La ripresa delle acquisizioni: a Nord Est il 26% del totale

Un report di E&Y rileva che nel 2024 le operazioni di M&A condotte in Italia sono tornate a crescere La tendenza continuerà anche quest’anno. In Veneto 155 accordi chiusi, 33 in Friuli Venezia Giulia

Franco Vergnano

Dopo il picco del 2022 seguito dalla frenata dei 12 mesi successivi, lo scorso anno le operazioni di fusione e acquisizione sono tornate a crescere, confermando un solido trend nelle attività di investimento in Italia con un totale record di 1.365 operazioni, in aumento del 13% rispetto alle 1.210 registrate nel 2023. Il volume aggregato delle operazioni ha raggiunto circa 63,9 miliardi di euro segnando un incremento del 9% rispetto all’anno precedente.

Anche se complessivamente in termini di volume investito la performance del 2024 è stata inferiore rispetto ai picchi osservati nei due anni post-pandemici, la buona salute del settore è segnalata dal numero di operazioni registrate che supera pure il picco del 2022. In quest’ambito, il Nord Est pesa per oltre un quarto (esattamente il 26% degli accordi), confermando le sue performance.

In particolare, le operazioni effettuate risultano essere 155 per il Veneto e 33 per il Friuli Venezia Giulia: la quota sul totale nazionale è rimasta sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente. «Nel 2024 l’attività complessiva di M&a nel Nord Est Italia (in questo caso compresi Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna, ndr) ha registrato 357 operazioni, con il 42% delle aziende target operanti nel comparto industriale e appena il 16% nel settore consumer - commenta Luciana Sist, Ey Private strategy & transactions leader, l’esperta Ey che segue l’Italia orientale - . In particolare, nelle regioni del Friuli Venezia Giulia e del Veneto si rileva una forte attrattività degli investimenti grazie alla presenza di un tessuto imprenditoriale dinamico, diversificato e solido. Sul medio-lungo termine, è fondamentale continuare su questo percorso di crescita, accelerando sui temi di innovazione e sostenibilità per mantenere la competitività».

Ovviamente l’attività di merger & acquisition nel 2024 si è distribuita in modo disomogeneo sul territorio italiano, come emerge dal report “Ey M&a Barometer – Review 2024 e preview 2025” che analizza i trend di investimento e le operazioni annunciate nel nostro Paese. E questo per un paio di motivi. Da una parte riflette la distribuzione non uniforme del tessuto imprenditoriale nelle diverse regioni del Paese.

Dall’altra la ripartizione geografica degli investimenti è ulteriormente condizionata dalle strategie dei fondi che, anche nello scorso anno, si sono focalizzati sulle aziende del Nord Italia. Queste società, infatti, hanno costituito circa il 75% del totale delle operazioni completate dai fondi, in termini di numero di operazioni andate a buon fine. Non per niente la Lombardia, con quasi 500 accordi, ha avuto un significativo effetto trainante sul business. (Rilevante l’impatto Vodafone-Swisscom).

Niente male comunque il classico aggregato statistico rappresentato dal Nord Est che, nella classifica nazionale, si piazza appunto alle spalle dell’Italia nord-occidentale, trainato da accordi nel comparto industriale e in quello del consumer. Nel territorio seguono i settori energy & utilities (9%) business services (9%), technology (9%), infrastrutture e costruzioni (4%).

Quali le aspettative per il futuro? «Le previsioni per il 2025 – racconta Marco Daviddi, Strategy & transactions markets leader Europe west, di Ey - indicano un andamento positivo con una crescita economica attesa dello 0,8% del Pil e un buon andamento dei consumi in linea con il 2024. La liquidità nel sistema resta elevata e si prevede un ulteriore incremento degli investimenti da parte dei fondi di private equity. I numeri di mercato, sebbene solidi, non raccontano però la complessità del 2024, un anno caratterizzato da numerose operazioni interrotte a causa di performance delle società target non in linea con le aspettative, condizioni di finanziamento non ancora ottimali e incertezze sullo scenario internazionale, in particolare per le aziende italiane con una forte propensione all’export. Questo però significa appunto che gli accordi potrebbero maturare e andare in porto proprio nel 2025». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

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