Estrazioni in Alto Adriatico, il fronte dei contrari resiste
Carraro (Confindustria) e Regione Veneto: parliamone. No di Cgil, M5S e ambientalisti

La produzione di gas metano in Italia dal 1950 al 2021 è stata di 798 miliardi di metri cubi. Il picco della nostra produzione si è registrato nel 1994 con 21 miliardi l’anno. Nel 2021 siamo precipitati a 3,3 miliardi di metri cubi (la soglia minima dal 1954). È Nomisma Energia a fornire i dati dell’estrazione del gas nel nostro Paese e ipotizza una cifra che si avvicina a 50 miliardi di metri cubi a circa 40 chilometri da sfruttare al largo di Venezia.
Sui nuovi giacimenti fa leva il governo per superare la crisi energetica. Le zone interessate in mare sono principalmente nell’Alto Adriatico, Tirreno e Mediterraneo. Noi per scelta legislativa siamo fermi nella ricerca di nuovi pozzi dal 2019, mentre poco lontano, in Croazia, continuano a perforare. «Già difficile prima del conflitto in Ucraina, ora la situazione sta peggiorando - spiega Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto - il costo dell'energia supererà i 50 miliardi quest'anno, più di una manovra finanziaria. L'aumento si ripercuoterà su tutta la filiera, ci sarà una deriva inflazionistica e una parte andrà ad erodere la marginalità di alcune imprese in maniera importante».
Il governo si sta muovendo per aiutare le imprese, ma ci vorrà del tempo. La mappa pubblicata dal ministero della Transizione ecologica si chiama Pitesai, in più di 200 pagine individua i punti del territorio nazionale in cui sarà possibile avviare la ricerca e la coltivazione di idrocarburi (no petrolio). «In passato ci siamo permessi il lusso di accentrare i nostri acquisti del gas con la sola Russia - aggiunge Carraro -, ora stiamo correndo ai ripari, rafforzando il Tap e gli acquisti dell’Algeria: dobbiamo riuscire come Paese ad essere meno dipendente dalla Russia. Con Confindustria siamo parte attiva per risolvere i problemi, fornendo proposte al governo. Abbiamo parlato con l'assessore Marcato per sollecitare la regione per la riapertura di alcuni pozzi in Alto Adriatico, non si parla di nuove trivellazioni, ma di pozzi già esistenti».
Secondo le ricostruzioni di Staffetta Quotidiana, 1,5-2 miliardi di metri cubi possono essere recuperati da attività di perforazione di pozzi aggiuntivi e, in parte minore, da attività di manutenzione straordinaria dei pozzi esistenti. L’assessore veneto allo Sviluppo economico ed Energia Roberto Marcato ha creato un Tavolo di concertazione con le categorie economiche venete: «Servono provvedimenti emergenziali per sostenere le aziende colpite dai rincari energetici e occorre impegnarsi per recuperare il tempo perduto rispetto agli investimenti sulle energie rinnovabili e nuove fonti di energia».
Il tema principale è l’impatto della crisi energetica, aggravata dal conflitto in Ucraina. «In maniera unanime i rappresentanti del mondo produttivo hanno espresso la forte e improrogabile necessità di arrivare all’autonomia energetica – ha spiegato Marcato –. Per l’immediato va sottolineato che, obtorto collo, bisogna aumentare l’estrazione di gas e riattivare le centrali a carbone, come hanno già fatto Paesi considerati all’avanguardia nelle politiche ambientali, come ad esempio la Germania. Dal canto nostro stiamo investendo per far diventare il Veneto, nello specifico di Porto Marghera, il polo dell’idrogeno a livello nazionale».
Servirebbe comunque tempo per aumentare significativamente la produzione di gas made in Italy. «Le dichiarazioni del presidente Zaia sulle nuove trivellazioni nell'alto Adriatico vanno, a nostro avviso, nella direzione sbagliata - spiega Christian Ferrari, segretario Cgil del Veneto - e a corroborare questa convinzione sono i numeri. Le nuove estrazioni di gas aumenterebbero marginalmente la produzione e lo farebbero tra molti anni. Un tempo che non ci possiamo permettere. Se anche riuscissimo a raddoppiarla, non riusciremmo a coprire nemmeno il 10% del nostro fabbisogno».
Contro le trivellazioni in Alto Adriatico da sempre il Movimento 5 Stelle. «Il problema dei costi dell’energia non si risolve con le trivellazioni – dice la consigliera regionale Erika Baldin (M5S) che, assieme al consigliere Arturo Lorenzoni (gruppo Misto) ha presentato una mozione contro l’aumento delle estrazioni – perché il nostro gas è troppo poco rispetto al fabbisogno. Nella laguna veneta, secondo Legambiente, ci sono metri cubi sufficienti a coprire al massimo tredici mesi di consumi».
Per gli industriali veneti sono da rivedere ora i piani della transizione ecologica ed energetica. «Il futuro è sulle rinnovabili, ma i tempi di conversione devono essere più lunghi - conclude il leader degli industriali Carraro -. Bisogna ridisegnare il percorso al 2030, essere più pragmatici e coscienti che alcuni obiettivi erano difficili prima della guerra, oggi più complicati».
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