Il debito macina nuovi record e sfonda quota 3.000 miliardi

Il ministro Giorgetti: «Abbiamo un piano strutturato di rientro, siamo sulla strada giusta». Nel 2023 78 miliardi di interessi, previsti però in diminuzione nei prossimi anni

Andrea D'Ortenzio

Il debito pubblico supera per la prima volta la soglia psicologica dei 3.000 miliardi, ma questo non aumenta di molto i timori dei mercati, delle istituzioni e del governo che guardano maggiormente al suo andamento e alla politica di disciplina di bilancio, riconosciuta anche da uno spread che si mantiene sui livelli del 2021. Il valore (3.005,2 miliardi), come naturale, fa impressione ed è comunque ben superiore al pil, consolidando il nostro Paese nella fascia alta della poco invidiabile classifica dei Paesi a maggior debito.

Una montagna che ci è costata 78 miliardi di euro di interessi nel 2023 (per fortuna in diminuzione anche nei prossimi anni) e che riduce - come lamentano tutti i ministri dell'economia fra cui anche l'attuale, Giancarlo Giorgetti - lo spazio di manovra nel varare politiche di riduzione del debito e della crescita economica. «Quello che ci conforta - ha sottolineato il ministro - è che l'Italia è uno dei pochi Paesi che ha fatto tempestivamente un piano strutturale di rientro del debito che è stato accettato e condiviso dall'Ue, ci conforta che siamo sulla strada giusta. Avremmo probabilmente dovuto fare negli anni in cui si sono formati tutti questi debiti lo stesso lavoro, lo stesso comportamento che stiamo facendo noi».

L’analisi

E proprio sul rapporto rispetto alla grandezza dell'economia ha insistito la nota esplicativa, che la Banca d'Italia inserisce per la prima volta (forse già prevedendo le reazioni mediatiche e politiche) nel suo comunicato sui dati. «Dal punto di vista economico - sottolinea Via Nazionale - ciò che rileva per valutare lo stato di salute delle finanze pubbliche di un Paese non è tanto il debito pubblico in termini nominali, quanto il suo andamento in relazione alla capacità del Paese di fare fronte ad esso».

La banca centrale quindi argomenta che «il debito pubblico in termini nominali presenta variazioni del suo valore da un mese all'altro solitamente al rialzo nel corso dell'anno; le riduzioni sono più rare, di solito in mesi dove si concentrano le principali scadenze tributarie». E così Bankitalia invita a «contestualizzare» il valore e a guardare a un orizzonte maggiore. E prende a esempio il percorso del debito italiano nel post pandemia: nel triennio post-pandemico 2021-23 il debito nominale è aumentato di quasi 292 miliardi, da 2.678 miliardi a 2.868 miliardi, ma «in rapporto al Pil è sceso di oltre 19 punti percentuali da 154,3% al 134,8». Valore che, almeno secondo le stime del Mef, dovrebbe andare al 135,8 nel 2024 e del 135,9 nel 2025 con un calo dell'indebitamento netto.

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