L'assenza dell'ex dominus della Banca Popolare di Vicenza e l'assoluzione dell'ex numero degli industriali Zigliotto

VICENZA. Gianni Zonin condannato a 6 anni e sei mesi di reclusione per il crac della Banca Popolare di Vicenza. Ci sono volute 26 ore di camera di consiglio al collegio giudicante presieduto da Deborah De Stefano per arrivare ad una sentenza attesa da 6 anni: l’inchiesta sulla morte della banca berica che ha trascinato giù tutti i suoi azionisti iniziò infatti nel 2015.

Due anni e tre mesi dalla prima udienza dibattimentale tenutasi all’aula bunker di Mestre il 1° dicembre 2018. Condannati oltre all’ex presidente, anche Emanuele Giustini, ex vice direttore generale responsabile della Divisione Mercati, a 6 anni e tre mesi di reclusione, a 6 anni Paolo Marin, altro vice direttore generale responsabile Crediti, a 6 anni, Andrea Piazzetta, vice direttore generale responsabile Finanza.
Assolti invece Giuseppe Zigliotto, consigliere di amministrazione, e Massimiliano Pellegrini, dirigente responsabile bilancio, perché il fatto non costituisce reato. La sentenza di condanna ha disposto nei confronti degli imputati anche la confisca di beni per un valore di 963 milioni di euro, ovvero l’esatto ammontare delle azioni baciate da cui è scaturita l’inchiesta. Banca Popolare di Vicenza in liquidazione coatta amministrativa è stata riconosciuta responsabile di illeciti amministrativi e condannata al pagamento di 364 milioni di euro, oltre alla confisca di 74 milioni di euro.

La banca è stata condannata anche al pagamento delle spese processuali. I quattro imputati ritenuti colpevoli saranno tenuti anche al risarcimento dei danni a favore di Banca d’Italia, costituitasi parte civile. Giustini è condannato, infine, al risarcimento dei danni a favore di Consob, anch’essa parte civile. Prevista una provvisionale a favore di Banca d’Italia di 601 mila euro e del 5% dell’importo nominale del valore delle obbligazioni o azioni acquistate alle parti civili private. Tutti i condannati sono interdetti dai pubblici uffici per 5 anni.

L’assenza di Zonin
È un pomeriggio assolato a Vicenza, fuori dal Palazzo di Giustizia le camionette della polizia. Neppure un manifestante fa capolino. Nell’aula C teatro della maggior parte delle 116 udienze ci sono solo gli avvocati, quelli delle parti civili, quelli degli imputati. I giornalisti vengono fatti uscire e confinati in Aula D ad ascoltare la lettura del dispositivo da un monitor. In prima fila manca però il protagonista di questa vicenda, l’uomo che per un ventennio è stato il dominus assoluto della banca, Gianni Zonin, e manca anche il suo avvocato Enrico Ambrosetti, sostituito dalla moglie Lorena Puccetti.
In questi oltre due anni di processo l’ex banchiere vignaiolo ha mancato pochissime udienza, sempre seduto in prima fila ha visto sfilare i 160 testi di accusa e difesa. Assolto zigliotto Mancava anche Giuseppe “Pippo” Zigliotto ieri in aula. L’ex presidente degli industriali vicentini che invece è stato assolto.

«Oggi è San Giuseppe - esordiscono i legali Giovanni e Giulio Manfredini- ci abbiamo sempre creduto. È finito un incubo, abbiamo sempre lavorato per perseguire questo risultato, ora è stata dimostrata la sua estraneità. Ma è stata una sofferenza lui era convito di aver fatto il bene della banca».
Giustini
A voler ascoltare invece la decisione dei giudici erano presenti l’ex top manager Giustini, condannato, e Pellegrini, assolto. Il braccio destro dell’ex ad Samuele Sorato, la cui posizione è stata stralciata ed è ora a processo, vuole ascoltare con le sue orecchie le decisioni del collegio giudicante. Al termine della lettura della sentenza, quando finalmente ci si può avvicinare a legali e imputati si sottrae, non vuole commentare, è quasi certo che ricorrerà in appello. Poco prima di uscire gli si avvicina il pm Gianni Pipeschi, parlano, l’accusatore e l’accusato, c’è cordialità e rispetto, un confronto che non ti aspetti. Ci appressiamo, scattiamo foto, come si sente dottor Giustini? «Mi sento solo», saluta ed esce.
Fugge via anche Pellegrini, non lascia spazio a nulla, neppure ai saluti. Parla invece il suo avvocato Vittorio Manes, docente di diritto penale a Bologna e uno dei componenti scelti dalla Guardasigilli Marta Cartabia per il gruppo di lavoro che si occuperà della riforma della giustizia penale. «Ho da sempre creduto nell’assoluta piena correttezza di Pellegrini e di ogni sua scelta, c’è grande soddisfazione nel vedere che il diritto coincide con la giustizia. La nostra tesi è stata pienamente accolta, ed è stato riconosciuto ciò in cui noi credevamo fin dall’inizio. Gli è stato restituito l’onore».—
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