Delfin balza al 9,78% di Mps e diventa il primo socio privato
La famiglia Del Vecchio stringe la presa sull’istituto senese. Più forte il nucleo degli azionisti italiani
Affondo degli eredi Del Vecchio su Mps. La finanziaria Delfin è salita al 9,78%, triplicando la posizione acquisita solo poche settimane fa. Considerando anche la quota di Francesco Gaetano Caltagirone (5,02%), si arriva al 15%. Così il duo alleato anche nelle partite Mediobanca e Generali conferma di voler giocare un ruolo da protagonista nel nuovo risiko bancario che si sta aprendo in Italia, mentre l'istituto senese si candida a guidare il terzo polo nazionale del credito.
Ma andiamo con ordine. A metà novembre, il ministero del Tesoro ha messo sul mercato la terza tranche della quota detenuta nel Montepaschi. Sono entrati nell’azionariato grossi capitali italiani, guidati da Banco Bpm (5,0%), Anima Sgr (3,0%), Delfin e Caltagirone, con il 3,5% a testa, quota che successivamente è stata arrotondata al 5% dall’imprenditore romano.
A fine dicembre è stato rinnovato il cda dell’istituto senese, con l’ingresso anche di rappresentanti di Caltagirone e Del Vecchio, mentre ieri sera Delfin ha comunicato di aver rafforzato in maniera considerevole il proprio peso nel capitale. Così la finanziaria diventa il secondo azionista di Siena alle spalle del Tesoro, che detiene un residuale 11,7%, destinato a essere progressivamente messo sul mercato.
La tempistica non è casuale. Dopo una lunga pulizia dei conti, Banca Mps ha archiviato i primi nove mesi del 2024 con un risultato operativo netto salito a 1,34 miliardi di euro, rispetto agli 1,14 miliardi contabilizzati nei primi nove mesi dell’anno precedente. Risanato sotto la guida del ceo Luigi Lovaglio, l’istituto fa gola nell’ambito della nuova stagione di consolidamento che si è aperta in ambito bancario e che vede protagoniste anche UniCredit, con la doppia offerta di acquisto su Commerzbank e Banco Bpm, quest’ultima che ha in corso un’Opa su Anima, Credit Agricole salite nel capitale dello stesso Banco, con Bper sullo sfondo in cerca di opportunità.
Il fatto che una quota rilevante di Mps sia nelle mani di due tra le famiglie imprenditoriali più liquide del Paese sta a significare che non necessariamente l’istituto dovrà giocare un ruolo da preda in questo rimescolamento.
Piuttosto potrebbe tentare di giocare una partita in proprio, magari proprio alleandosi con Anima qualora l’offerta ricevuta da Banco Bpm non raggiunga la soglia minima del 66,67%. Oppure dando vita a un'integrazione con lo stesso Banco, come ipotizzato da diversi analisti nelle scorse settimane, con il benestare del Governo che non vede di buon occhio l'offerta di UniCredit per l'istituto lombardo-veneto.
Si formerebbe così il terzo polo nazionale del credito, alle spalle di Intesa SanPaolo e UniCredit. Senza dimenticare che Caltagirone e Delfin pesano per il 27,8% nel capitale di Mediobanca, la prima banca d’investimento italiana, nella quale tuttavia sono da tempo all’opposizione rispetto alle scelte del ceo, Alberto Nagel. Un’aggregazione a quattro al momento costituisce poco più di una suggestione.
Più facile è che le due famiglie imprenditoriali vogliano acquisire una posizione di forza per trattare eventuali monete di scambio nelle prossime partite assembleari. A cominciare dall’assise di Generali in primavera, quando verranno rinnovati i vertici. Perso tre anni fa il braccio di ferro con il ceo Philippe Donnet, supportato dal primo azionista Mediobanca e dai fondi internazionali, Caltagirone e Delfin potrebbero mirare alla rivincita, grazie anche alla Legge Capitali che ostacola la presentazione di una lista del cda da parte del board uscente. —
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