Generali-Natixis, un’alleanza che vale 700 milioni di utili
La joint venture tra il Leone e i francesi di Bpce giudicata strategica dagli analisti. Porterà benefici in termini di efficienza, ampiezza di offerta e crescita dei ricavi
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Un’alleanza da 700 milioni di utili e 4,1 miliardi di ricavi. L’alleanza tra Generali Investments e Natixis prende forma anche nei numeri, dopo che martedì è stato annunciato l’accordo non vincolante per la creazione della joint venture pariteticamente partecipata dal Leone e da Bpce attraverso le rispettive società dedicate alla gestione degli asset. Il primo polo del settore in Europa per ricavi, il secondo per masse gestite.
Una piattaforma che sarà, oltre che più grande, più efficiente e internazionale, con sedi operative a Milano, Parigi e negli Stati Uniti, e che porterà benefici, come sinergie stimate al lordo delle tasse a regime per 210 milioni, cui si sommeranno ulteriori 70 milioni derivanti dalle sinergie residue da realizzare a seguito dell'acquisizione di Conning e delle sue affiliate, oltre a sinergie incrementali derivanti dall'acquisizione di Mgg e delle sue affiliate.
Inoltre, avrà, per usare le parole del group Ceo Philippe Donnet, una stazza per competere a livello globale, entrando di diritto tra le prime dieci società di asset management del mondo (sarà nona). L’alleanza tra le due società prevede un polo con masse gestite per quasi 2 trilioni di euro.
Per gli analisti di Equita l’operazione ha un «razionale strategico e industriale di lungo termine», anche se riconoscono un aumento dell’utile per azione relativamente limitato e possibili complessità sul fronte della governance. L’accordo prevede una governance paritaria con la guida operativa affidata a Woody Bradford per un quinquennio (rinnovabile).
La combined entity, sottolinea Equita, si presenterà con un’offerta di prodotto ampia, capace di coprire tutte le classi di investimento. Con un totale di 1,9 trilioni di asset under management pro-forma, il 65% sarà rappresentato da fixed income (titoli a reddito fisso, ndr), coerente con una base clienti composta per oltre il 60% da assicurazioni e fondi pensione. Equita sottolinea inoltre che le sinergie di costo, pari a circa 170 milioni, sono state definite in modo prudente e sono in linea con precedenti operazioni del settore.
L’obiettivo è di raggiungere un cost-income ratio sotto al 70%, rispetto al 74% attuale. Goldman Sachs valuta positivamente l’iniziativa, sottolineando che la jv mira a sinergie operative lorde di circa 210 milioni entro il quinto anno, di cui 170 milioni derivanti da scala ed efficienza e 40 milioni dall’aumento dei ricavi. L’impatto iniziale sui bilanci di Generali sarà neutrale, dato che l’operazione prevede il pagamento di un dividendo privilegiato a Bpce e il rimborso di un prestito di 230 milioni di euro nel 2026-2027.
«Con i due gruppi che condividono un modello multi-affiliato simile – scrive Goldman – le motivazioni strategiche includono i vantaggi derivanti dalla scala, una presenza geografica complementare e opportunità di crescita dei ricavi nel tempo. Escludendo i costi di ristrutturazione, l'impatto sul cash flow e sugli utili rettificati di Generali nel primo anno è previsto come sostanzialmente neutrale, tenendo conto del dividendo privilegiato di Bpce». Anche l'impatto sul Solvency II è stimato come sostanzialmente neutrale.
Morgan Stanley ha ribadito valutazioni simili, enfatizzando la complementarietà geografica e i vantaggi di scala della partnership. L’impatto neutrale previsto sul Solvency II di Generali e il focus strategico sui private markets sono stati considerati aspetti rilevanti dell’operazione. Gli analisti sottolineano inoltre il valore del seed capital di 15 miliardi, che sarà utilizzato per favorire la crescita in settori ad alto margine come i private markets.
«È importante sottolineare – scrive Morgan Stanley – come già osservato in precedenza, che Generali non investirà liquidità o capitale per creare questa joint venture. Consideriamo la strategia di espansione nel settore della gestione patrimoniale come una sorta di “opzione gratuita”, nonostante alcuni concorrenti sembrino allontanarsi da questo segmento».
Sul tema ieri è intervenuto anche il Ceo di Unipol Carlo Cimbri, senza voler entrare nello specifico dell'operazione. «Certo un mercato unico dei capitali, una legislazione unica, diciamo un’Europa modello Stati Uniti creerebbero l'alveo naturale per la costruzione di aziende di dimensioni molto maggiori, quindi più competitive sui mercati globali» ha detto il top manager.
«Vedremo come sarà l'operazione – ha detto invece il segretario generale Uilca Fulvio Furlan a margine di un convegno s – ma così come viene rappresentata pare non debba produrre problemi» sull'occupazione.
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