Azioni e obbligazioni nelle quote 60-40% la formula evergreen che salva il patrimonio
Fra gli investitori l’incertezza favorisce l’orientamento alla cautela
I listini americani e l’oro che negli ultimi mesi hanno toccato a più riprese i rispettivi record storici. Il reddito fisso in portafoglio che si è rivalutato scontando nuovi tagli ai tassi ufficiali tra le due sponde dell’Atlantico che oggi appaiono meno probabili di qualche settimana fa. Il petrolio in rapida risalita per l’ampliarsi del conflitto in Medio Oriente e le commodity agricole con quotazioni in crescita per i fenomeni atmosferici estremi che frenano l’offerta. Trovare asset class e geografie a buon mercato rispetto alle quotazioni storiche oggi è tutt’altro che facile, per altro a fronte di un ciclo economico che sta via via perdendo forza.
Da qui l’interrogativo sempre più pressante tra gli investitori se non sia il caso di investire con il pilota automatico, rinunciando (o quasi) alla selezione dei titoli per lasciar prevalere il classico approccio 60/40 con la più ampia diversificazione possibile. Con la precisazione che le due cifre si riferiscono all’incidenza percentuale in portafoglio delle azioni (componente che punta alla crescita di valore, a fronte di un certo grado di rischio) e delle obbligazioni (con funzione protettiva). Storicamente il tipico portafoglio bilanciato si è mostrato valido perché, nei periodi di turbolenza per le azioni, si registrava un travaso di investimenti nei bond e viceversa. Tuttavia negli ultimi anni non è stato sempre così: ad esempio nel 2022, i timori diffusi di recessione hanno portato a vendite generalizzate sia tra i bond, sia sull’equity, mentre il pericolo scampato, combinato con l’avvicinarsi dei primi tagli ai tassi nel 2023 hanno portato a una crescita di entrambi gli asset.
Guardando in prospettiva, che fare? Date le numerose incognite attuali, è meglio navigare a vista, secondo Massimo Maria Gionso, manager di Nextam Partners. «A mio parere, da qui a fine anno è il momento di ridurre e magari riallocare un po’ la parte equity e aumentare quella in bond, mantenendo una parte di liquidità per prendere eventuali occasioni man mano che si presentano», aggiunge Gionso. In termini concreti, l’indicazione è di mantenere circa la metà del proprio portafoglio in azioni, con l’altra metà distribuita tra emissioni governative, emissioni aziendali e una quota di liquidità. Quanto al reddito fisso, per l’esperto di Nextam Partners non è ancora il caso di puntare sulle scadenze lunghe, nella prospettiva di tagli ai tassi da parte delle banche centrali, dato che il percorso potrebbe essere lento. «Meglio cercare valore su duration di tre-quattro anni che abbiano minor volatilità, su emissioni bancarie anche subordinate ma che abbiano le opzioni di richiamo entro due anni, o su floater con uno spread elevato sopra l’Euribor». Quindi suggerisce di mantenere una parte in governativi italiani a breve scadenza come liquidità pronta a nuovi investimenti e optare per una piccola diversificazione valutaria sul dollaro.
La combinazione tra congiuntura debole e quotazioni elevate spinge David Coppini, investment manager di First Capital, a ritenere più adeguata un’inversione dei pesi, con l’azionario al 40% del portafoglio e il reddito fisso al 60%. «Un’ampia diversificazione resta cruciale, ma l’allentamento monetario da parte della Bce e della Federal Reserve crea maggiori opportunità di rivalutazioni per le società a bassa capitalizzazione, penalizzate dalla corsa dei listini negli ultimi anni, e per determinati settori», spiega. In particolare, Coppini punta sul settore aereo, considerando che le quotazioni di molti titoli sono ancora sotto i livelli pre-Covid sebbene i viaggi siano sopra i numeri del 2019. Quindi cita i giganti Airbus e Boeing, che «hanno concluso il 2023 con portafogli ordini record».
Il gestore di First Capital vede opportunità anche per il comparto telecomunicazioni. «In un mondo sempre più connesso – dice – la fibra ottica sta diventando sempre più centrale per lo sviluppo di ogni Paese e della propria economia. Inoltre, una componente imprescindibile dell’infrastruttura digitale moderna è costituita da data center, che permettono l’elaborazione e l’archiviazione dei dati anche per il funzionamento dei sistemi cloud e delle tecnologie di intelligenza artificiale».
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