Inflazione alta e fuga dal conto corrente, Volpato: «Bene, così fate lavorare i vostri risparmi»
Intervista al direttore commerciale di Banca Mediolanum che analizza il momento dei mercati e degli investimenti: «Bisogni, tempi, pensione, sanità: ecco cosa considerare quando è ora di scegliere»

Fuga dal conto corrente. «Finalmente: il fuggi fuggi dai conti correnti segnala l’aver compreso come sia urgentissimo da un lato contrastare l’inflazione, dall’altra dare risposta alle proprie esigenze. I risparmi vanno fatti lavorare per noi». Stefano Volpato è il direttore commerciale di Banca Mediolanum. Un ruolo apicale a livello nazionale che si è costruito, passo dopo passo, partendo dalla sua Treviso: prima come consulente finanziario (1986-87), poi con incarichi crescenti fino ai vertici regionali del Nordest prima e della direzione commerciale nazionale ora. Giovedì 15 giugno Volpato era a Casella d’Asolo per l’inaugurazione di un nuovo ufficio Mediolanum, occasione per un’analisi del momento del risparmio delle famiglie. Secondo il rapporto Abi, ad aprile di quest’anno i depositi, nelle varie forme, sono scesi del 3,7% rispetto a un anno prima, mentre la raccolta a medio e lungo termine, tramite obbligazioni, è cresciuta del 10,1% .
Volpato, partiamo da numeri recenti, quelli del successo di Btp come “Italia” e “Valore”: i risparmiatori non lasciano più i soldi fermi sul conto corrente?
«È positivo, le persone possono sostituire la abnorme, eccessiva e dannosa scorta di liquidità: è un passo in avanti. Se vogliamo dire che è la soluzione più efficiente, ahimè non è così. Se vediamo i dati di confronto delle varie asset class, la risposta più efficiente all’inflazione la si ha agganciando i mercati internazionali. Il costo che abbiamo pagato e stiamo pagando è oggettivo e quasi drammatico, le famiglie non erano pronte a fronteggiare un’inflazione così importante e in Italia abbiamo ancora il 35% delle risorse nei conti correnti. Rischiamo di perdere ancora una volta la parte buona che arriva da ogni lezione, ovvero mettersi nella condizione di rendere efficienti queste risorse».
Come?
«Non esiste una ricetta buona per tutti, è necessario rendendosi coerenti con i bisogni che ciascuno ha. Dovremmo dare una sorta di nome ai soldi, come facevano le nonne, in modo da collocare una parte di risparmio nello strumento giusto: questo è per Giacomo che deve studiare, questo per Francesco che avvia la sua attività, questo per la mia persone… Spesso abbiamo una visione statica di fronte a bisogni dinamici».
Come cambiano, questi bisogni a Nordest?
«Le persone della mia generazione, finiti gli studi, trovavano subito impiego e diventavano autonome economicamente. Io ho due figli e per loro non è così: uno studio di Fondazione Visentini con la Luiss nel 2020 indicava come l’autonomia economica piena arrivasse a 38 anni, e diventerà a 48 anni entro il 2030. Inoltre, oggi il 34% delle famiglie italiane ha un familiare non autosufficiente a carico, la generazione di mezzo dovrà preoccuparsi di continuare a sostenere i propri figli e nel contempo anche i genitori anziani. Questi sono i bisogni a cui dare risposta».

Altre variabili?
«Nella fascia d’età 54-65 anni, il 44% delle persone si sta confrontando con la cosiddetta discontinuità lavorativa, e deve avere risorse. In pensione, poi, chi guadagnava 100 va in pensione con 45 se era un autonomo e non arriva a 70 se era dipendente. E poi c’è la dimensione sanitaria, con i costi che si porta dietro: già nel 2019, pre Covid, una prestazione su due veniva pagata dal cittadino».
Come gestirsi allora?
«Se il bisogno si dilata, ho due strade quasi obbligate. Una è risparmiare di più, ma su questo siamo già bravi, la famiglia italiana mediamente accantona il 16% del proprio reddito lordo. In più dobbiamo cercare di dare efficienza ai nostri risparmi, devono lavorare per noi, con quello che i mercati possono darci. La nostra risposta non è in un prodotto, ma in una professione, quella del family banker, che ha un rapporto continuo, anche di 30-40 anni, con il risparmiatore. Una figura competente, interessata, in grado di capire chi ha di fronte, comprenderne bisogni, progetti, fragilità, e accompagnarla rispetto alle soluzioni più corrette per le sue esigenze e orizzonti temporali. In Veneto abbiamo quasi 218 mila clienti, con un patrimonio di 16,8 miliardi, a Treviso e provincia i clienti sono 38 mila con un patrimonio di 2,7 miliardi». —
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