L’operazione Bper-Carige riaccende il risiko bancario

Banco Bpm resta una possibile “preda” per UniCredit o per Crédit Agricole. Montani, Ad della banca emiliana: «Acquisizione di carattere industriale»

Andrea Orcel, Ad di Unicredit
Andrea Orcel, Ad di Unicredit

TRIESTE. Arrivati a questo punto, non si torna indietro. Il mancato lancio dell’Opa da parte di UniCredit su Banco Bpm, atteso per lo scorso week-end, non è la fine del risiko bancario, ma solo una pausa di riflessione. E’ questa la convinzione diffusa tra gli operatori del mercato, che segnalano una serie di ragioni in favore di un nuovo consolidamento del settore in Italia.

Innanzitutto c’è il fatto che una delle situazioni più complesse è stata risolta. Il passaggio dell’80% di Carige dal Fondo interbancario di tutela dei depositi a Bper, al prezzo simbolico di un euro e a fronte di una ricapitalizzazione da 530 milioni, soddisfa tutti. I sindacati e l’imprenditoria ligure, che in passato si erano opposti a offerte presentate dai fondi speculativi; il sistema bancario, che finanzia il Fitd e vede svanire il rischio di nuove iniezioni di denaro; l’istituto modenese, che d’ora in avanti potrà concentrarsi su altri dossier.

«Siamo molto soddisfatti per l'accordo sottoscritto che, completati i i procedimenti autorizzativi, porterà entro giugno all'acquisizione di Carige. Si tratta di un’operazione industriale che abbiamo fortemente voluto, dopo aver compreso la potenziale creazione di valore che la combinazione tra le due banche era in grado di generare», è stata la dichiarazione di Piero Luigi Montani, amministratore delegato di Bper Banca.

Il prossimo passo potrebbe essere sulla Popolare di Sondrio, che con Bper ha in comune il socio forte, vale a dire Unipol. L’eventuale acquisizione proietterebbe Bper verso una capitalizzazione di borsa ai 4 miliardi di euro, sempre a distanza siderale dalle leader Intesa Sanpaolo (54 miliardi) e UniCredit (34 miliardi), ma relativamente vicina a Banco Bpm, che vale poco più di 5 miliardi. Per altro, quest’ultima è nel mirino dell’istituto guidato da Andrea Orcel, che qualche giorno fa sembrava vicinissimo al lancio di un’offerta pubblica d’acquisto. Operazione poi abortita per la fuga di notizie che ha fatto impennare il valore dell’istituto nato dalla fusione tra la veneta Banco Popolare e la Banca Popolare di Milano.

Ieri si è riunito il cda di UniCredit, che oltre ad approvare i conti del ’21 e convocare l’assemblea per l’8 aprile, ha ascoltato Orcel che avrebbe fornito aggiornamenti sull’interesse per un’operazione che era stata strutturata prevedendo una valorizzazione a premio del 25% rispetto ai valori di borsa, con un’offerta mista tra azioni e liquidità. Ora è possibile che possano variare i contorni dell’offerta, ma è difficile immaginare un dietrofront. Dopo aver guadagnato quasi l’80% nell’ultimo anno e aver risanato i conti, UniCredit ha le carte in regola per tornare a comprare dopo la lunga stagione delle dismissioni.

L’operazione su Banco Bpm gli consentirebbe di raddoppiare la quota di mercato nel Nord Italia, arrivando al 20%, con vantaggi in termini di economie di scala. Inoltre, l’attesa impennata dei crediti problematici in seguito alla recessione pandemica non c’è stata e questo crea spazi per gli investimenti. Non è escluso che la nuova aggregazione possa dare in un secondo momento l’assalto a Mps, dopo che nei mesi scorsi ci aveva provato lo stesso Orcel, salvo poi desistere per il mancato accordo con il Tesoro, principale azionista di Siena. Sempre alla finestra resta poi Crédit Agricole, che ha una forte presenza a Nordest tramite la controllata Friuladria. Dopo aver rilevato il Credito Valtellinese nei mesi scorsi ed essere stata vicina a Carige, potrebbe tornare in scena come potenziale sposa sia di Bper, sia di Banco Bpm, qualora fallisse il progetto UniCredit.

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