Ex Ilva, contenzioso Arcelor-Cimolai: gli indiani rescindono il contratto

UDINE. L’opera è arrivata al 99%, e ArcelorMittal decide di andare alla rescissione del contratto con la Cimolai. Parliamo dei lavori di copertura del parco minerale e del parco fossile di Taranto, opere cruciali per contenere la dispersione delle poveri nell’aria, di cui stata incaricata l’azienda pordenonese.
Il committente è l’impresa franco-indiana ArcelorMittal, ora peraltro in uscita da Taranto, che qualche giorno fa ha inviato alla Cimolai una lettera di recesso del contratto per i lavori di copertura dei Parchi primari, tra gli interventi non ancora completati previsti dall’Aia, iniziati l’1 febbraio 2018. ArcelorMittal, nella missiva, ha elencato una serie di contestazioni, che la Spa pordenonese respinge al mittente definendole come «una sorprendente distorsione della verità».
Ad essere contestate sarebbero «la condotta e l’atteggiamento di Cimolai durante l’esecuzione dei lavori, soprattutto negli ultimi mesi, che hanno compromesso la fiducia di ArcelorMittal nei suoi confronti» e sono reputati «incompatibili con la prosecuzione dei rapporti contrattuali inter partes».
Sempre secondo ArcelorMittal, Cimolai «a partire da luglio 2019 ha formulato pretese economiche del tutto infondate (con riguardo, tra l’altro, a presunte accelerazioni e variazioni in aumento nell’esecuzione dei lavori), nonché illegittimamente rifiutato di riconoscere le decurtazioni sul prezzo dei contratti» a cui ArcelorMittal avrebbe avuto diritto. Nella lettera si cita una richiesta di Cimolai di adeguamento del valore di alcune opere «senza fornire alcuna spiegazione o documento di supporto».
Infine si citano i contenuti dell’audizione informale svoltasi in ottobre davanti alla Commissione attività produttive della Camera, nel corso della quale il direttore tecnico della Cimolai avrebbe reso «dichiarazioni false, offensive e irresponsabili riguardanti i rapporti con ArcelorMittal».
Alla mossa della multinazionale, Cimolai avrebbe già risposto in due lettere di fine novembre e inizio dicembre, avanzando una serie di rilievi evidenziando «l’estrema delicatezza della situazione anche sotto il profilo ambientale della intera popolazione della città di Taranto, oltre che per la tutela dei numerosi lavoratori addetti ed impiegati nello stabilimento siderurgico» non essendo «ad oggi le lavorazioni della scrivente ancora ultimate».
Il gruppo pordenonese replica oggi alle accuse di ArcelorMittal definendole, come detto, come una «sorprendente distorsione della verità» e annuncia che «i vertici e il management della Cimolai sono impegnati nell’individuazione delle migliori soluzioni per garantire la riconsegna delle aree in massima sicurezza» e che «la condotta di ArcelorMittal è allo studio dei legali dell’azienda per la migliore tutela dei propri diritti e della propria immagine reputazionale».
Cimolai in una nota precisa di aver «eseguito correttamente le opere ad essa affidate – ossia il 99,5% del Parco Minerale e il 96% del Parco Fossile – senza alcuna contestazione dei lavori da parte di ArcelorMittal» e di aver avanzato «plurime richieste di confronto» alla ArcelorMittal che «si è rifiutata di dare seguito alle stesse, rigettando espressamente il contraddittorio».
Secondo l’azienda pordenonese, i contratti «non sono stati rescissi per inadempimento della Cimolai ma ArcelorMittal ha esercitato il diritto di recedere unilateralmente dagli stessi, recesso in relazione al quale la Cimolai si riserva espressamente ogni azione», ricordando di aver ricevuto una convocazione davanti alla Commissione parlamentare il 20 ottobre 2020, occasione in cui «l’ingegnere Marco Sciarra (direttore tecnico) ha rilasciato dichiarazioni totalmente rispondenti ai fatti e in nessun caso «false, offensive ed irresponsabili».
Cimolai ritiene dunque di aver operato in «piena correttezza», peraltro in «un momento di particolare delicatezza per la cittadinanza di Taranto».
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