L’ex sindaco di Udine Enzo Barazza: «L’Opa di Sparkasse? Un brutto film già visto»
L’avvocato, azionista di CiviBank, non vende le azioni. «I vantaggi ci sono per Bolzano ma non per i soci»
UDINE. “Ciak, si gira”. Iniziano così le riprese di un film, anche quelle di un sequel. E che altro è l’operazione di Sparkasse su CiviBank se non «il sequel di film ci sono stati più volte propinati in Friuli e in regione?».
I titoli? «Banca del Friuli, Banca Popolare Udinese, FriulAdria...solo per citarne alcuni. E si tratta di film di cui si conosce, al di là di quel che oggi si dice, sia la trama che il (triste) finale». Banche oggetto di aggregazioni e poi destinate a scomparire. Un film - tanto per restare nella metafora - che a Enzo Barazza, azionista di CiviBank, già sindaco di Udine - non piace. Da qui la decisione: «non aderirò all’Opa lanciata da Sparkasse».
Molte le considerazioni che hanno portato a questa scelta, che Barazza elenca in una lunga lettera che inizia, peraltro, proprio con un ricorso alle immagini - già viste - di istituti di credito del territorio inglobati e scomparsi (e per FriulAdria l’integrazione è imminente).
«Dapprima una banca di fuori regione acquisisce il controllo di un istituto locale - riepiloga la trama -. In breve tempo, non solo le strategie ma pure le valutazioni del merito creditizio e le decisioni sulle concessioni degli affidamenti vengono definite e assunte dalla controllante; gli imprenditori locali e le famiglie incontrano così crescenti difficoltà nel trovare interlocutori locali. Nel giro di una manciata di anni, la controllante incorpora, per fusione, la controllata. Il reddito generato a livello locale e tassato in capo alla incorporante, genera gettito fiscale (Ires) che va a beneficio del territorio della incorporante stessa (nello specifico, si tratterebbe della provincia di Bolzano). Il marchio - prosegue Barazza (spesso glorioso e talora più che centenario) e le insegne dell’istituto incorporato finiscono “in discarica”, sostituiti da quelli dell'incorporante». Intuibile poi la perdita progressiva di posti di lavoro.
«Capisco le ragioni e gli interessi che muovono Sparkasse» è la considerazione visto che CiviBank «dopo anni non facili, si è rilanciata ed è tornata a “macinare” profitti in misura molto significativa». Dichiara Barazza di non comprendere «quale interesse possano avere gli azionisti di CiviBank a vendere oggi le proprie azioni» realizzando minusvalenze, «attualmente “virtuali” (anch'io come molti ho le azioni in carico per un importo di molto superiore al prezzo offerto da Sparkasse) in perdite “reali”».
Tanto più che la banca oggi riprende a distribuire dividendi e offre prospettive di redditività ancora migliori per i prossimi anni. Liquida poi le spinte aggregative in atto nel mondo bancario che se è vero possono generare economie di scala, più spesso «riducono il numero dei dipendenti e degli sportelli» e «non migliorano la qualità del servizio». Non è vero «che “più grande” significa necessariamente “più efficiente”».
E questi processi «una volta avviati, non hanno fine: generano una continua spinta a ulteriori concentrazioni e fusioni, alla ricerca di assetti e equilibri ritenuti più soddisfacenti e competitivi» mentre la clientela «riceve un servizio sempre più “standardizzato”». Viceversa le banche locali «sono in grado di offrire servizi più personalizzati e a misura delle esigenze dei clienti».
«Non voglio assistere, né tanto meno contribuire - conclude Barazza - a film già visti, che non gradisco. Auspico che CiviBank continui ad essere indipendente e che il marchio CiviBank, che non a caso richiama la storia dell’istituto ed evoca quella Civitas Forum Julii che, nel rappresentare la comunità cividalese, compendia anche tutte quelle che sono le radici profonde della Patria del Friuli».
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