La Borsa a picco non fermerà il risiko bancario. «Possibili effetti solamente sui valori»

Gli analisti sulle Ops di UniCredit sul Banco e di Mps su Mediobanca: «Le vendite stanno riguardando per lo più posizioni speculative»

Luigi Dell’olio

Il risiko finanziario va avanti, nonostante il crollo dei mercati finanziari scatenato dalla decisione del presidente Usa, Donald Trump, di introdurre dazi universali. È la convinzione diffusa tra gli operatori del mercato. Del resto, nessun segnale in questa direzione è arrivato dalle società interessate, anche se è fuor di dubbio che è ancora presto per tirare le somme. Lo scenario resta incerto, la volatilità genera brusche escursioni di prezzo anche all’interno di una stessa seduta e tutti – in fondo – sperano che alla fine l’applicazione delle nuove tariffe sia più flessibile di quanto fin qui previsto.

«A nostro parere, la pioggia di vendite che ha contagiato in maniera indiscriminata qualsiasi settore, bancario e non, nulla ha a che vedere con le operazioni annunciate», commenta Massimo Maria Gionso, Partner di Nextam Partners, «le vendite hanno riguardato per lo più posizioni speculative, gestori che hanno dovuto ridurre i pesi in portafoglio o fondi alle prese con i riscatti, ma nulla cambia riguardo alle strategie di chi ha annunciato le operazioni che ben conosciamo». Dunque, è la convinzione, «se guardiamo a questi deal solo da un punto di vista dei mercati, ritengo proseguiranno il loro iter naturale».

 

Eventuali stop non sono mai da escludere, ma per Gionso potrebbero eventualmente solo per ragioni regolamentari, strategiche o opportunistiche, ad esempio per via di interventi/opposizioni da parte di soci rilevanti o del regolatore. Sta di fatto che dal 2 aprile, giorno in cui sono stati annunciati dazi per l’import di tutti i Paesi con i quali gli Usa hanno rapporti commerciali (per l’Europa è nella misura del 20%), il calo di Borsa per le realtà coinvolte nelle aggregazioni è stato considerevole.

UniCredit (pronta all’Ops su Banco Bpm) ha perso circa il 17%, lo stesso Banco cede circa 15 punti, Mps (che ha promosso un’Ops su Mediobanca, ndr) è giù del 16%, il titolo di Piazzetta Cuccia ha perso il 18% mentre Anima è solo in leggero calo, «ma in questo caso l’Opa era già avviata verso la conclusione», sottolinea Gionso. Poi vi è l’offerta di Banca Ifis su Illumity, che prevede una parte marginale in cash e il resto fatto da uno scambio azionario. La prima ha ceduto poco più del 20% nelle ultime tre sedute, la seconda ha limitato la contrazione al 14%.

«Questi andamenti potranno influenzare il valore dell’operazione qualora al periodo di adesione saranno mantenute queste discrepanze sui valori iniziali e non sono esclusi eventuali aggiustamenti dell’offerta, atti a compensare questi cambiamenti», aggiunge l’esperto. «In presenza di un’offerta di acquisto, viene inserita nel contratto la possibilità di effettuare degli aggiustamenti sul prezzo di scambio, per rispondere anche a situazioni estemporanee come quelle che stiamo vivendo o a variazioni per aumento di valore. Per cui il valore finale sarà definito nel periodo di adesione», spiega David Coppini, investment manager di First Capital, «quello che conta, tralasciando questi aspetti tecnici, è che nelle partite in corso c’è la forte volontà da parte dell’offerente di arrivare a conclusione con un successo».

Per altro, ricorda Coppini, le oscillazioni dei titoli post annuncio dei dazi da parte di Trump non stanno modificando sostanzialmente lo scenario di riferimento. A grandi linee, ci stanno perdendo tutti senza grandi differenze, per cui non sembrano potervi essere sorprese dietro l’angolo.

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