Energia, la scommessa sul calo dei prezzi
Più ancora che la conta dei danni subiti finora, pesa l’incertezza, l’impossibilità di stimare le spese da sopportare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. In un territorio a forte vocazione manifatturiera come il Triveneto, il peso del caro-energia si fa sentire più che altrove, andando a colpire alcuni settori più di altri. «Le acciaierie vivono alla giornata perché devono fare i conti con un doppio problema: i prezzi mediamente alti dell’energia e la presenza di fiammate improvvise verso l’alto», racconta Stefano Ferrari, direttore ufficio studi di Siderweb. «La conseguenza è che le industrie di settore spesso omettono di fare acquisti anche a fronte di una domanda di prodotti per non dover lavorare in perdita».
Una situazione difficile da reggere nel medio periodo, considerato che alla base di ogni iniziativa imprenditoriale c’è una programmazione basata proprio sulle aspettative di entrate e uscite. Nel caso specifico, poi, va considerato che i forni (in Italia dominano quelli elettrici, che hanno bisogno di molta energia per fondere rottame, a differenza degli altoforni diffusi negli altri Paesi europei) hanno bisogno di funzionare a regime per essere efficienti; se vengono azionati a strappi, è frequente che emergano problemi di funzionamento. A questi nodi si aggiunge poi il calo della domanda, particolarmente forte da aprile in avanti. «Allo scoppio della guerra in Ucraina c’è stata la corsa a fare magazzino, nella previsione di un rialzo dei prezzi; oggi invece molte aziende scommettono su un calo delle quotazioni energetiche e aspettano a comprare. Le prossime settimane diranno se si tratta di una previsione azzardata o meno», aggiunge Ferrari.
Non diversa la situazione rilevata da Fabio Zanardi, presidente di Assofond, nonché amministratore delegato della Zanardi Fonderie con sede a Minerbe: «A gennaio 2021 il prezzo spot dell’energia elettrica si aggirava sui 60 euro a MWh, nella primavera di quest’anno siamo arrivati a 308 euro, un valore insostenibile che ha portato diverse aziende a programmare una fermata della produzione perché produrre non era più conveniente». Qualche numero aiuta a rendere meglio la drammaticità della situazione. «Se guardiamo a una fonderia di ghisa a forno elettrico che fattura 50 milioni di euro all’anno, in tempi normali i costi energetici annui non superano i 5 milioni. Nel 2022, a parità di produzione, la stessa fonderia pagherà non meno di 15 milioni». Per questa ragione, spiega, c’è un aumento dei prezzi di vendita, pur nella consapevolezza che il punto di rottura si avvicina.
Guardando al sistema imprenditoriale nel suo insieme, merita una menzione quanto evidenziato da un sondaggio di Confindustria Venetocentro tra i suoi associati. Emerge che la crescita dell’industria sta frenando per gli effetti del caro energia (+9,9% nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2021 contro il +15,4% nel trimestre precedente). Un risultato sostenuto soprattutto dal fatturato estero (+18,1%), in particolare nei mercati extra-Ue (+20,1%). L’impennata delle commodity aggrava la pressione sui margini aziendali, a seguito della limitata capacità di trasferire sui prezzi di vendita i rincari. «Gli effetti del conflitto, gli ulteriori rincari di energia e altre commodity e la scarsità di materiali si stanno traducendo in un rallentamento di tutti i principali indici, incertezza e volatilità», sottolinea Leopoldo Destro, presidente dell’associazione che rappresenta gli imprenditori di Padova e Treviso. «Questo pesa su costi e investimenti delle imprese, erode pesantemente i margini, al punto che si paventa il rischio di una riduzione della produzione di molte aziende manifatturiere, una su quattro a questi livelli di prezzo, se il conflitto durerà oltre i prossimi tre mesi».
In uno scenario in cui si naviga a vista, va segnalata l’iniziativa della Regione Veneto, che ha approvato un progetto di legge per promuovere l’istituzione delle comunità energetiche e di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente. Una misura che favorirà la conversione all’autoproduzione e all’autoconsumo, secondo il presidente di Cna Veneto, Moreno De Col. Per il quale occorre andare avanti sulla strada delle riforme. «Occorre sburocratizzare per sostenere il fotovoltaico come autoconsumo in generale e consentire il giro di boa alle nostre imprese, che devono essere messe nella posizione di poterlo attuare senza orpelli burocratici».
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