Vedovotto: «La mia avventura con Kering Eyewear, un gigante da 1,5 miliardi in soli nove anni»
«From zero to hero». Roberto Vedovotto, fondatore, presidente e ad di Kering Eyewear usa questa immagine per raccontare per la prima volta i dettagli di una incredibile avventura imprenditoriale. La sua, ex ragazzo d’oro dell’occhiale, e quella di un’azienda da lui fondata, nata in seno ad uno dei principali conglomerati del lusso, quello di François-Henri Pinault. Il tycoon francese ha sostenuto, credendo nell’intuizione disruptive di Vedovotto, una scommessa che lui stesso definisce impossibile.
Dottor Vedovotto, Kering Eyewear da zero a 1,5 miliardi di ricavi in nove anni, accelerazione da fenomeni.
«È un’incredibile storia di successo, sì. Un progetto rivoluzionario per un settore consolidato come l’eyewear, su cui pochissime persone avrebbero scommesso. Ma François-Henri Pinault (presidente di Kering, ndr) mi ha supportato sin dal primo giorno. Era fine 2013, quando seduto nel suo ufficio ho presentato la mia idea di internalizzazione della categoria, molto diversa dal modello classico di licenza a cui eravamo abituati. Ha capito perfettamente il mio spirito imprenditoriale, che poi era esattamente il suo e quello della sua famiglia».
Sono passati dieci anni da quel primo giorno e ad ottobre festeggerete il vostro decimo anniversario.
«I numeri parlano da soli: nel 2015, anno del nostro primo bilancio, abbiamo fatturato 10 milioni di euro; nel 2022 eravamo sopra il miliardo e nel 2023 abbiamo superato la cifra record di oltre 1,5 miliardi di euro. Sono stati anni caratterizzati da una crescita media ponderata dell’87% dal 2015 ad oggi. L’azienda è profittevole dal 2017 e nel 2023 ha raggiunto i 276 milioni di utile operativo».
È stata un’impennata. Ma nonostante questa velocità avete modificato in fasi anche il vostro modello.
«Alla prima fase di internalizzazione dei brand Kering (tra gli altri Gucci, Bottega Veneta, Saint Laurent, ndr) è seguita l’espansione del portafoglio attraverso la partnership con Richemont nel 2017. Poi la terza fase del nostro percorso di crescita è stata quella delle acquisizioni di nuovi brand e partner produttivi tramite operazioni di M&A. Siamo passati da quattro a 4.000 persone in dieci anni. Come dico sempre alle mie persone, Kering Eyewear è passata “From zero to hero” diventando oggi il leader globale nell’occhiale di lusso, l’azienda con la crescita più rapida di tutto il settore ed il secondo attore mondiale dietro a un colosso con più di 60 anni di storia. Ma rimaniamo con i piedi per terra, continuando a fare ogni giorno del nostro meglio».
Qual è stato il vostro X factor?
«Il primo segreto di questo incredibile successo, il vero motore e la forza dell’azienda, sono le persone. Un gruppo giovane dove l’età media è 37 anni. Ho avuto la fortuna di potermi circondare di un team di professionisti brillanti e di eccezionale talento, che hanno reso possibile quello che agli occhi dei più sembrava impossibile. Siamo partiti in quattro, senza un ufficio, in una stanza presa in prestito da Bottega Veneta a Montebello. Quando siamo arrivati nella nostra sede attuale non avevamo né tavoli né sedie e per risparmiare siamo andati da Ikea. Il portafoglio bilanciato dei nostri brand è un altro elemento. Oggi siamo in grado di offrire alla nostra rete distributiva, capillare ma molto selettiva di oltre 30 mila clienti in tutto il mondo, un range completo dai brand fashion a quelli più timeless, coprendo sia il segmento vista che quello sole. Infine, uno dei pilastri di questo successo è ovviamente il continuo, pieno ed incondizionato supporto di François-Henri Pinault e dei nostri shareholders: Kering e Richemont ».
Come le acquisizioni hanno potenziato il vostro successo?
«La strategia delle acquisizioni è abbastanza recente, e come detto, caratterizza la terza fase della nostra crescita, con l’eccezione di Manufacture Kering Eyewear – precedentemente Manufacture Cartier Lunettes – inglobata a seguito dell’accordo con Richemont. Negli ultimi anni, Kering Eyewear è entrata nella sua fase di espansione anche tramite alcune operazioni straordinarie. Lindberg e Maui Jim, sono i brand migliori nelle loro rispettive categorie, e sicuramente tra le poche realtà ancora indipendenti e particolarmente rilevanti in termini dimensionali sul mercato. Entrambi hanno grandissime potenzialità di crescita».
E sulla manifattura invece?
«Il nostro modello di business sin dall’inizio si è basato sull’outsourcing, collaborazioni strategiche con i migliori partner sul mercato, la maggior parte in Italia, ai quali affidiamo la produzione delle nostre bellissime collezioni in modo mirato, assicurando un livello di qualità e una competenza tecnica ineguagliabili. Le acquisizioni di Manufacture Kering Eyewear, Trenti Industria Occhiali e Unt, ma anche degli stabilimenti di Lindberg, rappresentano delle importanti tappe nella strategia disviluppo industriale. Trenti negli stabilimenti di Perarolo e Tai di Cadore ha duplicato il proprio organico e triplicato i volumi prodotti da quando è stata acquisita da noi».
Se il francese è la lingua delle maison del lusso, la sapienza artigiana, la creatività continua ad esprimersi molto bene in italiano.
«L’artigianalità è alla base del nostro prodotto. Gli occhiali sono oggetti molto complicati e tecnici basati su una tradizione centenaria custodita proprio in Italia, in quella che è la culla dell’occhialeria di lusso, nel distretto del Cadore, in cui questo savoir-faire inimitabile è nato e si è sviluppato. Uno dei compiti della nostra azienda è far sì che questa tradizione non vada persa con il passare degli anni e con il cambio delle generazioni. In Trenti Industria Occhiali abbiamo investito nella creazione di un laboratorio di prototipia interno per supportare sia tale artigianalità, che la continua formazione dei giovani, per rendere il nostro settore interessante ed attraente per le nuove generazioni».
Kering Eyewear nasce a Padova, con un portafoglio di marchi come quello di cui disponete avreste potuto nascere ovunque.
«La nostra presenza in Veneto è radicata e continuerà ad aumentare, non solo grazie alla creazione della nuova sede che sorgerà alle porte di Padova e accoglierà a pieno regime 650 dipendenti, ma anche attraverso la collaborazione con i nostri partner produttivi, la maggior parte presenti proprio in questo territorio. I nostri nuovi uffici saranno un’opera d’arte che certamente diventerà una meta per gli appassionati di architettura e non solo, ma sarà soprattutto un regalo che in qualche modo vogliamo fare a Padova e alla comunità, portando degli architetti di fama mondiale a realizzare un progetto senza eguali. E poi c’è l’hub logistico di Vescovana, inaugurato nel 2018, dove lavorano più di 200 persone. Un centro innovativo che, con i suoi 15 mila metri quadri di superficie e oltre mille metri di nastri trasportatori automatizzati, nel 2023 ha distribuito di più di dodici milioni di pezzi in tutto il mondo».
Riproduzione riservata © il Nord Est