Doris: «Il Paese deve voler bene all’impresa, siamo pronti a sostenere altre quotazioni»

Il banchiere di Tombolo è reduce da un successo, lo sbarco in Borsa di Labomar. L’azienda di Istrana che Banca Mediolanum ha accompagnato alla quotazione, e che ha segnato un boom sul listino, in tempi di coronavirus, con quasi cinque volte la richiesta da parte degli investitori

«Quello che mi manca adesso con il Covid è che arrivo in Veneto in elicottero e il profumo della mia terra lo sento solo una volta sceso». Ennio Doris a tutto campo, dall’economia, alle imprese, al Mes, alla necessità di avere un Paese che «voglia più bene alle imprese». Il banchiere di Tombolo è reduce da un successo, lo sbarco in Borsa di Labomar. L’azienda di Istrana che Banca Mediolanum ha accompagnato alla quotazione, e che ha segnato un boom sul listino, in tempi di coronavirus, con quasi cinque volte la richiesta da parte degli investitori.

«Un’azienda veneta e mi fa enormemente piacere, l’ho conosciuta circa un anno fa, ho visto un’azienda organizzata molto bene, con un progetto industriale proprio e valido, con investimenti, brevetti, in grado di innovare e di andare sui mercati esteri».

Presidente Doris, iniziamo da qui, cosa possiamo leggere dietro il successo sul di Labomar in tempi di Coronavirus?

«Vedere nel cuore del Veneto un'azienda innovativa che può conquistare i mercati internazionali, con un bravo imprenditore a guidarla è una cosa che mi ha fatto molto piacere. È una caratteristica della maggioranza delle piccole e medie aziende italiane avere un imprenditore che innova e sono queste il cuore della nostra economia. Quando è stata approvata la legge sui piani individuali di risparmio per incentivare gli investimenti sui mercati azionari dando dei vantaggi fiscali è stata corretta una decisione sciagurata presa più di mezzo secolo prima, con la quale avevano tassato gli investimenti in Borsa e quindi avevano privato l’economia italiana di un mercato finanziario che supportasse le aziende. In Italia il valore di tutte le aziende quotate rispetto al pil è la metà di quello spagnolo, per fare un esempio. Per far diventare questo  un paese moderno serve un mercato finanziario e per questo avevamo spinto sui piani individuali. Un’altra lacuna che abbiamo cercato di colmare è la mancanza di banche d’affari che affiancassero le aziende nei loro bisogni finanziari, nella quotazione in Borsa o nell’emissioni di prestiti, una carenza dovuta propria alla mancanza di un mercato finanziario degno di questo nome. In Italia abbiamo due grandissime banche d’affari che sono Mediobanca e Banca Imi, di Intesa, e poi per le operazioni di grandissime dimensioni ci sono Equita e Intermonte, ma per il tessuto imprenditoriale italiano, fatto di piccole e medie imprese, non c’era nulla. Per questo abbiamo creato la Mediolanum Investment Bank, la banca d’affari, dedicata a questo settore, abbiamo chiamato per questo Diego Selva, portandolo via a Merril Lynch, per dare supporto alle aziende in questa direzione».

Quali opportunità ci sono nel Nordest in tema di apertura del capitale?

«Il Nordest è la regione più ricca di iniziative, di imprenditori che hanno innovato e creato sviluppo. Spesso si dice le aziende italiane sono troppe piccole, l’assenza di un mercato finanziario è stato un limite alla crescita rapida. Poi un’altra critica che viene mossa è che sono a capitale familiare. Negli Stati Uniti un’inchiesta ha fatto emergere come siano le aziende imprenditoriali quelle in grado di creare più valore, perché c’è più rapidità di decisioni, c’è più passione, senza nulla togliere a quelle gestite solo da manager».

Cosa è successo ai Pir dopo l’impegno e la spinta data da Banca Mediolanum?

«Si è interrotto con due provvedimenti del precedente Governo che avevano intenzioni buone ma che hanno reso impraticabile la strada, ora il mercato si è fermato e riattivarlo non è semplice. Per far ripartire il mercato, occorrerebbe uno shock, come agire sul raddoppio dei capitali da investire in Pir che ottengono il vantaggio fiscale, da 30 mila a 60 mila euro l’anno, questo sarebbe molto importante per l’Italia e per il Veneto. In Italia mancavano le aziende che si mettessero accanto alle imprese per far loro approfittare di un mercato finanziario che si stava formando, ma anche gli stessi imprenditori non avevano l’abitudine e la mentalità, perché non c’erano, di usare il mercato finanziario. Noi abbiamo fatto diversi incontri proprio per spiegare agli imprenditori le opportunità che ci sono».

L’attività di Mediolanum Investment Bank su cosa si sta concentrando?

«La nostra attività di investment banking è nata con la missione di creare un ponte che avvicinasse e congiungesse e i numerosi imprenditori, già clienti di Mediolanum,   agli strumenti e alle possibilità offerte dalla moderna finanza, alternativa al mondo bancario. In aggiunta, fortunatamente, la pandemia non ha impattato sulla liquidità che anzi cerca continuamente soluzioni su cui investire. Offriamo servizi in una pluralità di segmenti che coprono l’intero spettro della finanza straordinaria, quindi aiutiamo le aziende in quotazione, facciamo consulenza in apertura del capitale o vendita dell’azienda e strutturiamo operazioni di debito non bancario, dai mini bond a operazioni  di collocamento del debito. Da quando abbiamo iniziato abbiamo fatto tre quotazioni su Aim, tre operazioni di M&A, un minibond, l’operatività è già a pieno regime. In più stiamo supportando le aziende con il percorso  Elite di Borsa Italiana, in tutto sono 40 aziende che stanno facendo questo iter di formazione. Aprire il capitale significa anche cambiare la mentalità dell’imprenditore, una evoluzione culturale. In pipeline abbiamo una serie di rapporti con aziende che vogliono o quotarsi o collocare dei prestiti, sono circa una ventina i dossier su cui stiamo lavorando. Questo paese ha ancora tante Labomar da scoprire, creative, internazionali, con fattori distintivi. In questo momento, anche se è un numero in continua evoluzione, il Nordest su queste situazioni pesa circa un terzo».

Il Veneto ha reagito meglio di altre regioni all’emergenza del Covid grazie ad una sanità di territorio. Alcuni suoi colleghi chiedono anche una politica industriale di territorio perché questa probabilmente è un’area che su questo può dire qualcosa di diverso e importante. Cosa ne pensa?

«Il Veneto con la caduta del muro di Berlino  è diventato centrale, non la Lombardia, ma il Veneto perché l’Europa si è spostata a Est. Questa era una delle regioni più povere, nei film di una volta le donne venete facevano le cameriere, gli uomini tutti i lavori umili. Qui c’ è stata una esplosione di imprenditorialità, un popolo che si è battuto per emergere. Quello che soffre la regione e tutta l’Italia è tuttavia un clima anti-impresa che non si è ancora risolto. Ho citato quella legge che ha bloccato gli investimenti finanziari tassandoli mentre gli altri investimenti erano esenti, quella decisione ha bloccato le imprese condannandole ad una dimensione bancocentrica.  . Ora con il Recovery Fund abbiamo delle opportunità, ma non si tratta di spendere quei soldi, ma di investirli. Non possiamo far ripartire il Paese con la spesa. Dobbiamo investire e coinvolgere  chi crea il lavoro, ovvero le imprese, mettendole  al centro per capire con loro cosa fare. ».

Dopo l’ultimo incontro con la Confindustria e il Governo pare ci sia stata una apertura

«Bè, lo spero. Vanno superate queste prese di posizione. Pensiamo alle infrastrutture, che sono il sistema circolatorio di questo paese, se io ho un cuore che funziona benissimo, ma non arriva il sangue pompato da quel sistema il mio corpo muore. Oltre al sentimento anti-impresa, il Paese è bloccato anche dalla cultura contro le grandi opere. Quando ho visto il Mose entrare in funzione e salvare Venezia dall’alta marea mi sono commosso dalla gioia. Quanto è stata combattuta quell’opera? Al di là dei fatti di corruzione dei quali dobbiamo solo vergognarci, dobbiamo renderci conto di cosa ha fatto quell’opera. Ci sono posizioni ideologiche che vanno combattute, come quella presa con il Mes, che è assurda perché noi abbiamo bisogno di quelle risorse per la nostra sanità e non si capisce perché dovremmo emettere nuovo debito quando abbiamo la possibilità di avere queste risorse ad un tasso dello 0,1%. I mercati non capiscono queste prese di posizioni».

Quest’anno ha compiuto 80 anni. Tempo di bilanci?

«Tutt’altro. Io sono un imprenditore e penso sempre al prossimo obiettivo con entusiasmo immutato. E’ come chiedere ad un musicista quando smetterà. Ogni essere umano descrive ed esprime se’ stesso tramite il proprio lavoro, per come lo interpreta e come lo esegue.  Non vale solo per gli artisti. Quindi bisogna farlo con passione, senza porsi limiti, figurarsi di età!».

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