I piani di Cherry Bank: «Nuovo quartier generale e in tre anni 100 ingressi»

Il ceo Bossi: «Nel triennio prevediamo di portare il patrimonio a 850 milioni, l’utile netto a 70»

Roberta Paolini
Giovanni Bossi, ad di Cherry Bank
Giovanni Bossi, ad di Cherry Bank

Nel cuore del Nord Est, tra l’asse urbano che collega il centro storico al futuro polo ospedaliero di Padova, nascerà la nuova sede di Cherry Bank. Un progetto da 18 milioni di euro, simbolo di un modello bancario in trasformazione: fisicamente radicato, ma strategicamente mobile, flessibile e pronto a crescere. Giovanni Bossi, nato a Trieste dove si è anche laureato in Economia, fondatore e ceo della banca, traccia la linea dell’orizzonte: investimenti, assunzioni, crescita per linee esterne e sostenibilità.

 

Bossi, perché ora un nuovo headquarter?

«Abbiamo acquistato l’area nel 2021, poi all’esplosione dell’edilizia Superbonus, con prezzi impazziti, abbiamo aspettato. Ora siamo ripartiti con un progetto che ha delle ambizioni abbastanza importanti. Tutto nasce dal fatto che eravamo poco più di cento persone nel 2021 e siamo quasi seicento ora».

Che impatto ha avuto la crescita dimensionale sull’organizzazione?

«Non tutti i collaboratori sono a Padova, naturalmente. La banca è cresciuta molto, prima con l’integrazione del Banco delle Tre Venezie e poi con quella della Banca Valconca, in Romagna. Oggi siamo appena sotto le seicento risorse e l’intenzione è di continuare a crescere, sia per linee interne che, ove si presentassero buone opportunità, anche per linee esterne».

Il nuovo edificio sarà demolito e ricostruito. Come avete scelto l’area?

«È un asse strategico della città: collega il centro con la futura sede del nuovo ospedale. Un’area che crediamo fortemente destinata a svilupparsi. Vogliamo esserci, con una sede aperta, tecnologica, moderna. Superata la fase dello smart working intensivo, resta la convinzione – anzi, la constatazione – che le persone vogliono vedersi, parlarsi, dialogare».

Quando entrerete nella nuova sede?

«I lavori sono partiti. Abbiamo indicato fine 2026 per prudenza, ma è probabile che l’edificio sia pronto dopo l’estate. È grande: 2.500 metri per piano, 6.500 complessivi. L’obiettivo è che diventi anche un luogo di confronto tra banche e imprese. Troppe banche sono strutture chiuse. Noi vogliamo aprirci».

Quante nuove risorse prevedete di assumere?

«Il piano strategico approvato a gennaio prevede circa 100 nuove assunzioni previste nel triennio. La nuova sede potrà accoglierle tutte, e anche di più. Però ci muoviamo in un contesto molto fluido: guardiamo ciò che accade e ci adattiamo. Personalmente vedo più opportunità che rischi».

Com’è cambiato il vostro mix di ricavi?

«Continuiamo a fare NPL, ma ci stiamo spostando da un motore forte come i crediti fiscali – che hanno spinto molto nel 2022 e 2023 – verso linee più tradizionali: retail, corporate, wealth management, factoring, finanza strutturata, special situation, advisory. Siamo diventati una banca universale di piccole dimensioni, ma con molte anime».

Nel piano industriale avete obiettivi di crescita rilevanti. Quali i target principali?

«Il piano triennale prevede di portare il patrimonio a 850 milioni di euro e l’utile netto a circa 70 milioni. Il 2024 si chiuderà con 30 milioni di utile, che diventano 41 al netto delle partite straordinarie. Siamo soddisfatti».

Lei ha già guidato una banca quotata. La Borsa è nel futuro di Cherry Bank?

«La vedo, ma non nel breve periodo. Abbiamo tanti esempi di piccole banche quotate che il mercato non apprezza. Per essere attrattivi serve una dimensione minima: parlo di almeno un miliardo di patrimonio e 15 miliardi di attivo. Noi ci comportiamo già come se fossimo quotati, per disciplina interna. Ma ci quoteremo solo se la quotazione sarà un valore aggiunto per gli azionisti».

Avete dichiarato interesse per la crescita per linee esterne. Che tipo di target cercate?

«Oggi i mercati sono molto volatili, quindi vanno valutati con attenzione. Ci sono due direzioni: una riguarda il retail, che aiuta nella raccolta diretta e indiretta – quindi ci interessa. L’altra sono strutture specialistiche da integrare nelle nostre attività, per aumentare redditività. Abbiamo già fatto entrambe le cose: prima con una banca più specializzata, poi con una realtà retail. Quindi il target ideale è quello che crea valore per gli stakeholder, non solo per i soci. Anche se io sono il primo socio, quindi è un tema che mi sta particolarmente a cuore».

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