Generali, cresce l’attesa per l’assemblea. Gli istituzionali ago della bilancia

Le mosse dei grandi azionisti in vista della riunione dei soci, che dovrebbe essere anticipata a fine aprile 

Roberta Paolini
Trieste 07.06.2012 - Piazza Duca degli Abruzzi, via Machiavelli, palazzo sede Assicurazioni Generali
Trieste 07.06.2012 - Piazza Duca degli Abruzzi, via Machiavelli, palazzo sede Assicurazioni Generali

La partita su Generali si gioca con mosse millimetriche, tra contropiede e schermaglie tattiche, in un equilibrio di potere che potrebbe rompersi da un momento all’altro. Mediobanca, con il suo 13,1%, è determinata a difendere il controllo sul Leone di Trieste.

Lo aveva fatto nel 2022, ricorrendo al prestito titoli per aumentare i diritti di voto e blindare il vertice. Potrebbe farlo anche in questa circostanza, anche se al momento non risulta che Piazzetta Cuccia stia costruendo posizioni.

Oltretutto il meccanismo non è tale da produrre un dispendio di risorse tale da chiamare in causa la passivity rule, alla quale l’istituto è sottoposta in quanto oggetto dell’Offerta pubblica di scambio lanciata da Mps. Con il prestito titoli si prendono in prestito azioni da investitori istituzionali, le si usa per votare in assemblea e poi le si restituisce, dietro il pagamento di un corrispettivo. Una semplice mossa di realpolitik.

Se Mediobanca punta sulla continuità della gestione del ceo Philippe Donnet, Delfin si muove con pazienza, ma non senza ambizioni. La holding della famiglia Del Vecchio ha già ottenuto il via libera dall’Ivass per detenere più del 10%, superato involontariamente dopo il buyback di Generali.

Ora sta completando l’iter per salire fino al 20%, in attesa del nulla osta da parte delle autorità degli altri mercati in cui opera la compagnia. Francesco Milleri, presidente della holding con sede nel Granducato, ha dichiarato che l’iter è in fase avanzata e che la società sarà pronta ad aumentare la propria quota. Il punto è capire quando e come. Delfin potrebbe muoversi progressivamente, sondando le reazioni del mercato e, soprattutto, dei fondi internazionali. Acquisire tutti quei titoli non sarebbe semplice, ma investitori opportunisti che stanno costruendo pacchetti in questi mesi ce ne sono, di sicuro quando sarà potrebbero cedere quote anche consistenti ai blocchi.

E poi c’è Francesco Gaetano Caltagirone, il costruttore romano che alla partita per il Leone ha già dedicato tempo, capitale e reputazione. Dopo la sconfitta del 2022, quando la sua lista alternativa venne bocciata dai fondi istituzionali, potrebbe arrotondare le posizioni. Ma a differenza di due anni fa, quando lanciò l’offensiva in campo aperto, questa volta sembra preferire una strategia più sottotraccia. Non è ancora chiaro se presenterà una lista lunga o corta, ma il fronte di Caltagirone è certamente innervosito dall’ipotesi di un anticipo dell’assemblea a fine aprile rispetto all’8 maggio. Eventualità che verrà discussa nel prossimo board del Leone, previsto per il 12 di marzo.

Mediobanca sa che tutto dipenderà dall’orientamento dei fondi. Finora, l’asse con gli investitori internazionali ha retto, ma l’insofferenza di alcuni azionisti non è mai del tutto scomparsa. Delfin e Caltagirone potrebbero far leva proprio su questo: una Generali più indipendente da Piazzetta Cuccia potrebbe creare maggiore valore? Una domanda che in un’assemblea combattuta può pesare ma che, però, ne chiama in causa un’altra: il Leone è il più importante e globalizzato soggetto finanziario italiano ed è, fino a prova contraria, una public company, dove il peso del mercato è da sempre determinante. Gli istituzionali detengono circa un terzo del capitale, i piccoli risparmiatori un quinto, i grandi investitori, soggetti privati o industriali o finanziari il resto.

Se Delfin dovesse ottenere il via libera e arrivare al 20%, e se Caltagirone continuasse a consolidare la sua posizione, l’asse anti-Mediobanca potrebbe raggiungere una quota pari al 25-30%. Una quota di capitale condensata in due grandi gruppi privati, una situazione che non ha pari in nessun’altra istituzione finanziaria europea. Forse non abbastanza per comandare, ma comunque tale da essere determinante. A quel punto, Piazzetta Cuccia si ritroverebbe a difendere il fortino con il sostegno degli istituzionali e l’ago della bilancia nelle mani di azionisti come Benetton (4,8%) e UniCredit (4,18%). L’assemblea sarà il campo di battaglia finale, ma lo scontro si consuma già adesso, nelle stanze della finanza che contano. Come sempre, in Italia, il controllo di Generali non è solo una questione di assicurazioni.

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