Caltagirone e Delfin studiano le contromosse all’asse Generali-Natixis
Lunedì 19 gennaio durante il cda del Leone verrà svelato lo schema dell’operazione sull’asset management. Tra i due grandi soci privati serpeggia malcontento sul peso che potrebbero avere i francesi
«Una visione imprenditoriale di lungo termine, che non cerca solo dividendi ma guarda anche ai bisogni di crescita della compagnia». Così si era espresso Leonardo Del Vecchio quasi tre anni fa, durante la presentazione della lista Caltagirone per il CdA di Generali.
Altri tempi, altre battaglie. Tuttavia, la critica secondo cui servisse più ambizione a Trieste – e meno interesse esclusivo per i dividendi a Piazzetta Cuccia – era spesso avanzata dai grandi soci privati del Leone nei confronti del management.
Eppure l’ambizione chiesta allora oggi pare scontrarsi con un diverso atteggiamento. Tra i principali azionisti privati di Generali, Caltagirone e Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, che detengono rispettivamente il 6,92% e il 9,93% delle azioni della compagnia, serpeggia infatti un certo malumore. L’epicentro del dissenso è l’approssimarsi del consiglio di amministrazione del 20 gennaio, in cui è prevista la firma di un memorandum of understanding non vincolante con il gruppo francese Natixis.
Al centro dell’accordo c’è l’operazione Natixis-Generali Investments, che punta a creare una piattaforma di asset management da 1.850 miliardi di euro in gestione, combinando i 1.200 miliardi di Natixis con i 650 miliardi di Generali.
La nuova società vedrebbe una partecipazione paritetica tra Generali Investment Holding e Natixis, con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo dell’asset management, generare sinergie e diversificare i ricavi.
Nei primi cinque anni, il controllo della newco spetterebbe a Generali, con Woody Bradford – attuale CEO di Generali Investments Holding – come amministratore delegato. Successivamente, il comando passerebbe a un rappresentante di Natixis, salvo il raggiungimento di obiettivi che consentirebbero a Generali di mantenere la guida per altri cinque anni.
Nonostante l’operazione sia considerata trasformativa, i grandi soci privati hanno tuttavia espresso riserve sull’accordo. Le preoccupazioni riguardano in particolare il peso che Generali potrebbe avere, dato che Generali Investments non è controllata al 100% dalla compagnia.
Il timore principale è che il gruppo francese possa esercitare un’influenza maggiore, anche in virtù della differente qualità e redditività degli asset conferiti. Al momento, non risulta prevista una componente cash nell’accordo, ma si vocifera di una raccolta aggiuntiva di 7 miliardi da parte di Generali, oltre ai 650 miliardi già in gestione.
I dissensi potrebbero culminare nella richiesta di un’assemblea straordinaria, portando la questione direttamente all’attenzione dei soci. Il Codice Civile prevede, agli articoli 2368 e 2369, specifici quorum per la convocazione e la validità dell’assemblea. In prima convocazione, è necessaria la presenza di metà del capitale e il voto favorevole di due terzi dei presenti per deliberare; in seconda convocazione basta un terzo del capitale e due terzi del capitale rappresentato.
Per le convocazioni successive, non è richiesto alcun quorum costitutivo. Tuttavia, Caltagirone e Delfin, pur avendo la facoltà di richiedere la convocazione, non avrebbero i numeri necessari per influire significativamente in prima convocazione e potrebbero non raggiungere mai la maggioranza.
L’operazione, che mira a rafforzare la presenza europea di Generali nel risparmio gestito, non passerà inosservata a Palazzo Chigi. Il Governo potrebbe valutare l’attivazione del golden power per tutelare gli interessi strategici nazionali. Tale decisione sarà subordinata all’analisi del piano, che verrà notificato alla Presidenza del Consiglio solo dopo l’approvazione del memorandum da parte del CdA di Generali di lunedì.
Sebbene l’operazione offra importanti vantaggi in termini di scala e sinergie, restano nodi critici da sciogliere: la qualità degli asset trasferiti, la gestione della raccolta e il controllo strategico sugli investimenti. Tutti elementi che al momento nessuno, tuttavia, conosce.
Con l’Investor Day del 30 gennaio ormai alle porte, il percorso verso la creazione di un gigante europeo del risparmio gestito è tracciato. Ipotizzare che il dissenso dei privati possa sfociare in azioni concrete è al momento prematuro, considerando comunque che la delega del cda del Leone consente operazioni di questa portata poiché non coinvolge direttamente la capogruppo, non prevede un cambio del controllo, né la richiesta di aumenti di capitale.
Riproduzione riservata © il Nord Est