Mps, scalata ostile a Mediobanca. Nel mirino ci sono anche le Generali
Da Rocca Salimbeni un’offerta pubblica di scambio totalitaria. L’istituto di Piazzetta Cuccia è pronto ad alzare le difese
Parte da Siena l’assalto a Mediobanca. L’operazione è scattata 24 gennaio poco prima delle sette quando una nota di Mps ha annunciato un’offerta pubblica di scambio totalitaria: l’istituto di Piazzetta Cuccia viene valutato 13,3 miliardi di euro con un premio del 5,03% sul prezzo di chiusura di Borsa di lunedì.
Una mossa non concordata e quindi da considerare ostile nei confronti della banca milanese, ma che se realizzata è destinata a cambiare gli assetti economici e finanziari del Paese a partire dall’altra grande partita in corso: quella per il controllo delle Generali.
I protagonisti della partita sono infatti i medesimi: Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio, il gruppo Caltagirone e Bpm, istituto oggetto a sua volta di un’altra offerta pubblica di scambio da parte di UniCredit.
Sullo sfondo c’è il governo che, attraverso il ministero dell’Economia, detiene poco più dell’11% delle azioni di Rocca Salimbeni e che ieri con la presa di posizione del ministro Giancarlo Giorgetti ha chiaramente appoggiato l’operazione.
I tempi dell’offerta sono stretti. Mps prevede di completare l'esecuzione dell’Ops entro il terzo trimestre del 2025. Tra le condizioni a cui è subordinata l’offerta figura il conseguimento del 66,67% del capitale di Piazzetta Cuccia.
«Con questa operazione di natura industriale vogliamo segnare un nuovo approccio nel percorso di consolidamento del settore bancario che in maniera innovativa crea valore da subito sia per gli azionisti di Mps che di Mediobanca, e ritengo anche per l'intero sistema Paese», ha spiegato Luigi Lovaglio, amministratore delegato di Mps, «puntiamo a un nuovo campione nazionale, con due brand di eccellenza che vogliamo proteggere e ancor più valorizzare».
Ed è lo stesso Lovaglio a spiegare la genesi dell’operazione: «Il 16 dicembre 2022, dopo aver completato l’aumento di capitale da 2,5 miliardi (cui partecipò anche il Mef ndr) incontrai il ministro dell’Economia e gli presentai tre opzioni: continuare da soli, fare un’operazione fra pari e un’operazione con Mediobanca. Ora è giunto il momento».
E la partita è apertissima perché, per difendersi dall’operazione Piazzetta Cuccia dovrà fare i conti con due ostacoli: la passivity rule, che impone di portare in assemblea qualsiasi operazione straordinaria, e la presenza nel capitale di Mediobanca di Delfin e del gruppo Caltagirone che dispongono insieme del 25% del capitale della banca guidata da Alberto Nagel e i cui rappresentanti nel Cda di Mps hanno approvato l'operazione non concordata lanciata dal Monte.
Ma ieri in Borsa è già svanito il premio del 5% offerto in mattinata da Mps per le azioni Mediobanca. Il tonfo registrato dai titoli del Monte, che hanno chiuso in calo del 6,9%, e l’impennata di quelli di Mediobanca, salita del 7,7%, hanno messo in fuorigioco, almeno per ora, l’offerta di Mps.
La valorizzazione dei titoli Mediobanca attraverso 2,3 azioni di Mps è infatti di 14,9316 euro l'uno mentre a Piazza Affari le azioni di piazzetta Cuccia hanno chiuso a 16,47 euro, valore del 9,3% maggiore di quello messo sul piatto da Siena che, se le cose non cambieranno, sarà costretta a ritoccare la sua offerta. E anche Morgan Stanley ha ritenuto bassa l’offerta di Mps. «Il nostro target price è di 17,5 euro per azione, circa il 10% sopra il prezzo offerto da Mps», si legge in un report degli analisti americani.
Ora si dovranno segnare con un circoletto rosso alcune date in calendario. Entro venti giorni Mps presenterà in Consob il documento d’offerta preceduto dalle richieste di autorizzazioni a tutte le autorità coinvolte (Bce, Bankitalia, Ivass, Antitrust).
L’Ops, finalizzata al delisting, arriverà quindi sul mercato a giugno-luglio. Il 17 aprile l'assemblea di Siena, di cui il Mef, Delfin, Caltagirone e Anima detengono circa il 30% del capitale, voterà sull’aumento al servizio dell’offerta.
«Degli impatti sui ricavi ci possono essere ma saranno marginali rispetto alle sinergie generate dalla combinazione del business retail, cioè credito al consumo e gestione del risparmio», ha sottolineato Lovaglio per il quale non ci saranno impatti sociali per Mps, dopo gli oltre 4.000 esuberi gestiti nel 2022.
Il comparto bancario e finanziario in Italia è dunque entrato in un complesso risiko e, ancora una volta, l’obiettivo finale è il Leone di Trieste tanto che l’Ops di Mps cita esplicitamente il «flusso di cassa» di Generali come uno dei fattori positivi dell’operazione (che porta 300 milioni l’anno circa a Piazzetta Cuccia). Ma è indubbio che il Leone ha un valore che va al di là del conto economico.
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