Bossi, dagli Npl ai clienti retail: «Così fondo nuove banche»
Il manager triestino, per 24 anni ad di Banca Ifis, oggi è alla guida di Cherry Bank. «L’operazione con Banca Valconca creerà valore e metterà in sicurezza il business»

Giovanni Bossi, classe 1960, triestino di nascita, una laurea in economia, dottore commercialista e per 24 anni ad di Banca Ifis. Nel luglio 2019 ha fondato Cherry Srl, start-up innovativa attiva nel campo dell’Intelligenza Artificiale applicata al processo del credito e Npl. Nello stesso anno è diventato principale azionista e ad di Cherry106 Spa, società attiva nell’acquisizione e trasformazione dei crediti non performing e nell’acquisizione dei crediti fiscali. Dopo due anni, a seguito della fusione tra il Banco delle Tre Venezie e Cherry106 Spa, è diventato primo azionista e amministratore delegato della veneta Cherry Bank. E così nella sua seconda vita professionale non ha messo da parte il talento per il mondo del credito e nell’arco di quattro anni neanche ha creato da zero un nuovo soggetto bancario. Per andare dove e con quale disegno è qualcosa che non aveva ancora compiutamente raccontato. L’obiettivo è arrivare ad avere un gruppo bancario innovativo, un modello digitale e diversificato che va dalla gestione degli npl, alle imprese fino al settore retail.
Dottor Bossi, quando si annoia lei crea banche. Questa operazione con Banca Valconca che tempistiche ha e con quali prospettive?
«È un percorso che richiederà ancora alcuni importanti passaggi. C’è stata la firma dell’accordo con i commissari della banca, ora servono i passaggi imprescindibili autorizzativi, tanto che nell’arco di un mese presenteremo l’istanza per l’autorizzazione a Bankitalia. Una volta arrivata l’autorizzazione, a novembre la parola sarà data ai soci, con le due assemblee. Crediamo che questa sia un’offerta molto vantaggiosa per tutti, che creerà valore e metterà in sicurezza il business unit retail e altre business unit. Se tutto andrà per il verso giusto immaginiamo che la nuova configurazione della banca sarà effettiva dal primo di gennaio del 2024».
Qual è la ratio dietro a questa operazione?
«Aggiungiamo una nuova business unit strettamente retail, una banca che ha un modello di business molto più tradizionale del nostro. Con una grande vicinanza al territorio. Con gli apporti delle due squadre amplieremo quindi sia l’attività, in un territorio di cui c’è grande conoscenza, che anche i prodotti. Non ci sarà nessun impatto sulle risorse umane e se ci saranno delle risorse eccedenti in Valconca sposteremo il lavoro e non le persone».
Quanto avete assunto in questi anni?
«Consideri che eravamo 150 nel 2021, ad oggi siamo arrivati a quota 260 e nel triennio abbiamo previsto 120-130 assunzioni ma siamo già molto avanti rispetto al piano, dovremmo assumere quest’anno altre 40-50 persone».
Lei dice: abbiamo diversificato ampliando al bacino retail, un modello un po’ più tradizionale di banca rispetto a quello che è stato finora Cherry Bank. Interviene in questo quadro anche un mutamento sostanziale del mondo del credito. Abbiamo avuto dieci anni di tassi zero ed ora invece ci troviamo di fronte ad un rialzo dei tassi, con la Bce che sta portando avanti da mesi una politica monetaria restrittiva cui non eravamo più abituati.
«È così, abbiamo avuto anni di grande liquidità riversata dalla Bce. Oggi invece avere una clientela retail che fa da stabile base consente un funding che una banca on line non può garantire. Sul lato della raccolta il modello esclusivamente on line potrebbe infatti incontrare qualche difficoltà in termini di costi. Questo cambiamento del mercato, se rendeva in un mondo di tassi zero faticoso il mantenimento di un modello retail tradizionale, oggi porta con sé un dato importante. E cioè che è fondamentale avere un rapporto diretto con il retail, anche come motore di liquidità. Oltre al fatto che ci dà una diversificazione del rischio molto importante».
Questa intervista è iniziata con una battuta, che però tanto battuta non era. Lei conosce le banche, nel costruire questa che obiettivo dimensionale si è dato?
«Fare banca richiede una dimensione minima ottimale. Che certo dipende anche dalla specializzazione, anche se più forte è la specializzazione più rischi ci si prende. Noi siamo partiti come Cherry106 con i crediti fiscali e gli Npl, poi abbiamo diversificato con Banco delle Tre Venezie e ora con l’operazione Valconca proseguiamo seguendo questa ratio. Io credo che una dimensione efficiente possa svilupparsi con 500 milioni di patrimonio e un attivo che è almeno dieci volte tanto. Quindi direi tra i 5 miliardi e i 10 miliardi. Questo sarebbe un obiettivo. In ogni caso, restiamo molto focalizzati sulle risorse umane, questo perché vogliamo essere capaci di costruire un progetto che attragga anche le giovani generazioni. Un progetto che le faccia sentire protagoniste».
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