Generali e il paradosso della lista di Assogestioni che sposta gli equilibri
L’associazione dei gestori potrebbe presentare a breve i suoi candidati per il cda del Leone. Uno strumento nato per difendere le minoranze ma che, in questo caso, può favorire Caltagirone


Nella battaglia per il controllo delle Assicurazioni Generali, una delle gemme più preziose della finanza italiana e una delle più antiche, dato che a fine dicembre si festeggeranno i 194 anni di storia, si è aperto nelle ultime settimane uno scontro nello scontro.
La protagonista inattesa è Assogestioni, l’associazione che riunisce circa 300 società di gestione del risparmio attive in Italia e che ha fra i suoi scopi quello di «promuovere un dialogo costante con gli operatori del settore e le istituzioni sui temi dell'investimento, della tutela del risparmio, della corporate governance».
Tra gli strumenti che Assogestioni utilizza per tutelare il risparmio c’è, ormai dal 1996, la presentazione di liste di candidati per l’elezione del consiglio di amministrazione di società quotate. Questi consiglieri, naturalmente, non devono avere incarichi operativi. Il regolamento che determina il processo attraverso il quale Assogestioni decide se presentarsi in assemblea con una sua lista è molto preciso su questo aspetto: negli organi sociali devono andare «componenti di minoranza indipendenti», perché una lobby tra gestori di fondi comuni non può essere parte attiva della maggioranza che determina il governo di una società. I candidati che vengono eletti in consiglio, viene da dire, devono essere persone con gli occhi aperti, vigilare con cura ma, allo stesso tempo, restare autonomi.
I due fronti
Quando alcune settimane fa Assogestioni ha iniziato a occuparsi della prossima assemblea di Generali, che prevede la nomina del cda per il prossimo triennio, è subito apparso chiaro che la decisione sarebbe stata complicata. Nell’azionariato della compagnia triestina si contrappongono infatti due fronti, quello guidato dalla banca d’affari Mediobanca, che ha il 13,1% del capitale, e quello composto dal costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone, che ne possiede il 6,9%, e dalla holding lussemburghese Delfin della famiglia Del Vecchio, che ne ha il 9,9% ma sta completando le autorizzazioni per poter salire fino al 20.
Il regolamento di Assogestioni prevede che ai lavori del Comitato dei gestori sulle liste di minoranza partecipino soltanto i gestori che hanno azioni nella società su cui si deve decidere ma, allo stesso tempo, ne esclude «coloro che abbiano un conflitto di interessi».
Conflitti di interessi
In effetti, nella partita del Leone triestino i conflitti d’interesse erano più fitti delle spine di un cactus: Generali è uno dei più importanti gestori di risparmio in Italia, Mediobanca pure, Banca Mediolanum è tra i soci di Mediobanca, Caltagirone e Delfin sono presenti assieme a Banco Bpm nel capitale di Mps attraverso il quale stanno tentando di scalare Mediobanca, Caltagirone è uno dei grandi azionisti della società di gestione Anima, il colosso francese Amundi è controllato dal gruppo Crédit Agricole che a sua volta è socio di Banco Bpm.
Dalle discussioni molti si sono dunque auto-esclusi per tempo, come i gestori di Generali, Amundi, Banca Mediolanum. Altri, come Anima e la controllata Kairos, lo avrebbero fatto invece solo dopo aver partecipato alle prime interlocuzioni avviate dal comitato dei gestori. Nel quale, stando alle indiscrezioni, alla fine sarebbero rimaste in gioco solo Intesa Sanpaolo e Poste Vita, peraltro concorrenti di Generali nel settore assicurativo.
Pareri legali
Il confronto è stato contrassegnato anche da una serie di pareri legali. Il presidente del comitato dei gestori Emilio Franco, amministratore delegato di Mediobanca Sgr, ne ha presentato uno nel quale si rileva che Assogestioni non può presentare la lista, perché i suoi rappresentanti rischierebbero di essere determinanti per la maggioranza del cda.
E nel voler scongiurare uno scenario di questo genere, il regolamento dell’associazione appare molto chiaro: «Nell’ambito delle attività specifiche del Comitato, i componenti dello stesso si impegnano a non porre in essere comportamenti che possano essere ricondotti nell’ambito delle azioni di concerto e prestano la massima attenzione a evitare qualsiasi attività che possa costituire legame o collegamento con gli azionisti di controllo, con gli azionisti che abbiano eletto o contribuito a eleggere la maggioranza dei componenti degli organi sociali ovvero abbiano presentato liste volte alla nomina della maggioranza dei componenti degli organi sociali, nonché con gli azionisti di maggioranza relativa».
Alla fine, tuttavia, in Assogestioni sembrerebbe poter prevalso l’idea di presentare una propria lista, con una decisione che alcuni dicono di attendersi già domani e che sarebbe stata avvalorata da due pareri legali di segno opposto rispetto al primo, fatti elaborare dai gestori del gruppo Intesa Sanpaolo e da Anima.
Rischio ingovernabilità
Se così fosse il consiglio di amministrazione delle Generali che verrà eletto il prossimo 24 aprile rischierebbe di rendere ingovernabile la compagnia. Il punto di partenza è questo. Dopo che il governo di Giorgia Meloni, andando incontro alle volontà di Caltagirone, ha messo fuori gioco le liste di candidati proposte dal cda uscente, Mediobanca tornerà a presentare una sua lista di amministratori, con un candidato presidente e un amministratore delegato.
Caltagirone, sempre stando alle indiscrezioni circolate, si limiterebbe invece a presentare una lista di minoranza, con sei candidati, perché per proporne una di maggioranza in base allo statuto dovrebbe indicare già un futuro presidente e un futuro amministratore delegato. Se a prevalere fosse la lista di Mediobanca, avrebbe nove posti su tredici, e il nuovo cda sarebbe saldo in sella.
Se invece vincesse Caltagirone, a quel punto in consiglio entrerebbero tutti i suoi sei candidati, più sei di Mediobanca e uno di Assogestioni, se l’associazione ottenesse almeno il 5% e magari attirasse i voti dei pacchetti in mano a Unicredit e Benetton, sottraendoli alle prime due liste. Una situazione di ingovernabilità preoccupante, per un gruppo che custodisce risparmi per oltre 600 miliardi di euro.
Il paradosso
In passato, quando c’era in ballo l’effettivo controllo del cda, Assogestioni aveva spesso evitato di presentare una lista, proprio per scongiurare rischi del genere. Stavolta, invece, sembra voler tirare dritto, nonostante fra i 300 associati alla decisione abbiano preso parte una manciata di soggetti. Un paradosso, per chi dovrebbe tutelare il mercato, e invece rischia di fare il gioco di due soli azionisti – Caltagirone e Delfin – che finirebbero per terremotare gli equilibri attuali, senza nemmeno fare lo sforzo di individuare due candidati adatti a ricoprire il ruolo di presidente e amministratore delegato e cercare i voti necessari per farli eleggere. —
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