Esuberi in Ferriera, nessun dietrofront e sindacati compatti: «Sciopero unitario»
Il tavolo convocato in Regione si chiude con un nulla di fatto per i 20 lavoratori in uscita. Confederali e autonomi insieme
L’incontro di ieri nel palazzo della Regione in piazza Unità che ha visto seduti attorno al tavolo gli assessori della giunta Fedriga, i sindacati, i rappresentanti dei lavoratori nello stabilimento, la proprietà dell’azienda e Confindustria.
TRIESTE. Da una parte Regione e sindacati, dall’altra Siderurgica Triestina. Si è chiuso con una fumata nerissima e con l’annuncio di un nuovo sciopero il tavolo di confronto convocato ieri a Trieste per tentare di disinnescare la mina dei primi venti contratti a tempo determinato non rinnovati dalla proprietà della Ferriera di Servola e destinati a essere assunti da un’azienda metallurgica a San Giorgio di Nogaro.
Nonostante le pressioni, l’azienda non ha ammesso passi indietro e si è limitata a dare la disponibilità ad aprire un ennesimo tavolo di confronto con i sindacati, usciti dal vertice annunciando la fine dei dissidi fra confederali e autonomi: la prossima settimana vedrà la prima mobilitazione unitaria, nel tentativo di mettere alle spalle la quasi nulla partecipazione allo sciopero di ieri.
Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Failms e Usb hanno manifestato delusione per l’assenza al tavolo del presidente Massimiliano Fedriga (fuori gioco per un’indisposizione) e hanno minacciato di non abbandonare il tavolo fino al congelamento dei mancati rinnovi dei venti esuberi, ma le parti sono rimaste sulle proprie posizioni e i sindacati denunciano che entro febbraio saranno costretti a lasciare una sessantina dei 76 lavoratori a tempo oggi assunti alla Ferriera.
«Tavolo assolutamente inconcludente», ha esordito all’uscita dal palazzo della Regione il segretario provinciale della Uilm Antonio Rodà, secondo cui «non resta che fare una mobilitazione generale di tutti i lavoratori o discuteremo del destino delle persone con gli operai già fuori dalla porta». Per il collega della Fiom Marco Relli «siamo partiti malissimo» e secondo Umberto Salvaneschi «la soluzione per questi primi venti lavoratori è il banco di prova per la gestione della riconversione». Dopo la divisione fra confederali e autonomi, Failms e Usb hanno annunciato la mobilitazione assieme a Cgil, Cisl e Uil. Il segretario della Failms, Christian Prella, ha sottolineato che «la salvaguardia di tutti i posti di lavoro ad oggi non c’è e il mancato rinnovo ai primi lavoratori è un atto gravissimo: ora parte la fase di mobilitazione generale con un coordinamento unitario».
Per Mirco Relli, responsabile nazionale Siderurgia della Fiom, «l’azienda non può creare problemi occupazionali prima di presentare un piano industriale e per giunta chiedendo soldi pubblici. La scelta di Arvedi è liberarsi di questi lavoratori prima di un confronto sindacale. Visto questo comportamento unilaterale e irresponsabile chiederemo al ministro di convocare un incontro, senza escludere una immediata mobilitazione».
L’assessore al Lavoro Alessia Rosolen ha sottolineato durante la riunione che gli interventi dell’azienda sui livelli occupazionali non potranno cominciare prima della chiusura dell’accordo sul piano industriale di Siderurgica. «La tutela dei livelli occupazionali è la priorità – ha detto l’assessore – e la Regione ha chiesto all’azienda di bloccare qualsiasi decisione unilaterale prima della valutazione complessiva del piano industriale. Piano industriale e riconversione degli occupati devono andare di pari passo: la vicenda esige la massima serietà. L’individuazione di un percorso condiviso non prevede imposizioni». Rosolen ha sollecitato le parti ad affrontare quanto prima il tema dei tempi determinati su un tavolo di confronto sindacale.
Dal canto suo Siderurgica fa sapere che non ritiene percorribile la proroga dei venti contratti scaduti da oggi, perché il rinnovo richiederebbe la stipula di tempi indeterminati per effetto del decreto Dignità. La società ha dunque optato per l’immediata ricollocazione a San Giorgio, al fine di tutelare i lavoratori con maggiore anzianità, parte dei quali passerà dall’area a caldo all’area a freddo, in sostituzione dei neoassunti a tempo determinato.
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