nestlé ci sono concorrenti locali ben affermati. Ma noi vogliamo rafforzarci, sia nell’Europa mediterranea che nel Nord Europa, dove oggi prevalgono i consumi di meat analogue. Pensiamo che, con i cambiamenti in atto negli stili di vita, la nostra vocazione mediterranea possa essere un elemento di forza».—

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © il Nord Est