Fermo pesca in Alto Adriatico, Chioggia teme i giorni aggiuntivi di stop

Parla Spinadin, responsabile regionale di Confcooperative: «Non siamo contrari alla sospensione sino al 6 settembre ma è evidente che un’impresa non può lavorare solo cinque mesi all’anno»

CHIOGGIA. «I pescatori chioggiotti hanno mostrato grande maturità nel periodo post Covid ma sono preoccupati dalle giornate aggiuntive di stop oltre al fermo pesca». È Marco Spinadin, responsabile regionale di Confcooperative Fedagripesca, a lanciare il grido d’allarme per le imprese di pesca di Chioggia, attualmente in fermo biologico obbligatorio.

Pescherecci fermi dal 31 luglio e per tutto il mese di agosto e la prima settimana di settembre rimarranno ormeggiati nei canali cittadini senza possibilità di uscire. In mare si tornerà solamente il 7 settembre e in questa lunga sosta, imposta per rigenerare la risorsa ittica, si farà manutenzione agli scafi, con i cantieri che lavoreranno a pieno ritmo, come ogni anno. Nessuno, o quasi, in sostanza è contrario al fermo pesca, ma lascia più di qualche perplessità il fatto che le giornate di fermo per il Covid non siano state conteggiate tra le aggiuntive che si devono rispettare durante l’arco dell’anno.

«Non ci sono contrarietà al fermo biologico», spiega Spinadin, «ma solo qualche pescatore che pensava di non fermarsi in quanto già c’era stato lo stop in marzo per il Covid, ma in sostanza tutti sono d’accordo sui periodi di fermo. Non solo, ma i pescatori di Chioggia, durante il Covid, facendo parte della filiera agroalimentare, avrebbero potuto anche lavorare, ma, molto intelligentemente, non lo hanno fatto e poi hanno trovato un accordo che ha permesso loro di mantenere un minimo di reddito nonostante la caduta delle richieste, dovuta alla chiusura dei ristoranti.

«Ebbene in quel periodo hanno deciso di contingentare le uscite in mare: due giorni per i rapidi (i cosiddetti ramponi) e tre giorni per i divergenti, mantenute fino al 31 luglio, giorno d’inizio del fermo pesca biologico, mentre i più piccolini avevano comunque deciso di scegliere il numero di pesca settimanali» . Più di un mese di sosta, ma poi, fino a Natale, ci dovranno essere obbligatoriamente altri giorni di pausa.

«Ed è questo», prosegue Marco Spinadin, «a preoccupare maggiormente gli armatori. Va benissimo il fermo biologico, perché la risorsa deve riposare, ma la sostenibilità ambientale deve andare di pari passo con la sostenibilità economica e sociale: sotto i 140 giorni di pesca all’anno l’impresa non sta in piedi, è il limite di sopravvivenza.

«Per questo motivo molti pescatori pensavano che, visto lo stop forzato causato dall’epidemia, non dovessero esserci giornate di fermo aggiuntive oltre il biologico. Invece, a quanto pare, secondo alcuni studi, le specie demersali, ovvero il pesce da fondali, sogliole e altro, sono sottoposte a uno stress da pesca ancora troppo elevato, con uno sfruttamento della risorsa oltre il consentito e così hanno raccomandato di rispettare le quote di giornate (stop aggiuntivi) che, in base alla stazza della barca, dovranno essere di dieci, quindici o venti giorni.

«Lo sforzo i pescatori lo avevano già fatto ma purtroppo questa è una raccomandazione che viene calata dall’alto, da un organismo internazionale, il CGPM (General Fisheries Commission for the Mediterranean), con cui, anche per la mancanza di un direttore generale della direzione pesca nazionale (Riccardo Rigillo è stato nominato da poco), abbiamo fatto fatica a confrontarci. Il settore è in perdita, ma speriamo di recuperare in autunno». —

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