Il ceo di Unicredit Orcel vara la nuova rotta: ancora acquisizioni e spinta sul digitale

Il Cda ha assegnato all’amministratore delegato il ruolo di head of Italy. «Pronti a rafforzare la presenza dell’Italia a livello di gruppo»

Andrea Orcel
Andrea Orcel

MILANO. I segnali che la ripresa economica prosegue, anche se a ritmi ridotti rispetto a qualche mese fa, hanno rischiarato lo scenario delle banche, che nelle ultime sedute hanno ripreso fiato a Piazza Affari. Complice la decisione di creare una nuova cintura di sicurezza di sistema a favore del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) nell’eventualità in cui si dovesse presentare un nuovo salvataggio bancario. Il veicolo ha infatti deliberato la richiesta di un finanziamento di 3,5 miliardi di euro, i cui termini essenziali sono stati concordati con un pool di grandi banche italiane.

Si tratta di risorse che per il momento resteranno in sonno, da attivare solo in caso di urgenza. UniCredit, in primo piano su questo fronte, è stata tra i titoli più beneficiati dal ritorno di fiducia da parte degli investitori. Anche perché, dopo l’allontanamento di Niccolò Ubertalli, responsabile per l’Italia, sono arrivati chiarimenti sul fatto che la strategia del gruppo milanese non cambia: la Penisola resta al centro del nuovo corso e questo fa tornare d’attualità l’appeal speculativo in merito a possibili acquisizioni.

«La prossima fase di Unicredit ci vede pronti a rafforzare la presenza dell’Italia a livello di gruppo, permettendole di muoversi più velocemente nel processo di trasformazione e nella realizzazione delle nostre ambizioni, pur in un contesto che sappiamo essere volatile. Per questo il cda ha deciso di assegnare all’Ad il ruolo di head of Italy», si legge nella lettera inviata dai vertici ai dipendenti. Lo spostamento del business italiano sotto la diretta responsabilità di Andrea Orcel «consentirà di accelerare l’esecuzione del piano strategico».

Parole che servono a chiarire il senso del benservito a Ubertalli poco dopo la sua chiamata: Orcel vuole presidiare direttamente quello che è il mercato di riferimento del secondo gruppo bancario italiano, nonché quello più internazionalizzato, consapevole che nel futuro prossimo potrebbero presentarsi occasioni che andranno colte al volo.

Evidentemente non si vuole correre il rischio di ripetere quanto accaduto nei mesi scorsi, con l’Opa su Banco Bpm anticipata sui giornali, con il risultato che il titolo dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna è schizzato verso l’alto impedendo il concretizzarsi del piano che avrebbe portato UniCredit (di cui Fondazione Cr Trieste è socia) ad avvicinare la leader nazionale Intesa SanPaolo.

L’altro filone sul quale Orcel punta con decisione è il completamento della transizione digitale, con il duplice obiettivo di ridurre i costi di gestione della macchina e conquistare la clientela più giovane. Martedì sono attesi i risultati della semestrale e si tratterà di un banco di prova decisivo per vedere se troverà conferma la resilienza mostrata dall’istituto nel primo trimestre, chiuso con un utile netto di 1,2 miliardi, che ha aiutato a mantenere il Cet 1 ratio (indicatore della solidità patrimoniale) al 14%, anche se si è assottigliato il margine patrimoniale a disposizione (15,03%) per la scelta prudenziale di avviare una oculata svalutazione sugli attivi russi. A bilancio sono contabilizzate rettifiche su crediti per 1,3 miliardi, in particolare su dossier cross-border ma anche sui derivati e sulla partecipazione nella banca locale. La conference call che seguirà la presentazione dei dati servirà anche a chiarire che ne sarà della presenza in Russia. Secondo Bloomberg, Unicredit starebbe studiando una cessione non definitiva della sua controllata, attraverso un’operazione che lasci aperta la possibilità di riacquisto una volta risolto il conflitto in Ucraina. Insomma, Orcel vuole prendere tempo, con la speranza di una soluzione a breve del conflitto. Una scelta che anche altri istituti occidentali hanno già fatto.

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