«Generali è un gioiello italiano e un patrimonio del Paese: andiamo verso nuovi traguardi»
Andrea Sironi, presidente del Leone di Trieste traccia il bilancio del suo primo triennio al vertice della compagnia assicurativa. «Ci presentiamo ai soci con una governance allineata alle best practice internazionali. Qui tutto si basa sul merito»

«Generali è un gioiello italiano, ma è un gioiello che appartiene un po’ a tutti noi, è un patrimonio di tutti».
Dal quarantesimo piano della Torre Hadid, Milano si stende quasi nitida sotto un cielo non ancora primaverile, con San Siro che pare un modellino architettonico. Andrea Sironi, presidente di Generali, si prepara a chiudere il suo primo triennio alla guida del Leone.
Manager dalla lunga esperienza internazionale, Sironi ha attraversato mondo accademico e finanza, da rettore della Bocconi a ruoli di vertice in importanti istituzioni.
Presidente, domani si chiude il suo primo mandato. Qual è il suo bilancio di questi tre anni?
«Innanzitutto, per me è stata una bellissima esperienza. Ho imparato molto e ho avuto l’opportunità di conoscere una compagnia che, dal mio punto di vista, è un gioiello per il Paese. Lo è non solo perché è un grande gruppo internazionale, ma perché, nel panorama finanziario, è una realtà di primo livello. Lo si vede nella qualità del management team. Ho visitato molti Paesi e ovunque ho trovato professionisti motivati, competenti, orgogliosi di far parte di Generali. Oggi la compagnia è forte, ben patrimonializzata, abbiamo centrato e superato tutti gli obiettivi del piano triennale, nonostante il contesto economico e geopolitico. Ci presentiamo all’assemblea con una governance allineata alle best practice internazionali. Il consiglio ha un ruolo attivo e costruttivo, come ho visto in altre realtà internazionali, come per esempio al London Stock Exchange».
C’è qualcosa che sente di portarsi dietro, un tratto distintivo del gruppo?
«L’attenzione alle persone. C’è cura per la crescita, l’inclusione, la meritocrazia. I piani di successione sono valutati con rigore. Questo mi ricorda molto l’ambiente della Bocconi, dove tutto si basa sul merito. E poi la sostenibilità: è stata al centro di questo triennio e lo sarà ancora. Parlo sia di sostenibilità ambientale, dove c’è un enorme "protection gap", sia sociale. Penso alla nostra fondazione The Human Safety Net, che opera in 26 Paesi aiutando rifugiati e famiglie con bambini da zero a sei anni. È impegnata in progetti bellissimi, a cui sono molto legato».
Domani si confronteranno due liste principali, quella di Mediobanca e quella di Caltagirone. Si torna a un’assemblea contesa?
«Tra ottobre e dicembre ho lavorato molto per arrivare a una lista unica ma, a causa del ritardo nella definizione della normativa, non è stato possibile proporre una lista del cda uscente. Come da prassi, abbiamo espresso un parere di orientamento agli azionisti volto a raccogliere le migliori candidature per il prossimo Consiglio. La lista di Mediobanca riflette pienamente quelle raccomandazioni. Tra l’altro 9 su 12 candidati sono consiglieri uscenti, incluso il sottoscritto e il group Ceo. Non parlerei di due visioni contrapposte. La lista Mediobanca sostiene l’attuale management e il piano triennale presentato lo scorso gennaio a Venezia, accolto molto positivamente dal mercato. La lista Caltagirone ha sei membri, ma non presenta un candidato presidente né un piano. Non mi sento di dire che ci siano due strategie a confronto».
Cosa c’è davvero in discussione, allora?
«Onestamente, questo mi è un po’ più difficile da capire. Ho pieno rispetto per tutti gli azionisti, ho avuto un dialogo costruttivo con tutti. Un punto certamente su cui non c’è concordia è legato all’operazione con Natixis. In termini di governance, credo ci sia una differenza, perché da una parte c’è la visione di una public company, dall’altra c’è una visione che prevede il controllo da parte di importanti azionisti che sono anche imprenditori».
Come si garantisce una governance indipendente in un gruppo così internazionale?
«Seguendo le best practice internazionali e garantendo un consiglio che rappresenti tutti gli azionisti. Come è accaduto in questi tre anni, durante i quali, mi lasci sottolineare, questo cda ha svolto un ruolo attivo e di sfida costruttiva al management, come ho visto anche in altre realtà internazionali».
Ha accennato all’operazione Natixis. È coerente con la vostra strategia nel risparmio gestito?
«Nel 2024 abbiamo chiuso l’operazione con Conning negli Stati Uniti; si tratta di un’acquisizione importante. Il settore si sta consolidando a livello globale, con una logica chiara: per fare sinergie e offrire migliori rendimenti ai clienti occorre gestire masse enormi. E se vogliamo competere con gli americani, servono campioni europei. L’operazione è stata analizzata a fondo e più volte dal Cda, con advisors indipendenti. È un progetto ambizioso, in linea con lo sviluppo internazionale del Gruppo, che crea valore. La nascita di una realtà da quasi 2.000 miliardi di euro in gestione avrebbe ricadute positive anche per il Paese. Chi dice che non ci sarà più indirizzo sugli investimenti degli asset delle compagnie assicurative dice il falso e, tra l’altro, la normativa non lo consente».
A tal proposito, queste critiche sono giunte proprio in questi giorni da parte dell’azionista Francesco Gaetano Caltagirone in un’intervista.
«Si tratta di osservazioni che non rispondono al vero. Come detto, l’operazione è stata approvata seguendo un rigoroso processo di analisi e di governance. Non c’è alcuno smantellamento della struttura, ma anzi un suo notevole rafforzamento grazie alle capacità apportate dal partner; la ragione economica è, solo per citane una, l’aumento di un miliardo di euro della valutazione del nostro asset management già al giorno uno; non ci sarà alcun indebolimento dei controlli, perché il livello dei controlli è deciso dalla legge e dal regolatore e non dalle compagnie in modo autonomo. E comunque si tratta di un aspetto al quale presto personalmente particolare attenzione».
La firma definitiva è rinviata?
«Abbiamo firmato un Mou, un memorandum d’intesa. Il signing spetterà al prossimo Cda. Nei prossimi mesi inizieremo tutte le approvazioni regolatorie, compresa quella con il governo italiano. Ci auguriamo che l’esito sia positivo».
Alcuni temono una cessione di sovranità. Perché un’operazione europea come questa genera resistenze?
«Tutti sono d’accordo con le parole di Mario Draghi sull’urgenza di una maggiore integrazione europea e di campioni europei. Ma quando le parole devono diventare fatti, riaffiora la difficoltà di guardare oltre i confini».
Nel capitale di Generali è entrata UniCredit. E l’assemblea di Mps ha approvato l’aumento di capitale a servizio dell’Ops su Mediobanca. Che impatto vede?
«L’investimento di UniCredit è stato definito come finanziario. Ne prendiamo atto positivamente. Per Monte dei Paschi osserviamo con attenzione: riguarda il nostro principale azionista, ma non ci coinvolge direttamente».
Avete appena lanciato un club per gli azionisti. Anche i piccoli investitori vogliono contare.
«Sì, ci teniamo molto. Il titolo Generali è tra i più presenti nei portafogli delle famiglie italiane. In un contesto di volatilità, il nostro è un titolo che offre un rendimento stabile e sicuro. I nostri azionisti retail vogliono essere coinvolti. Abbiamo raccolto oltre un migliaio di adesioni in pochi mesi e abbiamo organizzato diversi eventi, anche nelle nostre tenute vitivinicole, con grande riscontro di partecipazione: è il segno di un’attenzione reciproca».
Generali e Trieste: un legame storico.
«Trieste è dove siamo nati, è la nostra città, dove continuiamo ad avere funzioni chiave e a sviluppare progetti di respiro internazionale. Il progetto su Palazzo Carciotti ne è un esempio. Abbiamo rafforzato anche il rapporto con l’università, contribuendo tra l’altro all’istituzione di una cattedra dedicata all’AI etica. Inoltre, la città ha apprezzato il ritorno dell’assemblea in presenza. Per me sarà anche la prima di persona, sono emozionato».
Che messaggio porterà all’assemblea?
«La consapevolezza che si presenta un Consiglio che ha lavorato con impegno, e un management team eccezionale. Meritano continuità e serenità. Gli azionisti devono valutare se i risultati e il piano li convincono. Se sì, la risposta viene da sé».
Si attende un loro sostegno?
«Me lo auguro. Sono ancora molti i traguardi che possiamo raggiungere, per il bene del gruppo e di tutti i suoi azionisti». —
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