Generali: Donnet l’abile scacchista e la galassia di Mediobanca alla prova del fuoco
L’analisi di Possamai. La vittoria dell’amministratore delegato uscente è avvenuta con uno scarto assai più ampio del previsto: da qui in avanti la sua leadership potrebbe conoscere inedite evoluzioni. Benetton ha l’ambizione di favorire un armistizio tra i contendenti
TRIESTE. Il generale Donnet ha battuto, nella battaglia campale di Trieste, i cavalieri (del Lavoro) Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio. Perdonerete l’uso di metafore e simboli bellici, non dovremmo farlo in tempi funestati da una vera guerra alle porte di casa. Ma in effetti, lo scontro per il controllo delle Assicurazioni Generali ha assunto nei mesi scorsi i toni e i tratti di una prova del fuoco per i tradizionali assetti della finanza italiana (e non solo).
L’assemblea degli azionisti, celebrata ieri “in remoto” con la partecipazione record del 71% dei soci, ha indiscutibilmente rilevato la vittoria dell’amministratore delegato uscente. Vittoria con uno scarto assai più ampio del previsto, posto che gli sfidanti Caltagirone e Del Vecchio ambivano che non fosse superiore al 6%. Perché appunto al 6% ammonta la somma delle azioni prese a prestito da Mediobanca e di quelle che De Agostini sta cedendo (mantenendo fino a ieri il diritto di voto).
Un 6% che in una potenziale prossima assemblea straordinaria richiesta dai due Cavalieri non potrebbe più essere conteggiato. Ne deriva che gli sfidanti cesseranno dalle azioni giudiziarie avviate in varie sedi? Troppo presto per dirlo. Dipenderà dall’atteggiamento che assumeranno i vincitori, intesi non solo nella figura del riconfermato capo azienda Donnet ma anche per traslato nell’azionista di riferimento Mediobanca.
Vincere ma senza pretendere di stravincere. Donnet ha interpretato la propria partita da abilissimo, strategico giocatore di scacchi. Da qui in avanti la sua propria leadership potrebbe conoscere inedite evoluzioni.
Iniziamo osservando che Mediobanca non può rivendicare di avere vinto, perché per mesi ogni araldo ha strillato che la lista che proponeva il bis di Donnet non era espressa da Mediobanca ma era stata direttamente e autonomamente elaborata dal Consiglio di amministrazione della compagnia del Leone. Una sorta di formula da public company. Ma nelle vere public companies il capo azienda può appunto rivendicare autonomia e nel caso triestino, magari, cercare una qualche tregua o riconciliazione tra i maggiori soci.
Una ulteriore osservazione riguarda natura e identità dei vari addendi che compongono la somma dei due schieramenti. Caltagirone e Del Vecchio hanno attirato tutti gli azionisti italiani con quote superiori allo 0,2% o, per dirla al contrario, la lista di maggioranza non ha preso nessun voto di imprenditori o fondazioni italiche significative (chi non ha scelto i due cavalieri, ha votato per la lista di Assogestioni, come per esempio Compagnia di San Paolo). Sarebbe mai stato immaginabile fino a ieri che nessun industriale azionista di Generali evitasse di andare in rotta contraria a Mediobanca?
Occorre enfatizzare poi, nel manipolo degli imprenditori impegnati accanto ai due Cavalieri, la figura di Alessandro Benetton. Il neo presidente di Edizione, alle prese peraltro con le simultanee sfide per Atlantia e Autogrill, non ha avuto esitazioni. Alessandro ha l’ambizione di favorire un armistizio tra i contendenti, ma pure ha saputo condividere con i cugini nel board di Edizione Holding una chiara scelta fra i due schieramenti in campo.
La base dei seguaci di Donnet, a parte la banca d’affari milanese guidata da Alberto Nagel, consiste nei fondi di investimento stranieri. Evidente l’importanza dell’orientamento espresso dai proxy advisors, sia rispetto ai grandi nomi e sia rispetto alla pletora di sconosciuti entrati in numero importante nelle ultime settimane. Tant’è vero che il quorum è salito dal 65% stimato appena una quindicina di giorni fa al 71% rilevato ieri.
Un altro punto a favore di Donnet è consistito nel fatto che dipendenti e management di Generali - che assai di frequente sono pure azionisti - sembrano aver votato (quasi) in blocco per il capo azienda. Lo si può intuire perché i seguaci della lista dei due Cavalieri sono abbastanza agevolmente individuabili e dunque, per sottrazione, i piccoli sono confluiti dietro a Donnet.Il 29 aprile resta una data fondamentale nella storia di Generali. Ma la storia si fa ogni giorno e vedremo dunque i prossimi passi di Donnet.
A iniziare da come vorrà riconfigurare organizzazione generale e top management, per esempio con la sostituzione di Luciano Cirinà alla testa dell’area più profittevole del Gruppo, ossia i paesi della Nuova Europa assegnati ad interim a Giovanni Liverani.
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