Bond centenari, l’illusione di un investimento privo di rischio

Uno dei principi basilari in materia di investimenti afferma che il rischio e il rendimento sono collegati. Quindi se un titolo promette un guadagno maggiore, significa che è percepito come più rischioso dal mercato, e viceversa.
La realtà a volte si dimostra diversa dalla percezione, ma questo è un criterio utile a orientarsi nelle scelte d’investimento. Il ragionamento è utile per inquadrare i “perpetual bond”, tornati sotto i riflettori negli ultimi tempi a fronte di rendimenti interessanti. Ce ne sono essenzialmente di due tipi: quelli emessi da enti governativi, che generalmente presentano tagli minimi intorno ai mille euro; e poi quelli delle banche, che attraverso questa raccolta soddisfano i requisiti patrimoniali imposti dal regolatore, e che spesso prevedono un investimento minimo di 50 mila euro o anche oltre.
La caratteristica comune a tutte le obbligazioni perpetue è che non hanno scadenza e che l’emittente si impegna a pagare sempre lo stesso tasso d’interesse, il che garantisce all’investitore una rendita costante e prevedibile. «Questi strumenti d’investimento sono da preferire nelle fasi di tassi decrescenti e da evitare nella prospettiva di una stretta monetaria, in quanto sono soggetti a una fortissima volatilità del prezzo, che si aggiusta giornalmente ai tassi a lungo termine in quel momento», commenta Giorgio Vintani, analista e consulente finanziario indipendente. Il che spiega l’interesse diffuso in questo momento, considerato che ad esempio nell’Eurozona i tassi ufficiali sono ai massimi da quando esiste la moneta comune.
Il principale rischio incorporato nelle obbligazioni perpetue sta nella fluttuazione del prezzo. Poiché nessun investitore potrebbe tenerle fino alla scadenza, se il prezzo di vendita è inferiore a quello di acquisto – al netto delle cedole incassate - l’obbligazionista ci rimette. Inoltre, il perpetual è emesso con la clausola “call”, che consente all’emittente di rimborsare anticipatamente il titolo se i tassi scendono, il potenziale di apprezzamento è limitato.
Un altro aspetto da considerare è la volatilità, solitamente superiore alla media del reddito fisso, il che potrebbe creare qualche grattacapo agli investitori più prudenti. Il che accade principalmente perché gli scambi sulle obbligazioni perpetue sono generalmente ridotti rispetto ai bond tradizionali di grandi aziende e di emittenti sovrani. Queste caratteristiche spingono gli emittenti a orientarsi prevalentemente sugli investitori istituzionali, anche se non mancano titoli – soprattutto governativi - pensati anche per il retail, con taglio minimo di mille euro. Il Btp con scadenza 2071 e possibilità di richiamo a marzo 2028 attualmente rende poco più del 4% (con l’aliquota fiscale del 12,5%, agevolata rispetto al 26% applicata alle altre classi d’investimento, compreso il reddito fisso societario) all’anno. L’Austria ha sul mercato un titolo in scadenza nel 2071 e uno nel 2117 che rendono rispettivamente il 2,8 e il 2,9%. La Slovenia si ferma al 2,7% per il suo titolo al 2071. Tra i titoli societari, Volkswagen al 2119 rende il 5,65% lordo annuo, mentre tra le italiane UnipolSai e Generali offrono rispettivamente oltre il 7 e oltre l’8%, ma a fronte di un investimento minimo di 100 mila euro.
Per il piccolo investitore che volesse puntare sulle emissioni private, secondo Vintani è meglio puntare su uno strumento diversificato come l’Etf, che replica l’andamento di decine di sottostanti, riducendo così la volatilità. È il caso del Wisdomtree At1 Coco Bond Ucits Etf Eur-Hedged, quotato alla Borsa di Milano, che tra le principali emissioni in portafoglio ha quelle di Ubs, Sociètè Gènèrale, Royal Bank of Scotland, Intesa Sanpaolo e UniCredit.
Di analogo avviso è Gabriel Debach, market analyst di eToro, il quale raccomanda prudenza in merito alla possibilità di investimenti diretti da parte dei risparmiatori. «Se ipotizziamo un portafoglio prudente, per il 40% esposto alle azioni e per il 60% ai bond, questa classe di investimento andrebbe considerata nella quota di equity per il suo profilo di rischio». Il che non significa che non possono far parte di un portafoglio ben diversificato, ma per una quota contenuta. Debach indica un’alternativa per investitori che puntano al lunghissimo termine, l’Etf ishares Dtla iShares $ Treasury Bond 20+yr Ucits, «che ha esposizione su un paniere di titoli di Stato americani con scadenze superiori ai 20 anni. Dunque, man mano che i titoli si avvicinano a scadenza, vengono rimborsati da emissioni più recenti».
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