Mps punta Mediobanca, dagli azionisti via libera all’aumento di capitale
Il piano approvato dall’86% del capitale presente. Caltagirone sale al 9,96% di Rocca Salimbeni. L’Ad Lovaglio: «Saremo tra i protagonisti nella nuova fase di aggregazioni bancarie»

Dopo quasi vent’anni sulle montagne russe, dallo spericolato acquisto di Antonveneta nel 2008 al salvataggio da parte dello Stato dieci anni dopo, Monte dei Paschi di Siena parte alla caccia di uno dei prezzi più pregiati della finanza italiana.
L’istituto di Siena, la banca più antica al mondo ancora in attività, fondata nel 1472, ha infatti ottenuto ieri il via libera dall’86,48% dei soci presenti all’assemblea di ieri per un aumento di capitale cruciale: quello finalizzato all’Ops su Mediobanca. Un passaggio che riporta Rocca Salimbeni al centro della scena finanziaria italiana e internazionale.
Oggi Mps si presenta con i conti in ordine e in salute, come ha rivendicato ieri l’amministratore delegato Luigi Lovaglio, che all’annuncio dell’esito positivo della votazione ha avuto un momento di commozione.
L’assemblea ha visto una partecipazione del 73,59% del capitale sociale con in prima fila i principali azionisti privati: Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio guidata da Francesco Milleri, che ha portato la sua quota al 9,86%, e il gruppo Caltagirone, salito al 9,96%, diventando il primo azionista privato di Rocca Salimbeni.
Sono rimaste invece invariate le altre principali partecipazioni: il ministero dell’Economia e delle Finanze con l’11,73%, Banco Bpm con il 5%, e Anima al 3,99%.
I numeri del Monte
«Mps è un patrimonio del nostro Paese», ha detto il presidente Nicola Maione, «e la sua coralità rappresenta la carta vincente per affrontare le sfide future». Lovaglio ha quindi confermato i risultati operativi, con un utile netto 2024 di 1,95 miliardi di euro e la distribuzione di un dividendo di 0,86 euro per azione.
Secondo l’amministratore delegato la banca è ora pronta «per guidare un nuovo processo di sviluppo industriale» e l’unione con Mediobanca può «creare valore da subito a vantaggio di tutti gli stakeholder».
«L’operazione è nata a novembre dopo l’annuncio dell’Ops di UniCredit sul Banco Bpm», ha aggiunto Lovaglio, «non volevamo restare passivi in una fase di cambiamento». E riferendosi a un possibile ulteriore matrimonio con Banco Bpm, ha aggiunto: «Mps vuole giocare un ruolo da protagonista ora e anche in futuro in un settore destinato a un forte consolidamento».
Lo sguardo su Generali
L’operazione su Mediobanca, però, non è una partita solamente bancaria perché va a toccare un nervo sensibile del capitalismo italiano: il controllo delle Generali.
A Trieste, dove il prossimo 24 aprile si svolgerà l’assemblea degli azionisti, è infatti in corso una contrapposizione tra Mediobanca da una parte, azionista di riferimento del Leone con il 13,1%, e il gruppo Caltagirone (6,9%) e Delfin (9,9%) dall’altra. Il punto di maggiore tensione attualmente riguarda il progetto, voluto da Mediobanca e dalla dirigenza di Generali, di fondere l’asset management del gruppo con quello del colosso francese Natixis (Groupe Bpce).
Il risultato sarebbe un gigante del risparmio gestito da 1,9 trilioni di dollari, potenzialmente in grado di sfidare i big americani del settore. Un progetto però che non sarebbe visto con favore da parte del governo Meloni. Dunque, se l’operazione Mps-Mediobanca, che ieri ha superato un primo importante scoglio, dovesse andare in porto assumerebbe anche un valore strategico e politico: creare da una parte un terzo polo finanziario tricolore di dimensioni importanti e allo stesso tempo cambiare gli assetti di vertice di Generali.
Il contenzioso con Caltagirone
Alle voci che suggeriscono un presunto “concerto” tra gli azionisti Delfin e Caltagirone per ottenere il controllo di Generali, Mps ha risposto ieri con decisione agli azionisti. L’istituto ha chiarito di non essere parte di alcun accordo con i due soci e che l’offerta su Mediobanca è stata strutturata in piena autonomia.
Anche la questione della quota in Generali, che Mps acquisirebbe tramite Mediobanca, è stata affrontata: «Qualsiasi decisione sarà presa nel migliore interesse della società e degli azionisti». Quello che sarà assicurato dalla quota in Generali, ha poi aggiunto Lovaglio in assemblea, «è un contributo ai ricavi da una fonte diversa dal business bancario. È importante avere questo contributo, ma la nostra partita strategica la giochiamo mettendo insieme i business su cui siamo competenti, e la nostra competenza è la banca commerciale e il rapporto coi clienti per prodotti bancari dove abbiamo la leadership. E a riprova del fatto che vogliamo fare la banca commerciale l'incidenza di Generali passerà al 12% dal 26% dell'utile operativo del nuovo gruppo».
E ieri è emerso anche il fatto, contestato anche da qualche piccolo azionista, che resta ancora pendente un contenzioso legale proprio tra il gruppo Caltagirone e Mps, avviato nel 2022, con una richiesta danni da 741 milioni per presunti pregiudizi legati agli investimenti nel capitale dell’istituto tra il 2006 e il 2012. Mps ha spiegato di aver contestato tutte le richieste. Ma ora non resta che attendere giugno quando, secondo Lovaglio, potrebbe andare in porto la conquista di Piazzetta Cuccia.
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