Banca Generali supera tutti i target: «Con Intermonte scelta strategica»

Utile netto consolidato del 2024 a 431,2 milioni, in crescita del 32,2%. L’amministratore delegato Gian Maria Mossa: «Mercato in fermento, si sente la pressione di fare scelte»

Roberta Paolini
Gian Maria Mossa, Ad di Banca Generali
Gian Maria Mossa, Ad di Banca Generali

«Si tratta del miglior bilancio della nostra storia, al termine di un percorso triennale che ha saputo superare molteplici criticità, centrando e superando tutti i target che ci eravamo prefissati». Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali, non può che essere soddisfatto: il 2024 è stato l’anno più brillante nella storia della banca, con un utile netto consolidato di 431,2 milioni, in crescita del 32,2% rispetto all'anno precedente.
Mossa, quali sono i fattori che hanno contribuito maggiormente a questo successo?
«La crescita degli utili ha beneficiato dello sviluppo delle masse gestite e amministrate che hanno sfiorato i 104 miliardi a fine periodo (+11,9% sull'anno precedente). Il margine di intermediazione è aumentato a 981,1 milioni (+24,5%), con una crescita del 5,4% del margine finanziario, del 6,4% delle commissioni nette ricorrenti».
Quali sono le prospettive per il 2025?
«Il nuovo piano verrà presentato entro giugno. Stiamo gettando le basi per una nuova ambiziosa fase di sviluppo che ci vedrà sempre più come un punto di riferimento nel settore del private banking e degli investimenti, la prima e vera AI private and investments bank. L'obiettivo è realizzare una raccolta netta complessiva superiore a 6 miliardi nell'anno».
In settimane di risiko bancario sfrenato, con l’operazione Intermonte siete stati i primi ad aprire le danze. Un deal che ha rappresentato un passaggio chiave per Banca Generali.
«Sì, siamo stati dei first mover con questa operazione. Oggi il mercato è in grande fermento, e gli amministratori delegati sentono la pressione di dover prendere decisioni strategiche. Per noi Intermonte è stata un'operazione di grande valenza strategica: uno dei temi centrali era per noi l’importanza di avvicinare le pmi, accompagnandole lungo un percorso di crescita sostenibile. La quotazione in Borsa e la ricerca di capitali sono tappe fondamentali per arricchire il tessuto imprenditoriale, garantendo continuità nel tempo. Intermonte si inserisce in questo scenario con un ruolo chiave, sostenendo la crescita di valore delle imprese, mentre il classico investment banking punta maggiormente su operazioni di M&A e private equity».
Il private equity, in alcuni casi, può essere utile, soprattutto quando si vuole accelerare la crescita o si hanno obiettivi chiari e a breve termine.
«Sì. Ma il mercato dei capitali offre una prospettiva diversa: più sostenibile, con una visione di lungo periodo. Il private equity spinge per crescite rapide, con l’inevitabile pressione dei rendimenti e dei tempi di uscita, mentre un’impresa ha spesso bisogno di tempo, visione e pazienza».
Ma il problema resta quello di un mercato dei capitali italiano troppo piccolo e dominato da aziende a matrice familiare, che atterrano con un flottante spesso limitato, rendendole illiquide e poco valorizzate.
«Per creare un mercato più solido ed efficace, servono interventi mirati. Il primo aspetto riguarda il flottante: oggi molte aziende si quotano con un flottante del 20%, ma servirebbe portarlo al 30-35% per garantire una maggiore liquidità. Il secondo tema è quello di un mercato accessibile anche per aziende con una market cap più bassa, intorno ai 200 milioni di euro. Incentivando l’azionariato diffuso, si creerebbe un effetto domino: prima arrivano gli investitori retail, poi quelli istituzionali, e il mercato cresce. Infine, servirebbero incentivi fiscali più incisivi. Oggi, per le Pmi innovative, il 30% degli investimenti è deducibile: perché non estendere questo beneficio anche alle società quotate con investimenti sotto i 300 mila euro?».
Siete la terza banca private del Paese. Entro giugno presenterete un nuovo piano strategico. Quali saranno le linee guida?
«Il focus sarà consolidare la crescita e garantire una remunerazione adeguata agli azionisti. Abbiamo adottato una strategia che ci ha permesso di crescere senza un eccessivo impiego di capitale, garantendo al tempo stesso una distribuzione significativa di dividendi, a livello cumulato circa 1 miliardo nell’arco dell’ultimo piano».

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