Esportazioni trascinate da Stati Uniti e Cina

I cali del 2020 inferiori a quelli della crisi 2009: merito della seconda parte dell’anno, che sta trascinando anche il 2021

Ancora per qualche settimana si navigherà a vista. Almeno fino a maggio, quando si avrà un quadro più preciso sull’andamento della campagna vaccinale. È la sensazione diffusa tra analisti e imprenditori in merito alle prospettive di ripresa per l’anno in corso.

A guardare i consuntivi dei vari settori relativi al 2020 emergono andamenti fortemente negativi come era normale attendersi alla luce della pandemia in corso, ma anche una generale capacità di resistenza territoriale, che pone le basi per una ripresa robusta. Che, a questo punto, dipenderà in larghissima parte da fattori esterni.

Dopo il pesantissimo -8,9% registrato dal Pil italiano nel 2020, per quest’anno l’Ocse si attende un rimbalzo del 4,1% (con un +5,6% del Veneto, secondo il Bollettino Socio-Economico regionale, e un +5,1% del Friuli Venezia Giulia, in base a quanto stimato Confindustria Udine), mentre per il 2021 la prospettiva è di un’economia in crescita di un altro 4% contro il +0,9% indicato dalla stessa Ocse a dicembre.

È il segnale che la struttura produttiva si è mostrata solida nelle difficoltà e il motore della ripresa sta aumentando i giri, in attesa di capire come evolverà la pandemia. Senza trascurare che dagli Stati Uniti alla Cina la crescita attesa per l’anno in corso è superiore al 6% e il Triveneto potrà sfruttare la sua tradizionale vocazione all’export per crescere all’estero.

Secondo i dati Istat, lo scorso anno le imprese venete hanno perso 5,3 miliardi di fatturato estero (-8,2% sul 2019), attestandosi poco sotto quota 60 miliardi, mentre quelle del Friuli Venezia Giulia hanno visto calare le vendite oltrefrontiera a 1,2 miliardi, fermandosi a 14,3 miliardi di euro (-8,2%). Per le aziende trentine il prezzo della crisi Covid è stato anche più alto (-13,7%), mentre quelle altoatesine hanno limitato i danni (-3,5).

In tutti i casi si tratta di cali inferiori a quelli registrati nel 2009, l’anno in cui è scoppiata la crisi finanziaria mondiale. Merito soprattutto del buon andamento nella seconda metà del 2020, che sta avendo un effetto trascinamento in questo primo scorcio di 2021.

Le ultime previsioni di Prometeia stimano per il Veneto un rimbalzo delle esportazioni di beni verso l’estero quest’anno del +6,7% e i primi dati vedono la ripartenza grazie al traino dai Paesi extra-Ue. Un ottimismo confermato dall’indagine VenetoCongiuntura della Unioncamere regionale, secondo cui oltre un terzo delle imprese ha già registrato un aumento della domanda internazionale nel primo bimestre.

Anche per il Friuli Venezia Giulia la situazione è in miglioramento, dopo che già nel quarto trimestre 2020 l’indagine congiunturale della Confindustria regionale ha registrato un miglioramento della manifattura (+12,8% le vendite e +9,3% gli ordinativi, sempre rispetto allo stesso periodo del 2019).

Segnali simili arrivano da un comparto cruciale come la meccanica, che già lo scorso anno aveva retto più dei concorrenti tedeschi e francesi e ora va concentrando la propria attenzione verso gli Stati Uniti. Ancora meglio è posizionato il comparto alimenti e bevande, che si è difeso egregiamente sul fronte export (-1,7%) e ora punta a intercettare la forte ripresa internazionale dell’economia, mentre tra i settori che incidono meno sulle esportazioni, buone performance sono state messe a segno dagli apparecchi elettronici (+6,5%) e dai prodotti agricoli (+2,9%).

Più difficile è la situazione del turismo, che si appresta a una nuova stagione estiva con arrivi centellinati dall’estero e comunque sotto la media tra gli italiani. Dopo che già il 2020 aveva fatto segnare uno stop della crescita delle imprese venete del settore, che durava da 20 anni (senza soste nemmeno dopo l’11 settembre e la crisi finanziaria), anche quest’anno è iniziato molto male secondo le rilevazioni della Fondazione Think Tank Nord Est, che ha analizzato i settori della ricettività, agenzie di viaggio e tour operator, bar e ristoranti, trasporti e noleggi, cultura, eventi e attività ricreative.

Tutti gravemente colpiti dallo stop agli spostamenti e dalle misure anti assembramento. Considerato che le imprese di questi comparti solo nella stragrande maggioranza realtà di piccole dimensioni, il rischio che molte non riescano a fronteggiare ancora a lungo i costi fissi (dal personale alle locazioni) che permangono anche durante le chiusure è elevato. I ristori non bastano, spiega il presidente dell’organizzazione Antonio Ferrarelli, che auspica l’accesso a finanziamenti agevolati garantiti, aumentando l’importo massimo per azienda.

Le previsioni fin qui elaborate tendono ad attribuire un contributo limitato ai fondi in arrivo dall’Europa, nella convinzione che gli effetti cominceranno ad avvertirsi davvero dal 2022. Se invece le tempistiche saranno più rapide, e la pandemia perderà vigore con l’arrivo della bella stagione, lo scenario per il Triveneto potrà essere potrà essere decisamente migliore.

A cominciare dal comparto costruzioni, che lo scorso anno ha registrato flessioni a due cifre percentuali e che ora comincia a vedere qualche spiraglio di luce grazie alla corsa delle ristrutturazioni spinta dal bonus 110%.

I soldi del Recovery Plan potranno risultare decisivi, avverte la Cgia di Mestre, per sostenere la ripresa strutturale dell’economia, ma è importante che vengano spesi bene. Un’opportunità simile (200 miliardi a livello nazionale tra concessioni a fondo perduto e prestiti a tasso super-agevolato) difficilmente ricapiterà.—

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