Ferriera di Servola: "Il risanamento procede"

E la proprietà annuncia un riassetto societario: lo stabilimento triestino passerà ad Acciaieria Arvedi, mentre Siderurgica Triestina conserverà la parte della logistica portuale.

TRIESTE - "Un incontro estremamente proficuo".

Così la presidente del Friuli Venezia Giulia e commissario straordinario per l'attuazione degli interventi della crisi industriale complessa di Trieste Debora Serracchiani ha giudicato l'appuntamento a Trieste sulla Ferriera di Servola.

All'incontro, richiesto dalle organizzazioni sindacali, presenti con le Rsu e i rappresentanti di categoria, ha potuto partecipare anche il cavalier Giovanni Arvedi, proprietario di Siderurgica Triestina e fondatore del Gruppo Arvedi.

"E' stata l'occasione per fare il punto su uno stabilimento - ha riassunto Serracchiani - che sta avendo uno sviluppo importante, con grandi cambiamenti, e per verificare che l'attuazione dell'accordo di programma (siglato con il Governo, del 2014) sta procedendo anche con il risanamento ambientale".

"Siamo consapevoli - ha aggiunto Serracchiani - di non avere la bacchetta magica: dobbiamo continuare a lavorare sia sulla parte acustica sia sulla parte degli odori oltreché sugli impianti".

Importanti le informazioni rese da Arvedi. Il fondatore del Gruppo ha annunciato che dal 1 gennaio 2017 si concretizzerà il conferimento del ramo d'azienda che include gli impianti e un'ampia porzione dell'attività dello stabilimento triestino ad Acciaieria Arvedi, mentre Siderurgica Triestina conserverà la parte della logistica portuale.

L'operazione, finalizzata a un rafforzamento industriale, richiede dal punto di vista formale alcuni passaggi in via di perfezionamento che porteranno una parte prevalente dei dipendenti in capo ad Acciaieria Arvedi, fermo restando che entrambe le società del Gruppo, Siderurgica Triestina e Acciaieria, sono interamente controllate da Finarvedi.

Per Trieste il proprietario dello stabilimento ha indicato la priorità industriale nella crescita di competitività della ghisa, anche attraverso misure di efficientamento dell'altoforno, e giudicato fondamentali l'entrata a regime e la crescita progressiva della produzione di acciaio dal nuovo laminatoio e lo sviluppo della logistica verso terzi.

I rappresentanti sindacali hanno apprezzato le prospettive di sviluppo del sito servolano, ricevendo anche aggiornamenti rispetto alla posizione dei 30 lavoratori che erano rimasti in capo alla Lucchini e il cui percorso di formazione e reinserimento è seguito dalla direzione regionale del Lavoro.

Rsu e sindacati hanno chiesto, allo stesso tempo, che il riassetto societario non determini una duplicazione delle relazioni sindacali, ricevendo garanzie dall'azienda siderurgica sull'attivazione di un percorso condiviso.

Dalle parti sociali è stato quindi ribadito che sul monitoraggio ambientale, che riguarda anzitutto la sicurezza dei lavoratori, l'agenda pubblica si attenga alle rilevazioni scientifiche dell'Arpa, che indica risultati confortanti, in modo da evitare processi di disinformazione e strumentalizzazione.

Da parte sua Serracchiani ha reso noto di aver richiesto che le tasse degli impianti triestini continuino a essere versate in Friuli Venezia Giulia, a prescindere della ricomposizione delle partecipazioni societarie.

L'incontro a Trieste è coinciso con la Giornata d'azione europea a sostegno di un futuro sostenibile della siderurgia, in occasione della quale i lavoratori europei hanno contestato la prospettiva di un continente senza acciaio. Anche da questo punto di vista l'incontro è stato giudicato dalla presidente del Friuli Venezia Giulia "molto importante, perché è stata l'occasione per parlare di siderurgia in una giornata interessata da uno sciopero a livello europeo. Il cavalier Arvedi - ha aggiunto la presidente della Regione - ha potuto esporre la sua preoccupazione circa ciò che sta accadendo in uno dei più grandi stabilimenti italiani, Taranto, che interessa Trieste e Cremona", sede quest'ultima del Gruppo Arvedi. In sostanza l'Italia - è la tesi espressa dal proprietario del Gruppo cremonese - non può permettersi di restare senza produzioni di acciaio, pena la perdita di un ruolo industriale e una penalizzazione nella sovranità economica.

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