Gli eredi Del Vecchio e le altre incognite nella grande partita Generali-Mediobanca

Sironi, presidente del Leone, getta acqua sul fuoco. «La holding ha fatto un commento chiarificatore»
Roberta Paolini

Da quando è uscita la notizia dell’autorizzazione di Ivass a consentire alla finanziaria della famiglia Del Vecchio, Delfin, a salire oltre il 10 per cento del capitale del Leone l’esercizio prevalente è stato quella di spegnere il fuoco della speculazione.

Generali ieri in Borsa ha ritracciato dopo la fiammata conseguente a possibili manovre sul titolo per poi archiviare quasi invariata (-0,44%), dopo il +3,38% della seduta di lunedì, mentre Piazzetta Cuccia ha chiuso praticamente invariata a +0,09% dopo il +1,55 per cento della seduta di apertura di settimana.

Delfin ha chiarito nell’immediatezza che « la richiesta presentata all'Ivass in data 17 aprile 2023, al fine di poter esercitare diritti di voto per più del 10% in Assicurazioni Generali, si è resa necessaria - ai sensi di legge - in conseguenza del piano di acquisto di azioni proprie avviato da Assicurazioni Generali nell'agosto del 2022». E anche il presidente di Generali Andrea Sironi ha gettato la proverbiale acqua sul fuoco affermando di aver trovato il commento della holding del Granducato «molto chiarificatore» e precisando «non ho nulla da aggiungere e non tocca a me» commentare.

La stessa l’Ivass nella sua circolare aveva sottolineato l’aspetto di involontarietà del superamento della soglia. Testualmente, nella delibera che autorizzava il sorpasso del 10 per cento scrive: «a seguito dell’avvenuto superamento involontario di tale soglia conseguente all’acquisto di azioni proprie effettuate da Assicurazioni Generali S.p.A. in attuazione della delibera assembleare del 29 aprile 2022» si autorizza eccetera, eccetera.

Se tutto ciò è vero, rimanendo nell’ambito dell’oggettività, e detto che il 10% riguarda i diritti di voto, Delfin ha comunque poi scelto di mettere un ideale carro armato nell’ipotetica mappa del risiko che incrocia i destini di Generali e Mediobanca.

Perché se è corretto affermare, come diceva qualche fonte vicina alla vicenda ieri, che Delfin è stata immobile mentre altri si muovevano attorno (cioè il buy back di Generali che ha prodotto il superamento del 10%) è altrettanto vero che delle due strade che poteva imboccare la finanziaria, ovvero riportarsi sotto soglia o proseguire chiedendo di restare sopra, la via scelta è stata la seconda.

Un segnale?Un posizionamento in vista di decidere altro?Nessuno può dirlo al momento. Le uniche certezze che ci sono sulla vicenda sono le seguenti: la prima, il testamento di Leonardo Del Vecchio vede una parte ancora non eseguita ed è quella relativa, tra le altre, alle azioni assegnate all’attuale presidente di Delfin e erede della visione imprenditoriale e finanziaria del genio di Agordo, cioè Francesco Milleri.

Segno che all’interno della famiglia l’armonia sulle scelte future al momento non è raggiunta. La seconda, ipotizzare un ulteriore impegno in Generali, fino ad un ulteriore 10%, nonostante i pingui dividendi, significa mettere sul piatto più o meno di 3 miliardi (anche se è pur vero che ci sono sistemi meno onerosi, le azioni si possono prendere a prestito o si possono costruire posizioni con derivati, ma per il tipo di investitore che è stato Delfin finora sarebbe una novità).

La terza, è vero che la normativa sulle assicurazioni è meno stringente di quelle sulle banche, tanto che la vulgata voleva che il piano del compianto Leonardo Del Vecchio fosse quello di usare una banca per farsi spazio nel capitale di Mediobanca (dove già tiene quasi il 20%) e poi stringere la presa sul Leone. Delle tre considerazioni però quella che finora pesa di più è la prima. Riusciranno gli eredi del genio di Agordo ad allineare desideri e ambizioni personali ai disegni del padre? Se non si risolve questo punto qualsiasi speculazione resterà tale. Con o senza autorizzazioni dell’Ivass.

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