Ferriera, la piazza si svuota e la protesta si sgonfia «Ci hanno abbandonati, siamo sfiduciati»
TRIESTE. Il fatto che ieri ci fossero non più di 50 persone, a protestare sotto il palazzo della Regione, secondo alcuni dei presenti si spiega in maniera «molto semplice: non c’è più fiducia verso le istituzioni». Con un esiguo numero di presenze in piazza, senza neanche una bandiera sindacale dispiegata, il futuro si fa sempre più incerto, agli occhi dei lavoratori della Ferriera. Anzi. Ai timori sui destini occupazionali adesso si aggiungono quelli per le condizioni di sicurezza all’interno dello stabilimento, su cui a partire da oggi peserà il graduale venir meno di una parte della manodopera esterna.
A descrivere l’atmosfera di «disillusione» che ieri si respirava nello spiazzo di via dell’Orologio sono stati in particolare tre operai del complesso di Servola, Fabrizio Blasi, Sergio Ziani e Luca Bevilacqua. Tra di loro c’è chi lavora da quando aveva 15 anni, avendo provato le più svariate professioni: adesso che ne ha 50, spera di «lasciare il posto a qualcuno di giovane, in futuro». E c’è chi invece è in Ferriera da quando ne aveva 22, una vita fa: «Ricordo le tante manifestazioni, a partire da quella del 1994. Allora la città era con noi, compresi sindaco e vescovo. In piazza eravamo più di mille. I tempi sono cambiati: si parla di città turistica, che non vuole più il cosiddetto mostro sul mare. Ma ciò va a discapito nostro: restiamo gli unici a farne le spese».
Secondo i tre «ormai c’è una mancanza di fiducia diffusa tra tutti i colleghi. Ci siamo presentati tante volte fuori da questo palazzo. Ogni anno è la stessa storia: a settembre si chiude. Stavolta però è peggio, perché le istituzioni ci remano contro. E siamo rassegnati. Ci troveremo senza lavoro, con una cassa integrazione che non può bastare, chiedendoci se domani arriverà o meno la pagnotta. A 50 anni e passa chi ci assumerebbe?» . Come detto, a ciò si aggiunge la preoccupazione per le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro: «Stiamo letteralmente in mezzo alla polvere. Ci sono nastri che perdono, si rompono, devono essere cambiati. Eppure da domani (oggi, primo novembre, ndr) scattano i tagli alle ditte esterne di pulizie e di manutenzione, che d’ora in poi lavoreranno perlopiù a chiamata. Il timore è che ci possa scappare il morto, in queste condizioni».
Sotto il palazzo della giunta c’era anche Igor Sale, uno dei 17 operai del laminatoio (cui si aggiungono tre dell’area a caldo) che non si è visto rinnovare il contratto, scaduto proprio ieri. «L’azienda pensa di ricollocarci ma non sappiamo ancora dove», ha spiegato Igor, che ha 37 anni ed è uno dei «lavoratori più anziani dell’area a freddo. Qui infatti l’età media è molto più bassa. Ci sono colleghi che hanno solo 19 anni. Ragazzi che devono pagare l’affitto, le bollette e così via. La speranza è che le istituzioni ascoltino le nostre testimonianze: così magari così potranno rendersi conto delle tante situazioni personali in essere».
Al presidio erano presenti infine alcuni esponenti diversi politici, tra cui i consiglieri regionali Francesco Russo (Pd) e Furio Honsell (Open Sinistra Fvg). Sempre di Open, c’erano il presidente Giulio Lauri e Sabrina Morena, consigliera a Trieste. Nel Consiglio comunale del capoluogo regionale siede anche Antonella Grim (Italia Viva), che ha fatto sapere tramite una nota: «Continuo a essere basita dalla superficialità con cui si vuole dismettere una realtà industriale regolarmente operante. Mi domando inoltre se le amministrazioni regionale e comunale si preoccupino delle difficoltà in cui versano altri soggetti, come Wartsila o Flex. Esiste una strategia industriale per territorio? E per la siderurgia italiana? Ci sono interlocuzioni in tal senso con il ministro Patuanelli?».
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