Massimo Doris: «Debito pubblico e spread frenano l’Italia, ma non sono preoccupato per i Btp»

Massimo Doris, numero uno di Banca Mediolanum, pensa che lo stallo sul Patto di Stabilità europeo alla fine verrà superato

La riduzione del debito resta però una priorità, altrimenti «gli interessi neutralizzano i miglioramenti della produttività»

Luca Piana

Nei giorni in cui in Europa si discute la riforma del Patto di Stabilità, Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum, invita a non perdere di vista l’obiettivo che l’Italia deve comunque darsi, la riduzione del debito pubblico, un impegno per il quale «ci vorranno tempo e molta attenzione», avverte.

Nell’ultimo anno le famiglie italiane hanno sottoscritto 120 miliardi di titoli di Stato, un flusso che non si vedeva da tempo. Quanto potrà durare questa corsa ai Btp?

«Credo che continuerà per buona parte del 2024, se non tutto. Gli italiani sono sempre stati abituati a investire in titoli di Stato, che offrivano un buon rendimento a fronte di un rischio percepito pari a zero. Quando qualche anno fa siamo entrati nell’era dei tassi negativi, i risparmiatori si sono sentiti disorientati e hanno lasciato molta liquidità sui conti correnti. Poi nel 2022 i rendimenti sono tornati a salire, accelerando molto rapidamente dall’autunno. All’interno di questo scenario era logico aspettarsi che molti corressero a investire in Btp».

Lei sottolinea “rischio percepito”.

«Naturalmente non vedo rischi sui Btp e sul nostro Paese. Tuttavia, da un punto di vista tecnico, se lo spread rispetto ai titoli tedeschi è di 160-170 punti base, con la Francia tra 90 e 100, con la Spagna tra 50 e 60, esprime pur qualcosa. Significa che gli investitori istituzionali sui titoli tedeschi sono disposti ad incassare un rendimento di quasi il 2% inferiore agli italiani, pur di essere più sicuri. Lo ripeto, non vedo alcun rischio: ne è riprova che Banca Mediolanum in tesoreria ha 17 miliardi di Btp».

La quota del debito pubblico italiano in mano alle famiglie nell’ultimo anno è salita dal 7 al 12%. È il momento di dirigersi verso altri acquisti?

«Puntare sui Btp, un anno fa, è stata un’ottima scelta, soprattutto investendo nuova liquidità. Diverso è il discorso per chi ha venduto in perdita i fondi obbligazionari per sottoscrivere i Btp che, all’epoca, quotavano a sconto. Dal punto di vista fiscale la plusvalenza realizzata sui Btp non si può compensare con la perdita subita sui fondi. Ora la questione è ancora differente: con i tassi che nella seconda parte del 2024 inizieranno a scendere, in linea con le attese dei mercati, ci sono fondi obbligazionari che offrono ottimi rendimenti».

In novembre l’inflazione nell’area euro è scesa al 2,4%, dal 2,9% di ottobre. La Bce sta riuscendo nel proposito di tornare al 2% di target o è troppo presto per dirlo?

«Rispetto al livello raggiunto attorno al 10%, è già scesa molto. Se però guardiamo l’inflazione “core”, quella strutturale, in novembre è ancora al 3,6%. La velocità in termini di tempo per tornare al 2% rimane un punto interrogativo e potrebbe non essere semplice: la transizione energetica ha un costo elevato, che contribuisce a tenere i prezzi alti. Molto dipenderà da quanto rallenteranno le nostre economie e dalle difficoltà della Germania, il Paese guida dell’Eurozona a livello economico. Detto questo, il mercato si aspetta che nella seconda metà del 2024 la Bce inizierà a ridurre i tassi. Per questo penso che fino ad allora i Btp restino attrattivi per molti risparmiatori».

Quando i tassi scenderanno, sarà una bella boccata d’ossigeno per i conti pubblici.

«Da cittadino mi auguro che accada prima possibile. Oltre al costo del debito pubblico, bisogna considerare l’effetto che lo spread ha sulla competitività delle nostre imprese. Sul mercato dei corporate bond ci sono imprese tedesche o francesi che pagano interessi più bassi dello Stato italiano e così, dato che un’azienda non può avere un rating più basso del proprio Paese, le nostre imprese partono svantaggiate».

La preoccupa lo stallo sul Patto di Stabilità?

«La risposta è “ni”. È una trattativa, ognuno punta ad ottenere il massimo ma alla fine si troverà un accordo. Il nostro vero problema è il debito, troppo elevato rispetto al Pil. Ormai da anni nella spesa pubblica l’Italia è un Paese virtuoso, il nodo sono gli interessi sul debito. Quando raggiungi un debito sopra il 130%, gli interessi neutralizzano i miglioramenti di produttività prodotti».

Gli imprenditori si lamentano, dicono la manovra non aiuta chi investe.

«La realtà è che le risorse sono poche e il compito del governo è arduo».

L’austerità imposta dal ministro Giorgetti è l’unica via?

«La situazione è molto complessa. Oltre a ridurre gradualmente il debito, occorre perseguire l’obiettivo di accelerare la crescita del Pil. Ci vorranno tempo e molta attenzione, personalmente apprezzo il suo operato».

Tornando agli investimenti, quando arriverà il taglio dei tassi le Borse saliranno?

«Le Borse da novembre hanno già invertito la rotta non appena hanno avuto il sentore che prima la Fed e poi la Bce saranno pronte a tagliare i tassi, e cresceranno ulteriormente. Se mi rivolgo al risparmiatore, il nostro suggerimento è quello di sempre: diversificare tramite i fondi azionari con un orizzonte temporale di lungo termine, non meno di 10 anni. Altrettanto importante è investire in maniera graduale, attraverso i piani di accumulo. Sa perché Banca Mediolanum è sempre la migliore nella raccolta quando i mercati vanno male, e solo seconda o terza in Italia quando vanno bene?»

Ce lo racconti.

«Deriva tutto dalla lezione che mio padre aveva appreso negli anni Settanta, con la crisi petrolifera, quando la Borsa italiana aveva perso l’80%. Quando gli indici crollavano, coloro i quali avevano smesso di versare le rate dei piani di accumulo avevano perso molto, mentre chi, comprando mese dopo mese a prezzi sempre più bassi, quando la Borsa era risalita aveva ottenuto ottime perfomance. Da allora abbiamo sempre puntato sull’investimento graduale e regolare, affinando le strategie con nuovi strumenti. La fiducia dei clienti fa sì che anche quest’anno avremo 1,6 miliardi di raccolta grazie ai piani di accumulo».

Da gennaio a ottobre la raccolta gestita dei fondi comuni è stata negativa per 17 miliardi. Voi come andate?

«Abbiamo ora il dato di novembre: da gennaio a oggi per noi la raccolta netta nel risparmio gestito è stata positiva per 3,35 miliardi di euro. A fine anno dovremmo arrivare ben oltre i 3,5 miliardi».

Lei ha ricordato suo padre Ennio. Nella vostra famiglia il passaggio generazionale è stato un successo. Tra gli imprenditori del Nord Est, invece, rimane sovente una fonte di preoccupazioni. Che cosa determina un passaggio felice?

«Ci vogliono figli che con passione intendano portare avanti il lavoro dei genitori. Il punto determinante diventa poi come farlo. A volte il passaggio non funziona perché genitore e figli non trovano un dialogo efficace».

Per voi com’è andata?

«Ho avuto la possibilità di intraprendere un percorso in diverse aree, lavorando prima come promotore finanziario, poi all’estero in realtà internazionali, assumendo via via incarichi di responsabilità. Ho sempre accolto con grande attenzione i suggerimenti di mio padre e lui ha sempre chiesto miei consigli su diversi aspetti. Nessuno dei due ha mai voluto imporre la propria idea».

Quando ci sono più eredi, la fiducia può non bastare.

«Mia sorella Sara a 27 anni ha avuto il primo dei suoi cinque figli, e ha scelto di dedicarsi principalmente alla famiglia. Tra noi vi sono sempre stati amore e armonia. Lei mi ha sempre ringraziato per il mio impegno e di come conduco l’azienda e io, con spirito fraterno, sono ben contento di poterlo fare avendole permesso di dedicare il suo tempo ai figli. Sara si occupa di Fondazione Mediolanum e di Fondazione Ennio Doris, è custode e portavoce dei valori su cui l’azienda è stata fondata. Non saprei fare altrettanto bene».

Lei però ha un’azione in più rispetto a sua sorella.

«La governance prevedeva che, in caso di stallo, con due voti contro due, il mio doveva valere doppio. Non è mai accaduto perché tutti e quattro, i nostri genitori e noi due, siamo sempre stati d’accordo su tutto. Ora che siamo in tre, accade lo stesso».

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